PSICOANALISI E FILOSOFIA: INDICAZIONI PER UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA. I soggetti sono due, e tutto è da ripensare...
IL LABORATORIO DI FREUD E LA LEZIONE DI ELVIO FACHINELLI. "Su Freud", un'ottima introduzione a "La mente estatica". Una nota

(...) alla fine del loro percorso, al di là della morte (l’uno sfuggito alla polizia del “Faraone”, l’altro vittorioso su Oloferne), Fachinelli ritrova Freud e Freud ritrova Fachinelli e , insieme, riprendono la “conversazione conoscitiva” nel loro laboratorio, e la navigazione nel "gran navilio” di Galilei.


di Federico La Sala

 

  • IL "LABORATORIO" DELLA "CONVERSAZIONE CONOSCITIVA". «Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti: siavi anco un gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca che sia posto a basso; e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza. [..] Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia mentre il vascello sta fermo non debbano succedere così: fate muovere la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur di moto uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti; né da alcuno di quelli potrete comprendere se la nave cammina, o pure sta ferma. » (Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi tolemaico e copernicano, 1632 - Salviati, giornata II)

 

Con Freud, probabilmente, nessuno (né del ‘mondo’ psicoanalitico, né tantomeno del ‘mondo’ filosofico) ha ‘dialogato’ con più libertà di giudizio e onestà intellettuale di Elvio Fachinelli (1928-1989). E, come si sa, “essere giusti con Freud” non è affatto facile!

Fin dall’inizio, egli ha colto con lucidità e precisione il cuore pulsante della “rivoluzione psicoanalitica” e, consapevole di tutta la sua portata epocale, fino alla fine ha fatto di tutto (pur tra totali incomprensioni) per assicurarne la vita.

Grandezza e limiti di Freud: “Su Freud” (a c. di Lamberto Boni, Adelphi, Milano 2012, e. 12, pp. 115) è un’ottima occasione per riconsiderare il percorso di Elvio Fachinelli e rendersi conto del suo lavoro (dal 1966 al 1989) per portare la psicoanalisi fuori dalla claudicanza e dalla cecità dell’orizzonte edipico.

Nel 1966, semplicemente, Fachinelli è già Fachinelli! Per dirla in breve, nella sua lettura di Freud (questo è il titolo del primo saggio, così articolato: Un Conquistador; L’archeologia del banale; Un modello vittoriano; Dickens, l’infanzia; Il frammento goethiano; Un giuramento materialista; Come lo spirito curerà se stesso; Resistenza, inconscio, sesso; L’autoanalisi; Edipo e suo padre; Mosè è un Egizio; Il mito e la civiltà), egli non solo si rende del fatto che “il conflitto di ambivalenza sull’esser ebreo [e povero, fls] che esisteva nel figlio di Jakob” (p. 16), ma anche di come e quanto il nodo edipico non risolto pesi su “i significati nuovi che emergono dal suo lavoro e ai quali non sa dare una definizione precisa” e come tutto, alla fine, possa finire nel vicolo cieco della tendenza alla distruzione, al “ritorno all’inorganico”, tra le braccia del cosiddetto istinto di morte: “La rivelazione di questa tendenza (...) avviene, in Al di là del principio di piacere, del 1920, attraverso il ritrovamento del mito di Eros e di Thanatos in lotta continua e incerta tra loro” (p. 60).

Fachinelli è ben consapevole che “l’ambiguità del mito” non risolve affatto il problema, ma come e con Freud non dispera, e con un colpo d’ala così ‘chiude’ il discorso su “Freud” e così comincia il suo cammino: “Un’indicazione ben tenue e fragile, disarmata; come se fra tante corazze e armature di ferro, egli ci desse un semplice filo da seguire; ma un filo ricorda Platone, che è duttile quanto il ferro è rigido, perché è un filo d’oro” (pp. 60-61). Il cammino sarà lungo, ma il linguaggio già annuncia la consapevolezza di “Sulla Spiaggia” (cfr. E. Fachinelli, La mente estatica, Adelphi, Milano 1989, pp. 13-25). Dal labirinto si può uscire!

Chi pensa (e sono in molti) che il “volo a grande altezza” di Freud, che fece dire a Breuer di guardare “a lui come la gallina il falco” (p. 41), sia in rapporto di opposizione con l’atterraggio di Fachinelli “sulla spiaggia”, credo che sia come uno scienziato aristotelico-tolemaico che viva dopo Copernico e dopo Galilei come dopo Newton, Kant e Einstein, e continui a misurare sul suo “letto di Procuste” le acquisizioni del lavoro di ricerca sia di Freud sia di Fachinelli! Non ha ancora e alcuna consapevolezza, per dirlo con le stesse parole di Fachinelli (1986), del fatto che “ciò che è radicalmente nuovo e diverso nell’esperienza analitica - e che per certi versi è anche arcaico -” è “un modo di conversazione conoscitiva che è probabilmente la più significativa innovazione introdotta nel discorso occidentale dopo la ‘nobile sofistica’ di Protagora e Socrate”(E. Fachinelli, Su Freud, cit., pp. 80-81).

