Da pochi giorni si è concluso il processo di beatificazione di don Enzo Boschetti, il fondatore della Comunità Casa del Giovane di Pavia. QuestUomo ci ha lasciato in eredità un patrimonio di valori e insegnamenti senza eguali: “servire il fratello “ è il conio della sua opera, che, per mezzo di altri grandi uomini che con lui hanno condiviso fatiche ed emozioni esaltanti, continua nel tempo ad affiancare chi non ce la fa più. Un vero e proprio desiderio di resurrezione da parte delle tante persone che hanno avuto la fortuna di accompagnarlo in vita, indelebile lattualità del suo messaggio, le radici di un servizio su cui poggia lintero impianto della comunità. Don Enzo e la sua storia, che è avventura da raccontare, i suoi modi rocamboleschi nella Fede per affrontare le emergenze più disparate, le critiche più feroci, senza mai badare alle conseguenze. Per chi non lha praticato nel suo verbo, diventa difficile non inciampare nella leggenda, nella moltiplicazione degli eventi, ma questuomo è stato capace davvero di prevalere sullerrore e limperfezione umana, che sbarravano ogni giorno il suo cammino, obbligandolo a chinarsi, a sporcarsi fino ai gomiti nelloceano di dolore e solitudini al suo intorno. Un uomo che seppe riconsegnare dignità e coerenza a chi non laveva più, e ovunque si guardi, in ambiti diversi, altri uomini debbono a lui la propria rinascita morale e il proprio ruolo nella collettività. Un grande uomo che non cè più, ma che viene percepito come un angelo protettore, e nei sentimenti di gratitudine che nascono spontanei, cè lesigenza di parlare anche di un altro uomo, di una “espansione” del primo, un grande uomo per autorevolezza conquistata sul campo delle sofferenze. Don Franco Tassone come erede naturale di quella carne, parola e percorso da seguire, proveniente da quella appartenenza di fede e scuola di vita, fin da quei giorni in un sottoscala scalcinato, negli anni della contestazione, agli angoli delle vie, lannuncio di una vera e propria ecatombe, nei tanti giovani, con le vene scoppiate e il cuore strappato. Occorre ritornare a quei giorni, a un uomo che decide di non chiudere gli occhi, e sceglie di fare crescere una proposta di ricostruzione umana possibile, di ripristino delle coscienze attraverso sentimenti di fraternità veri, perciò invincibili. Tutto ciò non da un progetto redatto a tavolino, ma incarnando il Vangelo, da una intuizione di Fede, attraversando per intero limpegno assunto, per tentare di essere di aiuto agli altri, ai vinti, agli sfruttati, ai più fragili, ai più esposti dalle incapacità educative. E necessario parlare di queste persone di ieri e di oggi, per amore, per fede, per ideali vissuti e convissuti: Don Franco con gli occhi in alto, nella caparbietà di chi crede e possiede lentusiasmo della vita buona proveniente dallantica fatica, nellimpegno di tutti i giorni ad accogliere gli esclusi, accompagnando ognuno in una realtà divenuta complessa e articolata, un insieme di forze e sinergie preparate ad andare incontro alle sempre maggiori difficoltà, una realtà diventata strumento di ripristino di equilibrio e relazioni, dove non è semplice delineare i confini di intervento. La storia di queste figure umane e spirituali, carismatiche, consente di pensare a don Franco sulla scia del maestro, a questi anni di impegno per allargare i perimetri e le referenzialità educative, per non disperdere e non dimenticare, per non accontentarsi mai, e non consentire agli acciacchi dellanima di farci arrendere, ma invece ribadire anche solo con un sussurro, ancora, ancora.
Venerdě, 22 febbraio 2008
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