Le pistole spirituali, il Grillo e l’Otre Vecchio

LETTERA 125 agosto-settembre 2007


di Ettore Masina

1 E’ stato Brecht, se ricordo bene, ad ammonirci di non dare niente per scontato, di indagare frequentemente se non vi siano trappole nascoste in ciò che consideriamo “normale”, se il “buonsenso” sia sempre d’accordo con l’etica e via dicendo. Il grande poeta tedesco non fu, purtroppo, un esempio di questa introspezione, la sua adesione al comunismo essendo stata spesso acritica, almeno in pubblico. Tuttavia l’insegnamento resta valido: contraddizioni dolorose si celano in molti luoghi della vita quotidiana. Sulle agenzie di stampa, per esempio, leggo questa notizia a proposito del suicidio di un gendarme pontificio: “Il portavoce vaticano ha detto che il giovane era stato assunto come ’allievo gendarme’ con l’abituale processo di selezione psicoattitudinale, relativo anche all’uso delle armi”. Che ve ne pare? Una Sede che si proclama santa assume giovani dopo averne verificata la psicoattitudinalità all’uso delle armi?
Certo, la presenza di armati in Vaticano non è una novità: anche finita l’epoca dei papi-re, la Santa Sede ha avuto, sino al 1965, un suo piccolo esercito coloratissimo, per la gioia dei turisti e la sciocca ironia di Stalin.
Fu papa Montini ad abolirlo insieme alla Corte pontificia che gli pareva (egli, naturalmente usò espressioni più cortesi) un’anticaglia nient’affatto evangelica. Conservò soltanto i gendarmi, in ben più moderne divise (e più spesso in abiti borghesi).
Confesso di non avere mai pensato che essi fossero armati, di armi capaci di uccidere; e oggi che è la cronaca nera a indicarmelo mi pare tristissimo temere che qualcuno possa essere ammazzato “legalmente” a due passi dal sepolcro di Pietro. Lo so bene: il diritto alla legittima difesa è razionale e previsto da tutte le legislazioni del mondo oltre che dal catechismo cattolico, ma Gesù non ha voluto essere difeso con le armi e sarebbe meraviglioso che il suo esempio fosse imitato da chi conti-nuamente parla a suo nome.
Gioachino Belli, che era un grande intenditore del Vaticano, dedicò un sonetto a un monsignore che aveva minacciato con due pistole un calzolaio inadempiente. L’artigiano domandava: ma le sue armi, eccel-lenza, non dovrebbero essere spirituali? E il monsignore, tenendo spianate le pistole, rispondeva (cito a memoria): l’ho ffatte doventà spirituali, perchè ’n nome de Ddio l’ho benedette.
Ma ci sono armi “benedette” anche altrove. Il mese scorso comparve sui giornali una fotografia che mostrava un agente di polizia accanto a monsignor Bagnasco mentre l’Arcivescovo di Genova cresimava alcuni fedeli in cattedrale. Il presule aveva ricevuto una scorta perchè su alcuni muri della città erano comparse minacce a suo riguardo; ma il pensiero che pistole “difensive” possano sparare in una chiesa e durante la cele-brazione di un sacramento mi sembra inquietante. C’è un altro sonetto del Belli che prorompe:

Nun ze pò mmai sapé co st’arme in mano!
E ppò a le vorte caricalle è er diavolo.[1]

Era quello che pensava monsignor Romero e forse è anche per questa sua inermità evangelica, per la scomodità del suo esempio, che in Vaticano non si decidono a proclamarlo santo.

2. Che un movimento politico possa nascere intorno a un motto scurrile non è cosa nuova. Ci erano già riusciti i fascisti con il loro “Me ne frego”. Poi era stata la volta del ben meno truce, ma pur sempre peri-coloso, Guglielmo Giannini, con il suo Uomo Qualunque: ”Non mi rompete gli zebedei!”. Chi vuole cavalcare i sentimenti negativi di una folla sa bene che gli arrabbiati sentono l’uso della volgarità, tanto più se a sfondo sessuale, come una dimostrazione della propria capacità di ribellione. Purtroppo il linguaggio “antipolitico” di Grillo si accorda bene con quello di certa politica per cui (v. Scajola) il professor Biagi era “un rompicoglioni” e (v. Bossi) Marini è “un cadavere”. Che il titolo del V... Day non solo non suscitasse obiezioni ma anzi trovasse echi compiacenti e collegamenti in ambienti e associazioni in cui ci si sforza di trovare un nuovo linguaggio politico mi ha profondamente addolorato. Non è possibile coniugare il “Resistere!” di Borrelli con la trivialità: con il turpiloquio non si costruisce una nuova cultura né si innovano i costumi; ed è ben raro che un linguaggio da caserma presenti documenti meditati e intelligenti. Tuttavia la jacquerie di Grillo ha raccolto grandi folle intorno a problemi reali e quindi va soppesata, nella sua composizione e nelle sue proposte.

