La posta di fra’ Calvino
Recepito il messaggio della “buona notizia” di Gesù, ha significato la “confessione dei peccati”?

Caro fra’ Calvino, ho sentito dire che dio "ci perdona prima" che gli chiediamo perdono, che non c’è bisogno di "preventiva purificazione" per "accogliere l’amore" del Signore dato che è l’accoglienza del Signore che ci purifica. Ma allora a cosa serve la confessione dei peccati? E in particolare, che senso ha la confessione dei bambini di prima comunione?





Caro Giuseppe e cari fratelli e sorelle nel Signore, pace e bene!

La confessione di tutti i peccati
Intanto ricordiamo che il sacramento di cui ci occupiamo, è quello che nei secoli ha conosciuto la quantità maggiore di trasformazioni. Con il concilio vaticano 2°, varata l’ultima "riforma", purtroppo non l’abbiamo vista attuata praticamente.
Fino al concilio si parlava di sacramento della confessione con la sottolineatura che trattavasi di "confessione" cioè di accusa esatta, minuziosa, scrupolosa (quanti scrupoli… nelle persone che dopo essersi confessati tornavano perché ne avevano dimenticato "uno"! in effetti quel "padre eterno contabile" considerava sacrilegio il dimenticare una sola colpa!).
Voglio ricordare, a questo punto, quella vecchietta che, quando si confessava, diceva: "mi accuso di quello che ho fatto e di quello che non ho fatto". La poverina, forse con inconsapevole ironia, voleva essere sicura di non avere trascurato niente. E poi la confessione, oltre che accusa esatta, minuziosa, doveva essere circostanziata.

Il sacramento della penitenza
Per fortuna con il concilio, per tornare al vangelo, si è sentito il bisogno di trasformare di nuovo questo sacramento, da ora in poi chiamato sacramento della penitenza… ma non nel senso di "fare penitenza" ma semmai sacramento del pentimento, o meglio del cambiamento di vita.
Nel nuovo rito l’accento non è più tanto sull’elenco puerile dei "peccati" ma su l’incontro con l’amore di dio. Ora si è capito (forse!) che non è tanto l’uomo che deve parlare, accusarsi ma… ascoltare.

La prima confessione
E qui (ai preti, ma anche a catechisti) sento il bisogno, perché è urgente, di darsi da fare per eliminare la pratica funesta della prima confessione dei bambini. Guardate che è grave: per far contento il prete, i bambini devono ancora inventarsi i peccati! Ma se è così, non si rischia, per lo meno, di banalizzare il senso del peccato? Io penso che i bambini non commettono peccati! e quando c’è qualcuno che insiste nell’affermare che un bambino di 6-8 anni già commette peccato, allora io dico che trattasi di un depravato. I bambini non commettono peccati, sono gli adulti che commettono i peccati.
Nei bambini, al catechismo, venivano inculcati come peccati le normali funzioni delle fasi di crescita: conseguenza è che si creano o degli atei o degli squilibrati che in seguito avranno bisogno dello psicologo. Indicare quelle che sono le funzioni normali di vita come peccato, questo è stato ed è devastante.
Ma poi una costatazione, i preti lo sanno: concluso il tempo di preparazione, la gran parte dei bambini "abbandonano" per legittima difesa. Dicono le statistiche che su 100 ragazzi preparati, appena dopo la cresima, 90 non si vedono più. Ne rimangono 10 al massimo e, si dice, notoriamente i più tonti della parrocchia!

I tre peccati dei bambini
Guardiamo ora quali e quanti sono i peccati che "insegnano" ai bambini. I peccati sono tre: "ho disubbidito ai genitori", "ho litigato con i fratelli", "ho detto le bugie". Veramente ai miei tempi, tempi in cui regnava sovrana la fame, c’era un 4° peccato ora derubricato: ho rubato la marmellata! E dunque:
-disubbidire ai genitori: un bambino che non disubbidisce ai genitori, a meno che non diventi patologico, è un bambino problematico! Il bambino deve affermare la sua personalità che va al di là delle aspettative e dei desideri dei genitori. Proprio per affermarla la personalità, il bambino "deve disobbedire";
-litigare con i fratelli! Ma è normale, anzi fa parte del clima di competizione… anche qui a meno che non diventi un caso patologico. Litigare con i fratelli è normale! Insomma, due fratelli che non litigano, sono due fratelli che si ignorano.
-dire le bugie: è il bambino che dice le bugie? ma come, fin da piccoli avete insegnato loro che c’è babbo natale e la befana, l’uomo cattivo e il lupo nero, che il dentino l’ha preso il topolino e ora il bambino ha detto le bugie?

