Saussure: il dialogo, in principio.
DUE PERSONE CHE DISCORRONO...

Il punto fermissimo della ricerca saussuriana *


di Federico La Sala

La produzione dell’individuo isolato al di fuori della società è una rarità che può capitare ad un uomo civile sbattuto per caso in una contrada selvaggia,il quale già possiede in sé potenzialmente le capacità sociali - è un tale assurdo quanto lo è lo sviluppo di una lingua senza individui che vivano insieme e parlino tra loro.

(K. Marx, Introduzione del ‘57)

Compito preliminare per la comprensione adeguata di un testo dovrebbe essere quello di individuare (analisi) all’interno del testo stesso, quel punto di vista (ipotesi) da cui partendo sia possibile recuperarne (deduzione) l’unità e la totalità (sintesi). Tale operazione è fondamentale ove si voglia determinare «la logica specifica dell’oggetto specifico» e non saccheggiare il testo alla ricerca di qualche ipotesi-tesi a proprio uso e consumo. E questo soprattutto con testi d’ordine scientifico. Ad essi occorre applicare il loro stesso metodo. Solo movendosi nel senso del loro movimento è possibile comprenderne la logica. Ed è solo da questa comprensione che. dovrebbe partire l’utilizzazione del testo (e dei suoi elementi), non viceversa. Anche se questo modo di leggere le cose può sembrare faticoso, è da ricordare che nel regno della conoscenza non esistono vie regie, scorciatoie e simili. Solo attraverso il lavoro di appropriazione del testo in tutti i suoi particolari, e attraverso una serie di movimenti induttivi-deduttivi, è possibile: trovare quel determinato puntò di vista (l’ipotesi giusta) che permetterà la ‘riscrittura’ del testo stesso. Altrimenti ciò che ci si troverà dinanzi.- nell’assenza dell’occhio per vedere - sarà solo un ammasso caotico di elementi vari.

Il  C.L.G. [= Corso di Linguistica generale], soprattutto perché ci è giunto in un certo stato (cioè, ricostituito a partire dagli appunti degli alunni e da note sparse dello stesso Saussure), è un testo che vuole essere letto in questo modo, nel suo modo. Quello stesso secondo il quale Saussure ha “letto” i fatti del linguaggio. Contribuire a una lettura quanto più sia possibile coerente e organica di questo importantissimo testo è quanto qui ci si propone. Intenzione specifica è – percorrendo abbastanza dettagliamene il testo – mettere in luce determinati livelli della ricerca saussuriana, la socialità e la scientificità.

Le nostre considerazioni si manterranno perciò e per lo più in questo ambito di problemi. Ciò non vuol dire naturalmente che esse saranno unilaterali. Anzi si crede che proprio questo ambito (sociale-scientifico) sia quello che più di tutti dia la possibilità di cogliere meglio l’organicità (e con essa il peso) della ricerca saussuriana.

Cominciamo. Socialità e scientificità sono coordinate fondamentali dell’orizzonte teorico di Saussure. E questo non a caso o per motivi personali, ma necessariamente,  essendo l’area di ricerca per costituzione sociale. Si potrebbe dire (e ne siamo indirettamente autorizzati) che in Saussure, proprio perché «il linguaggio è fatto sociale» .e proprio perché, «nella vita degli individui e delle società» è «un fattore più importante di ogni altro», nasce l’esigenza di sottrarlo alle fantasticherie e alle faccende private di qualche specialista (p. 16). Esigenza questa naturalmente non nata di colpo, ma storicamente data e storicamente condizionata. «La linguistica non nasce tutta armata dalla testa di Saussure, né si produce da sola, per una sorta di misteriosa partenogenesi., Essa si viene invece formando nel giro di più anni, e si precisa e definisce principalmente come effetto della reazione di Saussure all’impostazione teorica della linguistica ottocentesca. La tradizione linguistica precedente gli appare infatti come un ammasso di "idees fantastiques, mythologiques", sostanzialmente impressionistiche, che testimoniano di due deficienze di base: i) anzitutto la linguistica ottocentesca non ha idee chiare "sur la natùre de l’objekt de la linguistique"; ii) in secondo luogo essa è sostanzialmente priva di metodo, e non si pone altri problemi che non siano quelli di accumulo di materiali»(l).