3. La mia impressione è che i “grilliani” fossero fra loro eterogenei. Ho osservato attentamente le fotografie della manifestazione bolognese e mi è sembrata che la folla non somigliasse a quelle leghiste di Pontida, blocco ferreo di candidati all’eversione. Intorno al comico genovese si è radunata certamente, innanzi tutto, una platea di spettatori attratti dalla sua straordinaria vis comica e desiderosa di assistere gratuitamente a un suo show. Poi vi erano cittadini uniti da una rabbiosa insofferenza per la situazione politica. E’ intorno a questa seconda componente, certamente maggioritaria che si è coagulata, secondo molti giornali, la valenza dell’evento. Ma si tratta davvero di un nuovo soggetto politico? O non si tratta, piuttosto, di quella brava gente, notissima e chiassosa, che compo-ne certi comitati di quartiere? Insorge contro la presenza dei rom, dei bar-boni, delle prostitute-bambine. Non ne può più di certi spettacoli, grida che quei “disturbi” vanno eliminati. Come, non è affar loro, dicono quei comitati: loro non si intendono di certi problemi e dunque si limitano a gridare: via, a qualunque costo. Se proprio si lasciano andare, te lo dicono francamente: si riaprano i bordelli (naturalmente in periferia, lontano dai loro quartieri), si riorganizzino i manicomi “duri”, si espellano tutti gli zingari e, certo è triste, ma va bene che anche i ragazzini rimangano in galera, lì impareranno che bisogna essere onesti. La democrazia, quanto è tropp, va “regolata”. Questa parte di opinione pubblica è già schierata da “sempre” con Berlusconi e con Fini.
Ma a Bologna e nelle altre piazze c’erano certamente molti cittadini confusi. Quest’area di elettorato si è fatta più ampia negli ultimi tempi.. Si sente respinta da giornali e telegiornali che le rovesciano addosso ogni giorno, in un linguaggio più o meno cifrato, sussurri e grida di fazioni. Il governo si limita a mugolare con l’irritante flemma profes-sorale di Prodi il quale sembra ignorare l’importanza della comunica-zione, oppure mostra l’insofferenza - anche litigiosa che esiste tra ministro e ministro. Politologi improvvisati e cronisti embedded, arruolati dai gestori del “privato” seminano paure a larghe mani. Paure e confusione sono gene-rate anche da problemi ai quali le forze politiche tradizionali non avevano mai prestato attenzione e che adesso sono diventate (il clima, le fonti energetiche, l’acqua...) drammatiche emergenze.
Non c’è da meravigliarsi se il numero delle persone confuse è aumentato; ed esse meritano ben più rispettosa attenzione di quanta il governo e i partiti gliene concedono. Le destre hanno il gioco facile a cavalcare le loro paure. Le sinistre hanno il compito difficilissimo di far rinascere speranze e progetti. Oggi le Camere richiedono profonde riforme strutturali, i privilegi dei loro membri (i privilegi reali, non quelli fantasticati, per esempio, da un’inchiesta fasulla “dell’Espresso”, che da anni circola in rete) vanno abbattuti, la qualità etica di larga parte dei cosiddetti “onorevoli” è deprecabile, forse da quel punto di vista abbiamo oggi il peggior parlamento della storia repubblicana, ma un miglioramento della situazione non si può avere senza una corresponsabilità degli elettori, delle loro scelte politiche. E mi pare doveroso, anche in questa occasione, ricordare che da quando la democrazia ha portato alla creazione di un parlamento elettivo (dunque almeno in parte sottratto ai grandi potentati economici) l’offensiva contro di esso è una costante prerogativa delle destre. Distruggere il prestigio del parlamento significa per i potentati riprendere larga parte della propria libertà d’azione.