FREUD E “LA MENTE ESTATICA”.

Nel testo del 1966, semplicemente, Fachinelli ha già conquistato ed evidenzia decisiva consapevolezza e chiarezza critica sull’epocale novità e inaudita portata della “situazione sperimentale escogitata da Freud per la cura dei nevrotici” (p. 43). Quella di Freud non è (come potrebbe apparire a uno sguardo superficiale) solo una geniale “innovazione tecnica” dell’intelligenza astuta della ragione tradizionale. C’è anche questo, “ma più profondamente” - a ben guardare - c’è ben altro: “se ripercorriamo - scrive Fachinelli - il lento cammino che va dalla suggestione ipnotica alla soggezione vigile, alla concentrazione attiva, vediamo emergere l’oggetto della cura, la nevrosi del catalogo naturalistico, come soggetto uomo, che ha in sé il suo significato e parallelamente, Freud rinuncia a ogni strumento di intervento diretto, apparentemente risolutore, si fa quasi passivo e distante, ascoltatore paziente” (pp. 41-42). E, ancor di più e meglio precisando, nota e commenta Fachinelli: “La ricerca freudiana è immediatamente antiaristocratica, spoglia di ogni privilegio o superiorità d’orgoglio. Egli tenta di farsi semplice ascoltatore di se stesso, lasciando riaffiorare, come nei suoi nevrotici, la parte calpestata, rifiutata”.

E’ la svolta decisiva: “Letteralmente, Freud - scrive Fachinelli - diventa il paziente di se stesso, con una lucidità che apparirà più tardi, e non senza ragione, persino disumana (“ Il malato che oggi più mi preoccupa sono io steso”). In questo modo si stabilisce uno scambio continuo tra ciò che impara dai suoi malati e ciò che ricava da se stesso”(p.46). L’Interpretazione dei sogni, che esce alla fine del ’99, è il testo fondamentale - prosegue Fachinelli, poco oltre (e si tenga presente che si è nel 1966) - della nuova scienza psicologica e, osiamo dire, della nuova ragione“.

Per Freud, "è finita una sorta di prolungata infanzia, l’indugio di fronte a se stesso” (p.54). Egli ha trovato la sua strada: messosi in gioco, coraggiosamente, e dato il via alla difficile e interminabile trasformazione di sé, si incammina fuori dell’orizzonte teorico del suo tempo: egli non tornerà mai più indietro. Troverà infiniti ostacoli esterni e interni, ma porterà avanti il suo lavoro fino alla fine.

Il viaggio appare interminabile, ma anch’egli - se pure tra e con grandi difficoltà - atterrerà “sulla spiaggia”, a Londra, a Maresfield Gardens. Non proprio come sogna sbarcando, come “un conquistador”, ma sicuramente come un uomo coraggioso, come un ebreo salvato dalle armate del Faraone del XX da quel Mosè che lo ha accompagnato per tutta la vita e che ora egli ha portato con sè anche in Inghilterra, non solo come materia per un libro (da finire - L’uomo Mosè e la religione monoteistica, 1934-1938) nelle casse dei suoi bagagli.

IL VOLO "A GRANDE ALTEZZA" DI FACHINELLI (1984-1988)

In “Psicoanalisi”, testo inedito del 1984 (cfr.: Su Freud, cit.), forte anche delle esperienze fatte all’interno della pratica terapeutica, Fachinelli riprende con chiarezza e determinazione il discorso già fatto nel 1966, e riafferma tutto il valore del metodo di lavoro e di ricerca di Freud: “Promozione piena degli Enfalle, ovvero “metodo delle libere associazioni”; rivelazione attraverso di esso dell’inconscio e dell’infantile; elaborazione della relazione analista-analizzato come rapporto che oltrepassa decisamente quello classico di osservatore-osservato: sono questi alcuni elementi fondamentali di un’esperienza ben distinta, nella quale compaiano e si sviluppano, tra il passato spesso dimenticato o distorto e il presente, concordanze, repliche, riprese".

E’ ciò che potremmo chiamare - precisa Fachinelli - "il nucleo solido o pesante della psicoanalisi, ciò che ha consentito all’esperienza freudiana di essere ripetuta, confermata e contraddetta alÌ’interno di uno specifico dispositivo o setting analitico che, pur nelle variazioni intervenute successivamente, manifesta la costanza e l’uniformità di uno specifico laboratorio scientifico”.