Il problema dell’oggetto (objekt) e del metodo è determinante per una ricerca che voglia essere scientifica. E per Saussure cosa prioritaria e fondamentale da fare è, appunto perché si possa «costituire la vera scienza linguistica», «determinare la natura del suo oggetto di studio» (p. 12). Senza questa operazione elementare - egli rileva - una scienza è incapace di crearsi un metodo (p. 12). Senza questo momento è come se l’oggetto di studio non esistesse affatto. E ciò è tanto vero che, fatta l’operazione, ci sembra che «l’oggetto stesso, lungi dal precedere il punto di vista», sia stato «creato dal punto di vista» stesso (p. 17).

In Saussure esiste una precisa consapevolezza del rapporto tra l’oggetto-punto di vista e il metodo, «della connessione diretta fra la delimitazione dell’oggetto di una scienza e la costituzione metodologica della scienza stessa» (2). Ciò che egli si propone è l’analisi scientifica di un campo specifico di fenomeni, l’analisi determinata di un .fatto sociale, il linguaggio. A questo scopo è necessario definire il punto di vista (che è poi l’oggetto stesso) e darsi il metodo adeguato.

Ecco come si presenta nel C.L.G. il movimento di individuazione dell’oggetto-punto di vista. Dato che “la materia (matière) della linguistica è costituita anzitutto dalla totalità delle manifestazioni del linguaggio umano, si tratti di popoli selvaggi o di nazioni civili, di epoche arcaiche o classiche o di decadenza, tenendo conto per ciascun periodo non solo del linguaggio corretto e della “lingua buona”, ma delle espressioni di ogni forma”(p. 15) e che “preso nella sua totalità, il linguaggio è multiforme ed eteroclito; a cavallo di parecchi campi, nello stesso tempo fisico, fisiologico, psichico; esso appartiene anche al dominio individuale e al dominio sociale; non si lascia classificare in alcuna categoria di fatti umani, poiché non si sa come enucleare la sua verità”(p. 19), si pone il problema di trovare, all’interno di essa (matière), quell’oggetto-punto di vista da cui è possibile-necessario partire per dare ordine al caos dei fatti linguistici e creare l’oggetto steso.

Qual è l’oggetto che Saussure all’interno dei fatti del linguaggio individua? O, come egli si domanda, “qual è l’oggetto a un tempo integrale e concreto della linguistica?”.

Analizzate varie possibilità, visto che «da qualunque lato si affronti il problema, da nessuno ci si presenta l’oggetto integrale della linguistica» e che «se studiamo il linguaggio sotto parecchi aspetti in uno stesso momento, l’oggetto della linguistica ci appare un ammasso confuso di cose eteroclito e senza legame reciproco», anzi, «procedendo in tal modo si apre la porta a parecchie altre scienze» senza che queste dicano nulla della dimensione specifica del linguaggio stesso, non resta per Saussure che «una soluzione a tutte queste difficoltà: occorre porsi immediatamente sul terreno della lingua e prenderla per norma di tutte le altre

