EVANGELO E COSTITUZIONE. CEDIMENTO STRUTTURALE DELLA GERARCHIA VATICANA DI FRONTE AI PROBLEMI DELL'ITALIA E DELL'INTERA UMANITA' ...
FINE DEL CATTOLICESIMO. "CASTA E MERETRICE". La "casta"della Chiesa non è all’altezza dei compiti. Né più, né meno - è solo "meretrice". Un'analisi di Goffredo Fofi

Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!


a cura di Federico La Sala

Casta e meretrice

di Goffredo Fofi *

Gli eventi di una soffocante estate italiana hanno messo in rilievo ancora una volta l’importanza del ruolo della Chiesa nella nostra società, volta a volta negativa o positiva. In questo caso positiva, a detta anche dei più incalliti mangiapreti del nostro raffinato mondo laico, perché è risultato evidente che, mancando una sinistra degna di questo nome e forte almeno di qualche solido principio anche se non di idee, e nonostante la buona volontà di alcuni giornalisti che vorrebbero ma non possono sostituire o indirizzare i politici, la sola opposizione efficace al berlusconismo giunto al suo culmine di volgarità e di arroganza è stata ed è rappresentata dalla chiesa.

E questo obbliga a molte considerazioni, che sono forse più facili da fare per noi che per altri, data l’attenzione che, sia quelli che tra noi non credono che quelli che credono, abbiamo sempre portato al fatto religioso, e a coloro che nella chiesa si occupano seriamente di ingiustizia sociale e di emarginazione. Cerchiamo dunque di tirare qualche conclusione da quello che presumiamo di aver capito, pur sentendoci assolutamente non all’altezza del compito, della chiesa e del rapporto che sarebbe giusto avere con i suoi rappresentanti.

Qual è il padre della Chiesa che ha definito la grande istituzione di cui faceva parte come “casta et meretrix”, cioè, in termini più volgari, santa e puttana? Molto spesso questa definizione ci torna alla mente in questi tempi di travaglio e disastro, nei quali la puttanaggine della cosa pubblica ha raggiunto livelli vuoi farseschi vuoi, a ben guardare, assolutamente tragici; ma nei quali gli interessi “mondani” della chiesa continuano come sempre ad avere il sopravvento su quelli “divini”, nella sua accettazione dei “sistemi” con i quali si trova a interagire, e le pratiche correnti risultano di rado nobilitate dai richiami alle finalità superiori.

Equiparandosi nei fatti agli altri grandi poteri terreni, le gerarchie della chiesa da sempre vi si imbrogliano e vi si confondono, e la diversità si attenua e scompare, e il progetto finisce per apparire, visto da vicino, lo stesso: la sopravvivenza dell’istituzione e della sua gerarchia (persone e modi), la continuità oltre e nonostante la mutazione dei tempi. E il resto rischia così di apparire come mera retorica.

Nulla di nuovo sotto il sole, ma, come è sempre dei tempi più bui, quando i poteri civili dimostrano tutta la loro ignobiltà e trionfano dall’insistenza sul privilegio e sull’esclusione dei più e sul condizionamento dei parzialmente garantiti (la dittatura sulle coscienze non essendo certamente la parte meno grave delle dittature, anche in tempi di democrazia truccata), si è portati ad aspettarci di più da chi si pretende dalla parte del bene. (Fanno questo, oggi, anche coloro che più platealmente contrastano la ragion d’essere della chiesa, i cosiddetti “laici” che accettano la società del capitale con la massima spregiudicatezza, ma si considerano ciò nonostante propugnatori di giustizia.) Si chiede a coloro che si richiamano ai valori più alti e più profondi (la protezione dei “perdenti” e, intesa nel senso più vasto, la “salvezza dell’anima”) che siano all’altezza del loro compito storico, di quel compito che coscientemente si sono assunti.

Ma la chiesa non è stata quasi mai all’altezza di questo compito, fatta com’è di uomini, e sapendo meglio di ogni altra istituzione la fragilità morale, diciamo pure la miseria degli uomini, e si è mossa nelle tempeste della storia più o meno abilmente, più o meno generosamente, o egoisticamente. Ci sono momenti nella storia in cui uomini dell’istituzione e non solo i membri che ne dividono e ne seguono le convinzioni sanno dare il meglio, ma mai trainando la piena adesione dell’istituzione.

