ABORTO
Pena di morte e aborto non possono essere accomunati

di Agenzia NEV del 3-1-2008

Letizia Tomassone, vice presidente della Federazione delle chiese evangeliche,
risponde alla provocazione lanciata da Giuliano Ferrara su “Il Foglio”

“La libertà individuale, riconosciuta e considerata oggi in Occidente come il fondamento del diritto civile, fa parte della costruzione della dignità femminile”


Roma, 3 gennaio 2008 (NEV-CS02) - “L’autonomia riproduttiva delle donne è uno dei diritti umani fondamentali. Non si possono obbligare le donne ad avere figli o a portare avanti gravidanze indesiderate”. Lo ha dichiarato oggi la pastora Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). I protestanti italiani entrano così nel dibattito sull’aborto infuocatosi in seguito alla provocazione lanciata dal quotidiano “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, che ha chiesto una "moratoria dell’aborto", prendendo spunto dalla risoluzione per la moratoria della pena di morte votata il mese scorso dall’Assemblea generale dell’ONU su iniziativa del governo italiano.
“Un figlio, una figlia - prosegue la vice presidente della FCEI -, sono iscritti nel desiderio della madre che disegna con la creatura concepita una relazione densa di significato e di vita. Quando questo non avviene, perché il concepimento è frutto di violenza o di frettolosa superficialità ed errore, la donna deve essere messa in grado di interrompere la gravidanza. Fino a quel momento sono infatti in gioco la responsabilità e la libertà che lei ha sviluppato nella sua vita. Per questo il senso di libertà individuale, che è riconosciuto e considerato oggi in Occidente come il fondamento del diritto civile, fa parte della costruzione della dignità femminile. La donna non è un puro contenitore di vita concepita altrove. E’ un soggetto libero che crea relazione con questa vita. Negare che l’interruzione di gravidanza si inserisca in questo processo relazionale significa riportare le donne a un obbligo biologico che non ci appartiene più”.
Per la pastora Tomassone non è concepibile accomunare aborto e pena di morte, come invece proposto da Giuliano Ferrara: “Abolire la pena di morte significa riaprire le possibilità di relazioni umane per gli ex condannati. Riammetterli in quel circuito di comunicazioni in cui la vita non è pura biologia, ma capacità e libertà di decisione. Così anche leggi come la 194, che riconoscono la capacità e la libertà decisionale delle donne, affermano la centralità della relazione. In questa riapertura del dibattito sulla 194 una cosa sola è importante: che si fermi l’attenzione su una educazione libera e critica degli adolescenti e, in modo diverso, delle donne e uomini immigrati, sulla sessualità e sulla decisione di avere figli e figlie”.



Venerdì, 04 gennaio 2008