Magia dell’adolescenza
Ricordarsi poi che nell’adolescenza si vive come in un mondo magico dove il confine con la realtà non è così netto come per noi adulti. Il bambino non dice bugie: vive in un mondo particolare. Ma se si inculca al bambino l’idea che questi sono peccati, voi capite che o diventa uno spostato, o diventa poi un ateo o una persona problematica. Ma il culmine è che così si banalizza il senso del peccato: un bambino convinto, sarà uno che per tutta la vita andrà a denunciarsi!
Un giorno di tanti anni fa, c’era ancora il confessionale, sentii la voce di una persona matura che mi dice: sa padre, ho disobbedito ai genitori. Di solito non facevo domande, ma quella volta gli chiesi: Scusa sa, mi puoi dire quanti anni hai? E la voce:…35! Ma era ora figlio mio! Era ora che disobbedivi ai genitori! Cosa aspettavi? A 35 anni hai disobbedito ai genitori?!

Banalizzato il senso del peccato
Quindi si è banalizzato il senso del peccato, ma soprattutto si è indirizzato il peccato non nella sfera del cuore, ma più in basso nella sfera dei genitali rovinando, spesso, anche l’equilibrio nei matrimoni delle persone.
Un altro caso: si venne a confessare un anziano di 93 anni, che, tutto vergognoso mi diceva: sa padre, ho qualche pensiero impuro! E io…: ma ringrazia il cielo che a 93 anni hai i pensieri impuri! benedici il Signore! …

Importante l’ascolto
Di fronte al fallimento di questa prassi, la chiesa ha sentito il bisogno di cambiare radicalmente il rito: nella "nuova penitenza" non è tanto importante ciò che l’uomo dice, ma importante è l’ascolto della parola di dio: difatti il punto principale nel nuovo rito è la lettura della sacra scrittura, cosa che, per la verità, pochissimi fanno. Non solo nel nuovo rito era prevista l’imposizione delle mani (il sacramento è comunicazione di vita che rende l’uomo ancora più capace) e questo, mi risulta, viene fatto! ma ancora oggi, per la pigrizia dei preti, viene richiesto alla fine, che cosa? l’atto di dolore!

L’atto di dolore non è cristiano!
L’atto di dolore non è preghiera cristiana. È una preghiera che può essere applicata in tutte le religioni di questo mondo! In esso non viene nominato Gesù Cristo, non viene nominato lo Spirito Santo e c’è un’immagine di dio antievangelica: un dio dal quale abbiamo "meritato i suoi castighi".
Ovviamente nella riforma liturgica la chiesa non poteva eliminare questa formula che ormai era storica ma, con i guanti bianchi, ha cercato di metterla elegantemente in pensione: all’atto di dolore ha appaiato ben 8 nuovi atti penitenziali, tutti presi dalla sacra scrittura:
padre, ho peccato contro il cielo e contro di te;
non son più degno di essere chiamato tuo figlio;
purificami signore, sarò più bianco della neve.
Però… la pigrizia dei preti! "Di’ l’atto di dolore!" Rifiutatevi di pronunziarlo.

Concludendo:
questo sacramento è stato cambiato ma il cambiamento non è stato attuato.
Certo è che per le modalità in cui è stato amministrato in passato, la confessione è stato un sacramento devastante. Sapeste quante persone, specialmente donne, hanno abbandonato la chiesa dopo un’esperienza drammatica in confessionale: qualche confessore usava fare domande, vere investigazioni dettate più dalla morbosità che dallo spirito.
Talvolta, andarsi a confessare da certi preti, è come andare a fare una visita ginecologica da un maniaco sessuale. Si esce puntualmente devastati. E molte persone hanno abbandonato per sempre la chiesa perché devastate da quello che doveva essere un sacramento. Il sacramento deve essere una cosa che deve farti uscire saltando di gioia: dovresti vedere la tua vita rimessa in sintonia con la volontà di dio, con l’amore di dio! Dovresti sentirti traboccante d’amore, e invece no. Quindi la confessione è stata vissuta come qualcosa di negativo.
Ricordo che quando ci si doveva confessare, almeno ai miei tempi, l’esperienza comune suggeriva di scegliere sempre il prete più anziano, che, se era sordo, era l’ideale.


Vostro, nel Signore Gesù,





Martedì, 01 luglio 2008