manifestazioni del linguaggio». Infatti, egli prosegue, «soltanto la lingua sembra suscettibile di una definizione autonoma e fornisce un punto di appoggio soddisfacente» (p. 18). La lingua, dunque, pur essendo uno tra i tanti possibili oggetti del linguaggio, è l’oggetto che all’analisi si mostra come il più importante, come l’essenziale. Questa sua importanza viene confermata immediatamente dal fatto che «dal momento in cui le assegniamo il primo posto tra i fatti dei linguaggio», permette di introdurre «un ordine naturale [cioè interno, proprio, fls] in un insieme» che prima in base ad altre ipotesi-punti di vista non si era potuto classificare-ordinare (p. 19). Fra i tanti possibili oggetti del linguaggio solo questo oggetto, la lingua, permette di fare una classificazione unitaria ed organica: «è la lingua che fa l’unità del linguaggio» (p. 20). Soltanto da questo oggetto si ha e si può avere un ottimo punto di vista. In questa sua privilegiata posizione la lingua viene ad essere nello stesso tempo «una totalità e un principio di classificazione» (p. 19), appunto un oggetto e un punto di vista. Un punto di partenza e un punto di arrivo: nell’indagine è il punto di partenza, il punto di vista, l’ipotesi che ci guida e fa distinguere fra l’essenziale e il non-essenziale, una totalità astratta; nell’esposizione essa è il punto di arrivo, l’oggetto, una totalità concreta (per il pensiero), logicamente unita e dimostrata. Questi due movimenti (indagine ed esposizione: il punto di vista che diventa oggetto e l’oggetto che diventa punto di vista) sono due movimenti di uno stesso movimento: il metodo scientificamente corretto.

È con questo metodo che Saussure è avanzato tra i fatti del linguaggio e della lingua. È per essersi mosso in questo senso scientificamente corretto, pur se con limiti e contraddizioni, che egli è divenuto il fondatore della scienza linguistica propriamente detta, «quella il cui unico oggetto è la lingua» (p. 30). A questo rigore è dovuto il grande fascino di un libro come il C.L.G. che solo approssimativamente ci restituisce «la pensée definitive de son auteur». È in ciò la grande e degna vicinanza del suo Autore a un Galileo o a un Marx.

Saussure, individuato l’oggetto-guida, si mette in viaggio. Il cammino è nello stesso tempo facile e difficile. La guida stessa (la lingua in quanto ipotesi) indica la strada e dice quali luoghi visitare e quali no… se si vuole giungere a conoscerla com’è nella sua interezza. Ciò che essa pretende dal viaggiatore è solo una cosa, intelligenza e soprattutto agilità, piedi leggeri. Essa è un tipo un po’ bizzarro, molto unito ma anche molto distinto, tutta piena di polarità (rapporti oppositivi interdipendenti). Occorre per comprenderla muoversi (pensare) allo stesso modo. E Saussure vi riesce. Tanto è vero che la sua relazione di viaggio (il C.L. G.) è segnata da un “carattere profondamente dialettico”(3).

Vediamo di ricostruire un po’ questo “strano viaggio” dalla lingua alla lingua. Il percorso di Saussure è facilmente ricostruibile. lIl suo punto di partenza è un fatto determinato, un preciso fatto sociale. Citiamo direttamente dal C.L.G.: «Per trovare nell’insieme del linguaggio la sfera che corrisponde alla lingua, occorre collocarsi dinanzi all’atto individuale che permette di ricostituire il circuito delle parole. Questo atto presuppone almeno due individui, il minimo esigibile perché il circuito sia completo. Siano, dunque, due persone che discorrono: A e B.

Il punto di partenza del circuito è nel cervello di uno dei due individui, per esempio A, in cui i fatti di coscienza, che noi chiamiamo concetti, si trovano associati alle rappresentazioni dei segni linguistici o immagini acustiche che servono alla loro espressione. Supponiamo che un dato concetto faccia scattare nel cervello una corrispondente immagine acustica: è un fenomeno interamente psichico, seguito a sua volta da un processo fisiologico: il cervello trasmette agli organi della fonazione un impulso correlativo all’immagine; poi le onde sonore si propagano dalla bocca di A all’orecchio di B: processo puramente fisico. Successivamente, il circuito si prolunga in B in un ordine inverso: dall’orecchio al cervello, trasmissione fisiologica dell’immagine acustica; nel cervello, associazione psichica di questa immagine con il concetto corrispondente. Se B parla a sua volta, questo nuovo atto seguirà - dal suo cervello a quello di A - esattamente lo stesso cammino del primo e passerà attraverso le stesse fasi successive...”(p. 21).