Dalla chiesa, credenti e non credenti, si finisce così per aspettarsi sempre più di quanto essa può dare, dimenticando che il suo commercio con i secoli la fa, secondo l’antica definizione, piuttosto meretrix che casta. Ma in questi anni tragicomici lo si fa con maggiore evidenza che in altri tempi, anche per la forte coloritura dello sfondo, che è quello del dominio della figura clownesca di un incontinente miliardario che sembra racchiudere in sé tutta la amoralità o immoralità di cui si è insozzata la storia degli ultimi quarant’anni - l’amoralità: il motivo vero per cui tanti votano il clown, come conferma giustificazione difesa del proprio rifiuto di qualsiasi morale; l’immoralità: quella degli altri, per esempio di una sinistra che dapprima pretendeva di voler lavare con l’acqua sporca e strada facendo ha contribuito così tanto a sporcare ogni acqua da dimenticarsi che ne possa esistere di pulita...

Per la sua considerazione del potere, la chiesa ha accettato personaggi perfino più loschi e terribili del nostro clown e ne ha avuto in cambio denari e privilegi. La storia lo ha dimostrato mille e più volte. Così come per la paura del crollo delle sue impalcature storiche, la sua gerarchia continua a difendere ostinatamente valori che la società ha dovuto dismettere.

Esempi. La sovrappolazione è una delle cause dei disastri mondiali - guerre e carestie e differenze sociali - ma la chiesa sembra ignorarlo. La famiglia è crollata, ma la chiesa finge di non accorgersene e contrasta la ricerca di soluzioni che spontaneamente e moralmente i singoli cercano (e anche talvolta trovano). La passione per il denaro non è mai stata distruttiva di ogni base morale come in quest’epoca, ma quando si ricorda di condannare la ricchezza, la chiesa? La vita umana conta sempre meno dovunque e l’accanimento terapeutico ne è una specie di contro-canto che arriva a volte al grottesco, ma guai a decidere di staccare i fili di vivi senza vita cosciente da decenni. Le altre creature viventi sul nostro pianeta sono state, secondo la chiesa, create da Dio a esclusivo benessere della super-creatura, e la chiesa è indifferente alla loro sensibilità, alla loro sofferenza, la crudeltà verso gli animali e in particolare verso i più miti tra tutti, gli animali vegetariani, continua a venir rivendicata e praticata da papi e fedeli, a far parte della dottrina. Se si arriva a comprendere la paura per il “si sa dove si comincia, non si sa dove si può finire”, è pur vero che non mancherebbero alla chiesa i modi di poter stabilire nuovi criteri di giudizio e nuovi modelli di comportamento in tutti questi campi, adeguati ai bisogni non solo di quest’epoca ma anzitutto delle epoche future, se ci saranno (se non ci saranno, la responsabilità sarà dunque anche della chiesa, e assai forte).

Ma se in molti campi riesce ancora a essere un punto di riferimento fondamentale - oggi le siamo grati soprattutto per quanto dice sugli spostamenti di popolazione e sui diritti dei migranti, così come, da ultimo, sulla necessità di un qualche accordo tra vita privata e vita pubblica, specialmente in chi si trova a capo di una nazione... - tuttavia la chiesa si guarda bene dal mettere in discussione al suo interno una certa idea di progresso e il consumismo che ne consegue o la violenza dell’uomo sulla natura. E pur sempre rivendica il primato dell’uomo, accetta che egli faccia della terra ciò che gli aggrada (in definitiva, ciò che aggrada a chi ha il potere), e anche se è stata ormai costretta a riconoscere che la terra non è al centro dell’universo, la sua visione non è diventata per questo meno antropocentrica.

La chiesa - la sua ufficialità - semplicemente non è all’altezza dei compiti che dovrebbe assumersi e che pretende di assumere. Né più, né meno. Eppure... Eppure la chiesa non è solo questo. Eppure è giocoforza constatare che solo nella chiesa, o ai suoi margini, o nelle sue pieghe e nelle sue minoranze, è possibile trovare ancora quel tanto di morale - teorica e pratica, che cioè si trasferisce immediatamente nei fatti - che ha finito per mancare quasi in assoluto nel campo di altre forze che ne sono state in passato portatrici, e diciamo pure: la sinistra. Che ha finito per scomparire dalla scena soffocandosi da sé con le proprie ipocrisie e menzogne. Della sinistra, abbiamo assistito stupefatti e angosciati a una fine invero miserabile. E non si pensa solo ai post-comunisti, che pure rappresentano - i suoi vertici e i “quadri” del suo perenne familismo amorale, i suoi organi di stampa sempre più opportunistici e parassitari - la parte più malata della tradizione, e dai quali non è più possibile aspettarsi nessun tipo di resipiscenza ripensamento riscatto, ma anche ad altre sue componenti sulle quali molte speranze si erano focalizzate. La componente cattolico-progressista, quella radicale, quella, forse la più vacua di tutte e forse la più ipocrita, ecologista. E si pensa anche ai “movimenti”, a quelle basi irrequiete che hanno preferito nutrirsi di slogan e di risibili consolazioni piuttosto che di ricerca di verità e di ricerca di persuasioni e modelli più profondi, meno estemporanei, più congiunti di lucida teoria e di buone pratiche. Stupidamente dentro una tradizione, perché metterla in discussione costava troppa fatica, e tutto è new age, quando quel che si cerca è la consolazione e lo “star bene” e non si accetta il dubbio come necessità metodologica, non si passa dal dubbio alla ricostruzione di un essenziale credo che faccia perno sull’agire e non sulla chiacchiera.

