In memoria di Anna Freud e Dorothy Burlingham...
IL TERREMOTO COME UN BOMBARDAMENTO. I TRAUMI DEI BAMBINI E UN MODELLO D'INTERVENTO TERAPEUTICO MODERNO.

Un'intervista al prof. Luigi Cancrini di Federica Fantozzi


a cura di Federico La Sala

 Intervista a Luigi Cancrini

Trauma da sisma come da bombardamento 

«Non vanno eluse le domande dei bimbi»
«Ci vuole tempo, non bisogna far finta di niente»

di Federica Fantozzi (l’Unità 9.4.09)


Professor Luigi Cancrini, cosa sta succedendo con i bambini coinvolti nel terremoto?
«Un numero importante di piccoli traumatizzati ma non feriti è seguito dai servizi territoriali tra Pescara e Teramo. I casi sentiti più gravi sono stati trasportati a Roma in elicottero e appoggiati al Gemelli e al Bambin Gesù, dotati di rianimazione pediatrica».


Come ci si relaziona con loro? Come reagiscono?
«Esiste un modello di intervento terapeutico moderno: quello realizzato dal gruppo di Anna Freud a Londra sotto le bombe tedesche. Gli orfani furono ospitati a casa, ricevendo cure e sostegno. Il lavoro per riconnetterli alle famiglie dopo aver costruito relazioni terapeutiche con loro in questo “asilo” resta un sistema di organizzazione del lavoro valido. Un sisma è il contesto più simile a un bombardamento».


Cosa si impara?

«Quanto ogni bambino sia diverso dall’altro e la strategia di ascolto debba tenerne conto. Qui a Roma sono arrivati due bimbi molto piccoli, 2 e 5 anni, salvati dalle macerie in braccio ai genitori morti proteggendoli. Sembrano non essersi resi conto dell’accaduto, l’hanno vissuto come un’avventura. I familiari avranno bisogno di sostegno per aiutarli nel tempo a capire».


Altri modi di reagire?
«Bimbi più grandi sono rimasti come paralizzati, muti di fronte all’immensità inaccettabile di quanto hanno visto. Occorre assicurare una presenza discreta ma costante in attesa che vengano fuori lacrime e domande».


Qual è l’età più critica?
«9-10 anni. A 13-15 la rete amicale rende le cose più facili».


Quali gli errori da evitare?

«Eludere le domande. Bisogna rispondere a tutte. A un piccolo dire. tua mamma è molto lontana, spero che torni. A uno di 10 anni: tua mamma non c’è più, ti guarda dal cielo. Franchezza e chiarezza li aiutano più del tentativo di proteggerli dalla conoscenza della realtà. Del resto, finché non sono pronti i bambini non chiedono».


È possibile prevedere i tempi di guarigione?
«All’inizio no. Bisogna aspettare i loro tempi. La terapia è soprattutto ascolto, sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda. E tocca tocca agli adulti di riferimento. Chiaro che in presenza di un parente affettuoso, il compito principale del terapeuta è fargli passare del tempo insieme».


La tendopoli sarà un altro trauma?
«Minore. La grande lezione di Benigni, su cui bisogna sensibilizzare gli adulti, è farla diventare un grande gioco. I bambini sono adattabili, l’importante è la serenità di mamme e papà».


Il futuro è la new town lanciata da Berlusconi?
«Io sono abruzzese di provenienza, conosco la mia gente. Il senso di appartenenza e amore per i luoghi in cui si è cresciuti è importantissimo e va rispettato finché possibile».


Come ricostruire, allora?
«Utilizzando l’impianto familistico che è il cardine di quella organizzazione sociale. Appoggiarsi a casa dei parenti è normale: gente con cultura montanara e contadina cerca e offre aiuto con facilità».



Giovedì 09 Aprile,2009 Ore: 17:00