Partire da questo punto socio-linguistico semplice non è casuale. Esso è il punto determinato in cui un movimento di indagine (l’analisi di un fatto sociale complesso, il linguaggio) di cui esso è il risultato (l’elemento più semplice, il minimo esigibile) e un movimento di esposizione di cui esso è il cominciamento si saldano organicamente. Questo punto, a sua volta sottoposto ad analisi, ci conduce dinanzi al nostro oggetto di studio, la lingua. Infatti cos’è che rende possibile la parlata tra A e B? Evidentemente l’uso da parte dei due parlanti della stessa lingua. I quali possono comunicare, perché si muovono all’interno di uno stesso universo di segni, usano «gli stessi segni uniti agli stessi concetti» (p. 23). Segni (poi, significanti) e concetti (poi, significati) naturalmente non infusi in loro da qualche Spirito, ma appresi (e prodotti) all’interno della comunità in cui vivono. E apprendimento possibile grazie a una componente specifica della loro facoltà di linguaggio: «la facoltà di associazione e coordinazione». Questa facoltà svolge «il ruolo più grande» (ruolo che per ben comprenderlo, rileva Saussure, «occorre uscire dall’atto individuale, che è solo l’embrione del linguaggio, e abbordare il fatto sociale», p. 23) nel lavoro di organizzazione della lingua in sistema. Infatti «è attraverso il funzionamento della facoltà ricettiva e coordinativa che si formano nei soggetti parlanti alcune impronte che finiscono con l’essere sensibilmente le stesse in tutti». E continuando: «Come bisogna rappresentarsi questo prodotto sociale perché la lingua appaia perfettamente depurata dal resto? Se potessimo abbracciare la somma delle immagini verbali immagazzinate in tutti gli individui, toccheremmo il legame sociale che costituisce la lingua. Questa è un tesoro depositato dalla pratica della parole nei soggetti appartenenti a una stessa comunità, un sistema grammaticale esistente virtualmente in ciascun cervello o, più esattamente, nel cervello d’un insieme di individui, dato che la lingua non è completa in nessun singolo individuo, ma esiste perfettamente soltanto nella massa. Separando la lingua dalla parole, si

separa a un sol tempo: 1, ciò che è sociale da ciò che è individuale; 2; ciò che è essenziale da ciò che è accessorio e più o meno essenziale» (p. 23).

Citando ancora dal,testo, ricapitoliamo i caratteri della lingua:

«1. È un oggetto ben definito nell’insieme eteroclito dei fatti di linguaggio. La si può localizzare nella parte determinata del circuito in cui un’immagine uditiva si .associa a un concetto. È la parte socia1e del linguaggio, esterna all’individuo, che da solo non può né crearla né modificarla; essa esiste solo in virtù d’una sorta di contratto stretto tra i membri della comunità. D’altra parte, l’individuo ha bisogno d’addestramento per conoscerne il gioco;. il bambino l’assimila solo a poco a poco. Essa è a tal punto una cosa distinta che un uomo, privato dell’uso della parole, conserva la lingua,purché comprenda i segni vocali che ascolta.

2. La lingua, distinta dalla parole, è un oggetto che si può studiare separatamente… La scienza della lingua può non solo disinteressarsi degli altri elementi del linguaggio, anzi è possibile soltanto se tali altri elementi non sono mescolati ad essa.

3. Mentre il linguaggio è eterogeneo, la lingua cosi delimitata è di natura omogenea: è un sistema di segni in cui essenziale è soltanto l’unione del senso e dell’immagine acustica ed in cui le due parti del segno sono egualmente psichiche.

4. La lingua, non meno della parole, è un oggetto di natura concreta, il che è un grande vantaggio per lo studio. I segni linguistici, pur essendo sostanzialmente psichici, non sono astrazioni; le associazioni ratificate dal consenso collettivo, che nel loro insieme costituiscono la lingua, sono realtà che hanno la loro sede nel cervello. Inoltre i segni della lingua sono, per dir cosi, tangibili; la scrittura può fissarli in immagini convenzionali, mentre sarebbe impossibile fotografare in tutti i loro dettagli gli atti della parole; la produzione fonica di una parola, per quanto piccola, comporta una infinità di movimenti muscolari estremamente difficili da conoscere e da raffigurare. Nella lingua, al contrario, non v’è altro che l’immagine acustica, e questa può tradursi in una immagine visiva costante...» (pp. 24-5).