E, chiarito questo punto incontrovertibile, sollecita a prendere atto che “è dentro questo laboratorio che sono intervenuti i progressi più significativi della psicoanalisi”, a uscire dal dogmatismo e dalla minorità, a prendere le distanze da quel “luogo comune piuttosto diffuso, secondo il quale la psicoanalisi comincerebbe e finirebbe con Freud”(p.66). e a fare uso della propria intelligenza e della propria facoltà di giudizio, E invita anche a ben comprendere la natura della diffusione della psicoanalisi nel mondo: quanto è avvenuto dopo Freud “è un tipo di diffusione che ricorda l’espansione di un movimento ideologico, o anche di una religione in senso tradizionale”, non “la diffusione - eventualmente ritardata, ma poi rapida e universale - di una scoperta scientifica in senso stretto” (p. 64).

Per Fachinelli, questa è solo una premessa , ma è la premessa fondamentale: “Vi è dunque uno specifico psicoanalitico strettamente collegato all’instaurarsi di un quadro “sperimentale” determinato. Su questo non sembra esservi disaccordo”. La questione decisiva, a cui sollecita a pensare e che pone all’ordine del giorno, è quella di affrontare “il disaccordo” che esiste e sorge “non appena da questo piano di esperienza ripetibile, individuale-tipica, si passa a un tentativo di comprensione o spiegazione generale dell’esperienza stessa, dei suoi presupposti e delle sue implicazioni. Quando cioè ci si pone il problema del modello o dei modelli che organizzano l’esperienza stessa”(pp.67-68).

Detto diversamente e velocemente: per non diventare del tutto ciechi e zoppi all’interno del laboratorio psicoanalitico, è più che urgente andare avanti, oltre Freud, oltre l’orizzonte scientifico del suo tempo e anche della sua grande capacità di far leva su” modelli diversi (energetico, dinamico-conflittuale, topico), alquanto eterogenei tra loro”, per dare conto “dell’insieme complesso dell’esperienza analitica, evitando di scartarne sezioni importanti e irriducibili all’uno o all’altro di essi” (p.68).

In questa direzione e con questa consapevolezza Fachinelli muove e sollecita a muoversi, non altra: il suo desiderio non viene dalle stelle, ma nasce ed è nato all’interno stesso del laboratorio e, per certi aspetti, è la ripresa della stessa lotta di Freud con se stesso, per salvare la sua “creatura”, la stessa psicoanalisi, (dal quadro teorico e) dall’inesorabile avanzata della pulsione di morte.

Di fronte a “casi clinici” come quello dell’“uomo col magnetofono, dramma in un atto con grida d’aiuto di uno psicoanalista” (J.J. Abrahams, edizioni L’erba voglio, 1977), o quello presentato in “La freccia ferma. Tre tentativi di annullare il tempo” (E. Fachinelli, edizioni L’erba voglio, 1979), o quello presentato in “Claustrofilia. Saggio sull’orologia telepatico in psicoanalisi” (E. Fachinelli, Adelphi , Milano 1983), non si può né chiudere un occhiochiudere gli occhi; Fachinelli rompe gli indugi e decide di muoversi. Egli sa già dove andare, e già anticipa il suo tema.

Sempre nello stesso testo, “Psicoanalisi” del 1984, così scrive: “Dopo Freud, nell’esito trionfale della psicoanalisi, si è andato via via perdendo il senso di situazioni bloccate, impoverite, su cui Freud e gli psicoanalisti intervengono” e di pari passo è si andato riaffermando - egli ipotizza - il potere di quella cultura in cui “funga o fungesse ciò che è caratteristico di Freud, vale a dire la concezione di una continuità di fondo dello psichico, che ignora il discontinuo e il radicalmente diverso, ignora differenze di livello e il salto o la rottura che esse implicano come è evidente “nell’approccio difficoltoso e appunto nostalgico alle figure piene, mitizzate, del Rinascimento” da parte dello stesso Freud (pp.72-73). In questo senso, nelle sue esitazioni, “Freud precorre un’epoca in cui l’esperienza estetica svanisce come esperienza distinta, compatta, e soltanto affiora o balena qua e là, in contesti diversi. E ciò che vale per l’esperienza estetica si potrebbe ripetere per altri livelli dell’umano, in primo luogo per un livello immediatamente contiguo a quello estetico, quello che potremmo chiamare livello estatico. Il quale è certamente, nella nostra cultura, ai limiti del tabù e dell’impronunciabile”.

E proseguendo, ben consapevole del suo programma di ricerca, così conclude: “Proprio in queste direzioni si avvertono forse oggi segni di mutamento: ciò che non si poteva toccare o dire comincia forse a farsi via praticata o praticabile. Ed è a questo punto, crediamo, che si fa sempre più chiaro il limite antropologico e storico della psicoanalisi freudiana” (pp.73-74).