4. Quanto alle proposte di Grillo, mi pare ottima l’idea che il parlamento debba essere epurato da chi è stato condannato per qualche grave reato, ma la condanna deve essere definitiva, altrimenti la proposta è solo velleitaria perché accoglierla violerebbe il principio costituzionale dell’innocenza presunta. Che i parlamentari non possano essere rieletti una terza volta è, invece, estremismo infantile. Una decisione del genere vanificherebbe esperienze preziose, competenze, ingegni: basti pensare che uno sbarramento del genere avrebbe espulso dalle Camere gente come Moro, Scalfaro, Ingrao, Tina Anselmi, Zaccagnini, Berlinguer, Pertini eccetera.

5. Non accettare il principio dello sbarramento a due legislature non vuol dire - sia chiaro - rinunziare a un profondo rinnovamento della classe politica italiana. Vi sono volti e nomi che ricordano inevitabilmente un moderatismo che in realtà era soprattutto ricerca di consenso e quindi un pensare in piccolo, la negazione di ogni creatività, un uso spregiudicato del clientelismo, uno stracco provincialismo culturale. La “pragmaticità” di questi signori può ancora portare voti? Può darsi. Ma anche in politica è vero che non si può immettere vino nuovo in otri vecchi. Mi ha agghiacciato la prontezza con la quale Veltroni, per non trovarselo fra i piedi in Campania, ha offerto regalmente a De Mita di diventare il tutor del movimento giovanile del Partito Democratico. Poche cose sono certe su questo partito, ma una è certissima: se i suoi giovani dovessero somigliare a De Mita parlare di novità meriterebbe un altro Grillo.

6. Mi sembra degno di diffusione l’appello che don Vinicio Albanesi ha rivolto ai Sindaci di Roma Torino, Bologna e Firenze:
Gentilissimi Signori, uomini di sinistra, improvvisamente, vi siete svegliati attivandovi perché le vostre città (città grandi)godessero di sicurezza.
Vi siete accorti dei lavavetri, della micro e macro criminalità, dell’immigrazione clandestina, delle vendite abusive, della prostituzione e avete deciso di dire basta, invocando il rispetto delle regole.
Gli abitanti delle vostre città hanno detto: finalmente, era ora. Non avendo altri strumenti avete invocato la legge penale, pensando di fare cosa giusta.
Il lato debole delle vostre recenti iniziative è il doppio passo che usate costantemente nei confronti dei cittadini che amministrate. Voi non invocate sempre legalità, ma sopportate molte illegalità sul vostro territorio, quando esse sono a beneficio degli abitanti "doc”: abusivismo nell"edilizia, nel commercio, nella pubblicità, nell’uso dei beni pubblici, nell’accoglienza etc.
Non controllate, come dite, il vostro territorio, ma sopportate (e alimentate) una diffusa legale illegalità. Siete molto prudenti o assenti nei confronti dei ceti che contano: diventate severi se i livelli di illegalità “disturbano” l’equilibrio dell’illegalità nostrana.
Le vostre città vivono e prosperano con l’apporto degli stranieri, italiani e non. Siete stati assenti nel garantire il rispetto delle regole per gli studenti fuori sede, per gli immigrati lavoratori, per i turisti, per le prostitute di infimo bordo.
Come sempre accade non avete iniziato dalla testa, ma dalla coda. Era più semplice sforbiciare gli estremi. Con le vostre iniziative vi ponete nell’antica tradizione della tutela dei benestanti: avrete consensi e il pensiero unico vi accompagnerà per le prossime amministrazioni.
Abbiate almeno il buon senso di non invocare giustizia, ma il diritto dei più a non essere disturbati. Così il prezzo della bottiglietta di acqua delle vostre città continuerà a salire nel prezzo; come il posto letto per lo studente fuori sede. Il costo dei parcheggi andrà alle stelle e le multe ingrasseranno le casse municipali. Gli immigrati lavoratori continueranno a vivere nelle stamberghe abbandonate e le prostitute povere avranno, finalmente, strade tutte loro. E se sono minorenni, pazienza.
Non occorreva essere geni per capire che i grandi movimenti di popolazioni avrebbero trascinato anche irregolari e delinquenti: avete invocato il libero mercato, lamentandovi poi delle sue distorsioni. Non si tratta di ingenuità,ma di furbizia. Non è esattamente la politica sociale che sognavamo: ma ogni sogno invoca speranza e a questa continuiamo ad appellarci.

Cari saluti


Ettore Masina



Note

[1]Non si può mai sapere con queste armi in mano/ E a volte può essere il diavolo a caricarle.



Venerdì, 14 settembre 2007