Stampa estera
Rassegna stampa del 5 settembre

di José F. Padova

Ma come, altri due articoli su Palestina e Israele? Molti hanno sproloquiato molto sul tema, la navigazione di superficie è d’obbligo, specialmente per i "politici" politicanti. "Le Monde Diplomatique" ha pubblicato questi due articoli, speculari e spregiudicati. La lettura può chiarire dubbi e rompere preconcetti, anche se lascia alquanto desolati. Per me è valsa la pena e la fatica di tradurli.

Come l’occupazione ha trasformato Israele
Le Monde Diplomatique, n. 639, giugno 2007
 In quarant’anni Israele è passato dai kibbutz collettivisti a un’economia capitalista globalizzata e da una società relativamente ugualitaria a una delle più disuguali dell’Occidente. Tutte queste evoluzioni hanno le radici nell’occupazione dei territori palestinesi e risalgono quindi alla guerra del 1967. tanto più che la smagliante vittoria riportata allora non ha impedito lo scatenarsi di sei nuovi conflitti che non si sono conclusi a favore del Paese…
di Meron Rapoport, giornalista del quotidiano Haaretz, Tel-Aviv (traduzione dal francese di José F. Padova)
 Talvolta la nostra memoria ci inganna: mentre quarant’anni ci separano dalla guerra dei sei giorni, a una parte degli israeliani piace credere che il periodo prima del 1967 fosse un’età dell’oro, il nostro paradiso perduto. E che Israele, prima del 1967, fosse una società a misura d’uomo e giusta, nella quale i valori del lavoro, dell’umiltà e della solidarietà prevalevano sull’avidità e l’egoismo, nella quale tutti si conoscevano e soprattutto nessuno occupava territori.
 Molto evidentemente si tratta di una pura illusione. Nel 1966, ultimo anno prima dell’occupazione, la disoccupazione aveva raggiunto il tasso record del 10%, l’economia soffriva di una forte recessione e, per la prima volta nella storia del Paese, lo lasciarono molti più israeliani di quanti immigranti vi si stabilirono. Per soprappiù, in quell’anno, i quattrocentomila arabi israeliani che non avevano abbandonato i loro villaggi durante la guerra del 1948 si videro liberare dal «governo militare» (1). La loro situazione non rimase per questo meno critica, poiché le loro terre venivano progressivamente confiscate per la costruzioni di nuovi agglomerati ebrei.
 A partire dalla Guerra dei sei giorni Israele fu considerato come una superpotenza militare regionale, finanche internazionale. Ciò che .................


Come il mondo intero ha seppellito la Palestina
Al di là degli scontri fra Hamas e Fatah
di Alain Gresh - Le Monde Diplomatique, luglio 2007, pag. 10 (traduzione dal francese di José F. Padova)
 Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno ripreso gli aiuti all’Autorità palestinese dopo l’estromissione di Hamas, vincitore delle elezioni di gennaio 2006. Tuttavia il problema-chiave resta quello postosi dopo l’insabbiamento del processo di Oslo: Israele è pronto a ritirarsi da tutti i territori occupati nel 1967 e a permettere la formazione di uno Stato palestinese indipendente? La condiscendenza da una dozzina d’anni della «comunità internazionale» verso lo Stato israeliano lascia poco spazio all’ottimismo.
 Bisogna salvare il presidente Mahmud Abbas! All’unanimità la «comunità internazionale» lo proclama alto e forte. E avanza audaci proposte: sbloccare l’aiuto all’Autorità palestinese; alleviare le sofferenze della popolazione civile; aprire negoziati per rafforzare i «moderati» palestinesi. Perfino Ehud Olmert scopre all’improvviso in M. Abbas un «partner» per la pace. Sordi per anni alle opprimenti notizie ufficiali [rapporti, relazioni, studi…] circa la situazione della Cisgiordania e di Gaza pubblicate da istituzioni tanto diverse fra loro come lo sono la Banca Mondiale, Amnesty International o l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Casa Bianca e Unione Europea sarebbero finalmente uscite dal loro profondo letargo?
 Questo risveglio repentino è stato suscitato dalla vittoria senza appello di Hamas a Gaza. Eppure né gli Stati Uniti né Israele avevano lesinato..........

José F. Padova



Giovedì, 06 settembre 2007