“Sulla spiaggia” è il testo del 1985 (“Lettera Internazionale”, n. 6, autunno 1985) con cui Fachinelli ‘ricorda’ a Freud (e a se stesso) i temi della lunga “conversazione conoscitiva” e spicca il suo “volo a grande altezza”. Negli anni successivi continua a lavorare sul tema: nel febbraio del 1989 è stampata e resa pubblica “La mente estatica” (Adelphi, Milano 1989). Un nuovo orizzonte si spalanca, ma le reazioni di psicoanalisti e filosofi sono timidissime e fredde.

Come sapeva e aveva già scritto nel 1984, l’estatico è, nella nostra cultura, ai limiti del tabù e dell’impronunciabile. Gli intellettuali istituzionalizzati (freudiani e non), alla fine prendono le distanze e tacciono. A vent’anni e più dalla sua morte stentano ancora a capire il senso del suo lavoro. Ma il fatto è un fatto e resta (ancora da pensare): il coraggio di servirsi della sua propria intelligenza e il frutto del lavoro di tutta la sua vita è di grande rilevanza teorica e culturale, in generale.

Contrariamente a quanto sì è ritenuto e detto, Fachinelli non ha mai abbandonato il programma di Freud: pensare non solo se stesso (il medico) come paziente, ma anche l’altro ( il paziente) come medico. Più di tutti, egli ha ben capito la portata radicale del pensare l’altro (anche se stesso!) come soggetto e l’ha fatto proprio da uomo, da psicoanalista, e da pensatore, fin dall’inizio.

Egli non si è mai sganciato dalla pratica clinica e dalla referenza teorica freudiana: anzi, più di tutti, ha difeso e lavorato a illuminare criticamente il “concreto della situazione a due”, per liberarla dalle esitazioni e cecità ereditate dallo stesso Freud, sia dal lato del soggetto-analista sia dal lato soggetto-paziente, non per mandarla in soffitta e andarsene a esplorare i territori dell’immaginario e le potenzialità della suggestione! Nell’aut-aut “Freud o Iung”, egli non ha mai creduto (o ceduto): già nel 1967, nella prefazione al lavoro di E. Glover con l’omonimo titolo, aveva chiarito la sua posizione e non ha mai sognato di proporsi (alla Jung) come “pastore di anime”!

Provare per credere! In “Su Freud”, sono ripresi due testi importanti e fondamentali, scritti dopo la pubblicazione di “La mente estatica”. Un consiglio: per non equivocare (o parlare a ruota libera) sul suo lavoro e sul suo orizzonte teorico ( il primo è del gennaio 1989 ed è intitolato “Freud, Rilke e la caducità”, il secondo è dell’inizio di aprile 1989 ed è intitolato “Il dono dell’imperatore”), vale la pena leggerli e rileggerli con attenzione. Sono stati scritti con i suoi “consiglieri segreti” di sempre: Walter Benjamin (“Angelus Novus”: “Tesi di filosofia della storia”) e Theodor W. Adorno (“Minima moralia”).

Nell’uno la riflessione è ancora e di nuovo sulla pulsione di morte e nell’altro si affronta il tema del potere sulla vita e sulla morte ("questa inquietante istanza centrale di autorità") e dell’analisi dei poveri, in connessione col tema del dono e della gratitudine in Freud, con tutte le sue implicazioni (rispetto al passato e rispetto al futuro non solo della psicoanalisi)!

Imprevisto e sorpresa in analisi”: alla fine del loro percorso, al di là della morte (l’uno sfuggito alla polizia del “Faraone”, l’altro vittorioso su Oloferne), Fachinelli ritrova Freud e Freud ritrova Fachinelli e , insieme, riprendono la “conversazione conoscitiva” nel loro laboratorio, e la navigazione nel "gran navilio” di Galilei. (Federico La Sala, 04.10.2012)

                      PER APPROFONDIMENTI, CFR.:

-  A FREUD (Freiberg, 6 maggio 1856 - Londra, 23 settembre 1939), GLORIA ETERNA!!! IN DIFESA DELLA PSICOANALISI.

-  Sulla spiaggia. Di fronte al mare...
-  CON KANT E FREUD, OLTRE. Un nuovo paradigma antropologico: la decisiva indicazione di ELVIO FACHINELLI

-  PSICOANALISI: LACAN INTERPRETA "KANT CON SADE" E SI AUTO-INTERPRETA CON "L’ORIGINE DEL MONDO" DI COURBET.

-  PERVERSIONI di Sergio Benvenuto. UN CORAGGIOSO PASSO AL DI LA’ DELL’EDIPO

-  VITA E FILOSOFIA. Per il ventennale della morte di Elvio Fachinelli ((1928-1989).
-  METTERSI IN GIOCO, CORAGGIOSAMENTE. PIER ALDO ROVATTI INCONTRA ELVIO FACHINELLI.

-   FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA.

Federico La Sala



Giovedì 04 Ottobre,2012 Ore: 09:57