Il discorso è chiaro e non ha bisogno di molti commenti. Per Sassure la lingua non è un’entità metafisica o altro, essa «non esiste che nei soggetti parlanti» (p. 14). In quanto tale, essa è «allo stesso tempo un prodotto sociale della facoltà di linguaggio ed un insieme di convenzioni necessarie, adottate dal corpo sociale per consentir:e l’esercizio di questa facoltà negli individui» (p. 19). La lingua è cioè un prodotto e uno strumento sociale entro e grazie al quale agli individui è possibile realizzarsi come soggetti parlanti, esseri sociali. Non esiste una lingua senza una comunità di individui. È la comunità, la socialità a fondare e ad attuare «la facoltà di costituire una lingua, vale a dire un sistema di segni distinti corrispondenti a delle idee distinte» (p. 20), non viceversa. «La facoltà - naturale o no - di articolare paroles non si esercita se non mercé lo strumento creato e fornito dalla collettività» (p. 20).

Come non esiste prima l’individuo isolato e poi la società (come somma di più individui che fanno un contratto e si mettono insieme), così non esiste prima la parole e poi la langue (come somma di paroles). Per il rapporto parole-langue vale per Saussure (nonostante alcune ambiguità, non di fondo e tutto sommato solo iniziali) quanto scrive Marx sui rapporto individuo-società: «È da evitare innanzitutto di fissare ancora la società come una astrazione di fronte all’individuo. L’individuo è ente sociale. La sua manifestazione di vita - anche se non appare nella forma diretta di una manifestazione di vita comune, compiuta a un tempo con altri - è quindi una manifestazione e una affermazione di vita sociale. La vita individuale e la vita generica dell’uomo non sono distinte, per quanto - e necessariamente - il modo di esistenza della vita individuale sia un modo più particolare o più generale di vita generica, e la vita generica una più particolare o più generale vita individuale»(4).

La parole è - pur nella sua specificità di fatto individuale - già parole sociale, fatto di langue. Entrambe, pur nella loro distinzione, non sono separabili dualisticamente. In Saussure, pur se talvolta si trovano luoghi che possano generare equivoci, è ben presente la consapevolezza della connessione ‘dialettica’(o, meglio, chiasmatica) tra langue e parole. E fondamentalmente non incorre in errori d’ipostatizzazione, né della langue, né della parole, né della facoltà di linguaggio.

Su questo rapporto tra langue e parole ecco una pagina molto chiara del C. L. G.: «Lo studio del linguaggio comporta, dunque, due parti: l’una, essenziale, ha per oggetto la lingua, che nella sua essenza è sociale e indipendente dall’individuo; questo studio è unicamente psichico; l’altra, secondaria, ha per oggetto la parte individuale del linguaggio, vale a dire la parole, ivi compresa la fonazione; essa è psicofisica. Senza dubbio, i due oggetti sono strettamente legati e si presuppongono a vicenda: la lingua è necessaria perché la parole sia intelligibile e produca tutti i suoi effetti; ma la parole è indispensabile perché la lingua si stabilisca; storicamente, il fatto di parole precede sempre. Come verrebbe in mente di associare un’idea a un’immagine verbale se non si cogliesse tale associazione anzitutto in un atto di parole? D’altra parte, solo ascoltando gli altri apprendiamo la nostra lingua materna; essa giunge a depositarsi nel nostro cervello solo in seguito a innumerevoli esperienze. Infine, è la parole che fa evolvere la lingua: sono le impressioni ricavate ascoltando gli altri che modificano le nostre abitudini linguistiche. V’è dunque interdipendenza tra la lingua e la parole; la prima è nello stesso tempo lo strumento e il prodotto della seconda. Ma tutto ciò non impedisce che esse siano due cose assolutamente distinte» (p. 29).

