Il delitto di Perugia

di Rosario Amico Roxas

Stanno emergendo, sempre pèiù spesso, delitti eccellenti che attirano la morbosa curiosità e l’interesse mediatico di troppa gente; è accaduto già più volte.
E’ accaduto, come esordio di metodo, con il delitto di Cogne, dove, alla grande, è stato inaugurato il metodo difensivo di confondere le acque per evitare ogni possibile accertamento della verità; lo scopo è quello di esercitare una difesa DAL processo, al fine di evitare la gravosa incombenza di difendere NEL processo. Il sistema è ritornato anche sulla strage di Erba, con confessioni e rituali ritrattazioni, seguendo pedissequamente le svirgolature che la Procedura Penale consente, per evitare i rigori del Codice Penale.
Il caso di Perugia si arricchisce di altri elementi che non vengono letti con la dovuta attenzione.
Il procedimento rischia di arenarsi perchè non è stato identificato il movente di quell’orribile delitto; in tal modo si concede alla difesa di argomentare situazioni sempre diverse e sempre più complesse che non possono essere dimostrate e documentate, sia dalla difesa che dall’accusa, rimanendo il dubbio, che gioca a favore degli indiziati, i quali non vengono identificati come colpevoli.
Scendendo in profondità nei fatti ci ritroviamo in una città di provincia, anche se capoluogo di regione, molto provinciale anche se sede di Università internazionale. Vive una borghesia satolla e annoiata che produce ma non può consumare a piacimento; in questa realtà emergono fatti ed eventi dettati più da un ricorso ad una vita trasgressiva che da reali esigenze. Si formano circoli chiusi, ambienti che si autoreferenziano come “esclusivi”, dove non è difficile precipitare nell’eccesso.
Ogni anno si svolge una tre-giorni blasfema, anticlericale, osannante tutto ciò che penalizza la regolarità della vita e si conclude con la cerimonia dello S-BATTEZZO, nelle quale bambini e anche adulti subiscono una cerimonia che si conclude con le parole “Io ti s-battezzo nel nome di Satana”.
E’ chiaro che non tutta Perugia è coinvolta in tale panorama, ma lo è una parte significativa ed “esclusiva”.
Ma veniamo al delitto che tanto sta appassionando i mass media, che dedicano servizi inconcludenti, utili solo a stimolare pruriti pericolosi e tentare possibili imitazioni.
Manca il movente per incastrare tre personaggi inquietanti, mentre una equipe di avvocati difensori fa di tutto per intorpidire ulteriormente le acque.
Bisognerebbe analizzare i fatti alla luce di convincimenti che stanno emergendo sull’onda della noia che emerge in una provincia dall’apparenza calma ma agitata da pruriti nascosti.
Il tema parte da lontano, dalla lotta tra il Bene e il Male; quando avviene il capovolgimento dei termini, allora è il Male che lotta contro il Bene . Si spiega così la litania di menzogne che costella l’iter del procedimento; ogni giorno una versione diversa, falsa, ma che diventa verità nella mente di chi ha iniziato l’itinerario del Male. La menzogna diventa la verità e viceversa.
Non si troverà mai il movente del delitto, perchè si trova proprio nella “mancanza del movente”, in una situazione dove bene e male si confondono per recitare un rito satanico che trasforma tre individui in un solo soggetto, tutti e tre accomunati nel medesimo gesto distruttivo.
Un rituale satanico che prevedeva l’esaltazione di comportamenti peccaminosi, che nella mente sconvolta dalla droga, diventa IL comportamento che santifica il male e punisce quello che resta del bene. Il rifiuto a partecipare ad un’orgia rituale si trasforma nella identificazione della persona come portatrice di quei valori che il male deve contrastare, così nasce l’esigenza di soppressione, ma anch’essa rituale, che vede la partecipazione attiva dei presenti che condividono l’esito, assurdamente catartico, della liberazione da quel bene, che risulta come elemento inquinante.

Rosario Amico Roxas(raroxas@tele2.it)






Giovedì, 20 dicembre 2007