Rassegna stampa 18 novembre 2007

di José F. Padova

Non mi sembra che i nostri media si occupino molto e a fondo dei profondi cambiamenti in atto nell’America Latina. In Ecuador il governo sta avviando una riforma dello Stato e dei suoi rapporti economici, interni e con l’estero, che merita di essere seguita con attenzione. Dall’articolo di Le Monde Diplomatique circa quella situazione cito qui sotto un passo significativo, che trova conferma in un articolo apparso il 15 novembre sul quotidiano di Quito "Hoy", riportato in calce per chi volesse affrontare uno spagnolo abbastanza facile (non ho avuto tempo di tradurlo).

MALGRADO L’OSTILITÀ DELLA DESTRA, DELLE BANCHE, DEI MEDIA, DEGLI STATI UNITI …
Campo libero per trasformare l’Ecuador
Le Monde Diplomatique, novembre 2007
......................Non è quindi difficile confondere libertà d’espressione e libertà d’impresa. «La classe sociale formata da un centinaio di famiglie, la stessa che ha tenuto le redini del potere, afferma Arellano, ha fabbricato l’opinione pubblica e generato una sorta di filosofia sociale a suo favore, perché possedeva i mezzi d’informazione più grandi».
«La democrazia è buona, precisa il presidente, fino al giorno in cui gli interessi del settore oligarchico sono minacciati. Fino al giorno in cui un governo pretende di ridistribuire le ricchezze della nazione. In quel momento l’aggressività della stampa si risveglia. Quindi, anche se i grandi mezzi di comunicazione di massa e i loro giornalisti non sono responsabili dei mali del Paese, vi contribuiscono seriamente». Per quanto lo riguarda, Santillàn «sa» che l’ambasciata americana a Quito agisce, con discrezione, ma agisce. «Essa entra sempre più in combutta con i grandi media. Che ne sono estasiati. Non manca più molto perché la campagna di demonizzazione del presidente divenga massiccia. È un primo passo verso il tentativo di destabilizzazione».
L’attuale determinazione del governo ecuadoriano rientra, dal punto di vista di Washington, nella categoria dell’insubordinazione. «Noi speriamo che gli Stati Uniti, ma anche l’Unione Europea o qualunque altra nazione ci rispettino, dichiara con fermezza Correa, e che nessuno tenterà di dettarci le politiche che dobbiamo seguire né di realizzare qualsiasi tipo d’intervento»...................

J.F.Padova



Domenica, 18 novembre 2007