Se si tiene ferma questa chiara presa di posizione tanti luoghi del discorso saussuriano finiscono di apparire contraddittori (o di dare il via a ipotesi-tesi fantastiche). Che la lingua venga per cosi dire isolata è solo una necessità metodologica, per studiarla. E’ un’operazione propria del lavoro scientifico: astrarre dai fatti che sono esterni all’oggetto in esame.

Ecco al riguardo un altro e chiaro luogo del C.L.G.: «La lingua è un sistema che conosce soltanto l’ordine che gli è proprio». E Saussure, per essere ancora più chiaro, fa ricorso agli scacchi: «Un confronto col gioco degli scacchi farà capire meglio tutto ciò, poiché in tal caso è relativamente facile. distinguere ciò che è esterno da ciò che è interno: il fatto che il gioco sia passato dalla Persia in Europa è d’ordine esterno; ed è interno al contrario, tutto ciò che concerne il sistema e le regole. Se si sostituiscono dei pezzi di legno con dei pezzi di avorio il cambiamento è indifferente per il sistema: ma se aumenta o diminuisce il numero dei pezzi, questo cambiamento investe profondamente la ‘grammatica’ del gioco. Nondimeno è vero che occorre una certa attenzione per fare distinzioni del genere. Quindi dinanzi a ogni singolo caso ci si porrà la questione della natura del fenomeno, e per risolverlo si osserverà questa regola: è interno tutto ciò che intacca il sistema a qualsiasi livello» (pp. 33-34).

In questo come in ogni altro lavoro scientifico (compresa la lettura di un testo), se non si stabilisce e non si coglie il preciso livello d’astrazione in cui operare e ci si trova, si corre il rischio (o piuttosto la certezza) di non poter comprendere nulla e di mettere insieme cose che assolutamente insieme non stanno. Saussure molto correttamente inquadra la sua area di indagine e la sottopone ad analisi. Il suo oggetto di studio è un segmento determinato del circuito della parole, la langue. La lingua è il sociale della parole. In quanto tale, la lingua, per Saussure, non è assolutamente né qualcosa che stia .lassù tra le nuvole né una realtà autofondantesi e simili, ma una realtà che, pur nella sua specificità (l’arbitrarietà), è fondamentalmente costituita di altro (la socialità). Il polo sociale dell’oggetto lingua è interno

all’oggetto stesso (“La sua - della lingua, fls - natura sociale è uno dei suoi caratteri interni», p. 96) e non esterno. Questo è un nodo essenziale della ricerca saussuriana (e da cui crediamo non si siano ancora tratte tutte le conseguenze). Anzi riteniamo che nell’essersi Saussure mosso in questo difficile equilibrio dinamico tra l’arbitrio e la socialità, poli entrambi costitutivi dell’oggetto-lingua, nell’aver quindi evitato una teoria ipostatizzante, cosa che avrebbe comportato e comporta l’esclusione nello stesso tempo del piano di fondazione e di una parte determinante dello stesso oggetto in esame (il sociale), il tutto riducendo ovviamente. a una

proposta non scientifica e piattamente ideologica, sta gran parte del merito suo e del suo lavoro.

Il punto di partenza di Saussure è, dunque, un fatto socio-linguistico determinato: due persone che discorrono. Analizzando questo fatto, egli individua il suo oggetto di studio, la lingua. Che egli parta dal presente è un fatto di straordinaria rilevanza. Infatti proprio il partire da questo punto porta Sausure a rovesciare totalmente (G. Mounin parla di rivoluzione copernicana) l’ipostazione dello studio della linguistica. Vediamo in che cosa consista questo capovolgimento. Riprendiamo il C.L.G. “La prima cosa che colpisce – rileva l’Autore – quando si studiano i fatti di lingua è che per il soggetto parlante la loro successione nel tempo è inesistente: il parlante si trova dinanzi a uno stato. E cosi il linguista che vuol comprendere tale stato deve fare tabula rasa di tutto ciò che l’ha prodotto e ignorare la diacronia. Egli può entrare nella coscienza dei soggetti parlanti solo sopprimendo il passato. L’intervento della storia non può che falsare il suo giudizio» (p. 100):

A e B possono comunicare perché usano la stessa lingua, non una lingua in generale, ma uno stato determinato di essa. Non esiste cioè la lingua, ma soggetti che parlano, qui ed ora, in una lingua determinata: «la massa parlante è l’unica realtà» (p. 109).