In definitiva, negli ultimi anni i soli che hanno resistito alla degenerazione e caduta di un sistema di valori e di modelli e hanno continuato ad agire da sinistra (e cioè per la difesa concreta dei valori della solidarietà, di quell’amore del prossimo che è stato sempre alla base di ogni progetto di rivolta sociale, e diciamo pure di socialismo) sono stati i membri di quelle che ci è venuto spontaneo chiamare in più occasioni, paradossalmente se non provocatoriamente, “minoranze cristiane all’interno della chiesa cattolica”. Con queste minoranze, e quasi soltanto con loro, noi abbiamo in questi anni lavorato, resistito, tentato ricostruzioni. Poco d’altro - gruppi intelligenti morali determinati - abbiamo trovato in altri settori, di altrettanto radicato, persuaso, fattivo, propositivo.

Certo, anche in questo mondo abbiamo trovato non pochi finti, alla verifica del fare: i gruppi di successo e le associazioni arraffone, i preti da comizio e da televisione, i narcisismi invadenti, gli opportunismi cialtroni e le alleanze pericolose. Nel mondo cattolico come nel mondo della sinistra, queste cose abbondano, strabordano.

Ma ciò nonostante, va detto che i sostenitori del “ben fare”, gli attivi nella lotta contro l’ingiustizia e la menzogna, coloro che non sanno e non vogliono disgiungere i fini dai mezzi e le parole dai fatti, li si trova ormai - anche se pochi, anche se minoranze - quasi soltanto, con rare eccezioni di persone e di gruppi ancora vivi nonostante tutto e di sinistra nonostante tutto, tra quei cristiani e quei laici che del cristianesimo condividono la morale concreta.

Si direbbe che soltanto a partire dai valori essenziali si possa resistere attivamente, insieme pensando e facendo, in difesa del giusto e del vero, e che solo così si possa pensare di poter prima o poi ridar anima a una sinistra non condizionata dall’immoralità o dall’insipienza dei suoi leader e teorici.

Dove qualcosa si muove di positivo e propositivo, troviamo quasi sempre dei “cristiani” (credenti e non credenti) e dei “socialisti”, secondo le vecchie ispirazioni e anche se non sanno di esserlo (ed è preferibile ridar peso a una parola censurata come socialismo che a una oggi abusata e confusa come laicismo) che faticosamente cercano di fare autonomamente o di agire sulle istituzioni per il rispetto di valori di giustizia e solidarietà e per il rispetto della natura e che considerano prioritaria la concordanza tra ciò che si dice e ciò che si fa.

Goffredo Fofi

* Lo Straniero, Ottobre - N. 112

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Sul tema, in rete, si cfr.:

  GIOACCHINO, DANTE, E LA "CASTA ITALIA" DELLO "STATO HEGELIANO" - DELLO STATO MENTITORE, ATEO E DEVOTO ("Io che è Noi, Noi che è Io").

  LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!! 

"DEUS CARITAS EST": LA VERITA’ RECINTATA!!!

Il teologo Ratzinger, dopo aver tolto la "h" dalla "Charitas" (Amore), ha precisato: "Gesù di Nazaret" si scrive "senza acca".

  "Dopo la "Deus caritas est", la seconda enciclica: "Spe salvi".

  "CARITAS IN VERITATE": FINE DEL CRISTIANESIMO. 

  BIBBIA, INTERPRETAZIONE, E "LATINORUM" CATTOLICO-ROMANO.

  FOUCAULT, HADOT, PROSPERI, VATTIMO. L’ "addio alla verità" degli antichi e la coraggiosa proposta della carità ("charitas"), oggi. Materiali sul tema

  L’ITALIA, LA CHIESA, E LA POLITICA DEL MENTITORE: "FORZA ITALIA" (1994-2009)!!! L’ANTICRISTO TRA NOI. Un commento di Gianpasquale Santomassimo

  AI CERCATORI DEL MESSAGGIO EVANGELICO. Una nota sulla "lettera" perduta.



Giovedì 24 Settembre,2009 Ore: 19:12