Questo preciso e concreto punto di partenza per lo studio dell’oggetto integrale della linguistica da una parte sbarra la strada a fantastiche disquisizioni sulla Lingua e sulle sue origini, e dall’altra impone un punto di vista contemporaneo al qui ed ora dei parlanti. Solo astraendo (“sopprimendo il passato”) dal movimento complessivo che ha prodotto quel determinato stato di lingua ne è possibile lo studio. Solo collocandosi nel determinato stato di lingua dei parlanti è possibile coglierne la lingua. La lingua «non è possibile né descriverla né fissarne le norme d’uso se non collocandosi in un certo stato» (p. 101), quello stesso dei parlanti. A

e B per parlare, e il linguista per descriverne la lingua, non hanno alcun bisogno della conoscenza del curriculum di quella lingua stessa. Anzi è da dire che, se vogliamo comprendere in modo veramente storico gli stati precedenti a quello in cui A e B parlano, occorre comprendere questo stato presente. Con questo, dunque, Saussure da una parte stabilisce la fondamentale distinzione (metodologica non sostanziale) tra due punti di vista nello studio dei fatti dell’oggetto-lingua, il sincronico e il diacronico (secondo se si voglia studiare uno stato di una lingua o «i fenomeni che fanno passare la lingua da uno stato all’altro», p. 100), dall’altra dà la precedenza al punto di vista sincronico. E ciò, come si comprende, è di eccezionale e fondamentale importanza. Infatti se il linguista, rileva Saussure, «si colloca nella prospettiva diacronica», come si è fatto finora, non potrà percepire che «una serie di avvenimenti che modificano» la lingua (avvenimenti, è da dire, che, non conoscendosi lo status della lingua, non possono essere distinti e valutati adeguatamente per l’evoluzione della lingua stessa).

Pertanto, proprio l’esser partito in modo scientificamente corretto alla ricerca dell’oggetto integrale della linguistica e l’aver stabilito il giusto rapporto tra massa parlante e lingua, tra parole e langue, porta Saussure a rovesciare l’impostazione della linguistica precedente; anzi, cosa determinante per lo studio scientifico, lo conduce a stabilire il «primato teorico e metodologico della linguistica sincronica sulla linguistica diacronica»(5). Ed è proprio a partire da questo fondamentale rovesciamento (in primo piano lo studio dei rapporti nel sistema e in secondo quello dei rapporti nel tempo dell’oggetto-langue) che alla linguistica è data la

possibilità di costituirsi criticamente come scienza rigorosa e nuova.

NOTE:

* [A celebrare  (il ritrovamento e) la traduzione in italiano degli Scritti inediti di linguistica generale di Ferdinand de Saussure  (con introduzione, traduzione e commento di Tullio De Mauro, Editori Laterza, Bari  2005),  riprendo qui un mio breve testo del 1975,  come pubblicato dalla rivista “Euresis” (VIII, 1992, pp. 111-117) del Liceo Classico “M. Tullio Cicerone” di Sala Consilina, Salerno]. Si presentano qui alcune note di lettura, e per la lettura, dell’opera di Ferdinand de Saussure, Corso di Linguistica generale, introduzione, traduzione e çommento di Tullio De Mauro, Bari, Laterza, 1970 (prima edizione riveduta. La prima. edizione è del 1967, e l’ultima ristampa è del 1991).        

1. R. Simone, Introduzione, p. 8, in Ferdinand De Saussure, Introduzione al 2° corso di Linguistica Generale, Roma, Astrolabio, 1970.

2. R. Simone, op. cit., pp. 8-9.

3. G. Mounin, Saussure, Firenze, Sansoni, 1971, p. 80. 

4. K. Marx, Opere Filosofiche Giovanili, Roma, Ediiori Riuniti, 1969, p. 228.

5. G. Mounin, op. cit., p. 60.



Martedì, 05 luglio 2005