Intervista al padre Pedro Ruquoy

Spazio insulare / Santo Domingo, 1 ottobre 2007


Pubblicato da Steven Gehy 
(traduzione dallo spagnolo di José F. Padova)


http://petitionvillehaiti.blogspot.com/

È stato portato fuori dalla Repubblica Dominicana sotto serie minacce di morte. Oggi si trova nello Zambia, nell’estremo sud africano, ma questa circostanza non gli ha impedito di continuare a difendere gli immigrati haitiani che lavorano nell’industria zuccheriera dominicana.
Espacio Insular pubblica in esclusiva per i suoi lettori un’intervista realizzata dal nostro collega José Ernesto Mendez al padre Pedro Ruquoy, sacerdote cattolico di origine belga, che è emerso su piani mondiale con le sue denunce.
Nell’intervista il missionario rivela dettagli del traffico illegale di persone attraverso la frontiera Padre Pedro Ruquoy

haitiano-dominicana, una denuncia che coinvolge militari e funzionari e chiama alla unità della classe operaia haitiana e dominicana per cambiare la situazione di miseria nell’isola.

Il fatto di trovarsi in piena selva africana, nel sud del Continente Nero, non Le ha impedito di partecipare a forum come quelli di Parigi e Montreal. Che cosa vuole ottenere?

La verità è che il mondo è molto piccolo. Più viaggio, più mi rendo conto che siamo come un popolo piccolo e con reciproche relazioni, nel quale la povertà ha le medesime radici. La miseria che patiscono coloro che vivono nei batey della Repubblica Dominicana ha le medesime cause delle carenze che affliggono i contadini dello Zambia: la sete di denaro di un pugno di persone! D’altro canto, dopo aver vissuto nei batey per tanti anni, ho la responsabilità di gridare al mondo come soffrono i tagliatori di canna e i loro discendenti e chi sono i responsabili di queste sofferenze. I padroni dello zucchero pensarono che allontanandomi dalla Repubblica Domenicana mi avrebbero fatto tacere. Ma si sbagliarono. Adesso la mia voce ha più autorità e più efficacia. Ai proprietari dei macchinari, a coloro che pretendono di presentarmi come nemico del popolo dominicano, do più fastidio stando fuori che dentro.

Non teme che questo atteggiamento La metta al margine di sentimenti, desideri e aspirazioni del popolo dominicano?

questo non accadrà. Il dominicano è profondamente solidale e sa che la situazione che gli immigrati haitiani patiscono nei batey è ingiusta e che deve cambiare. Come pure deve cambiare la situazione di miseria che soffre la grande maggioranza del popolo dominicano, un popolo nobile e lottatore. Questa è la mia lotta, una campagna permanente contro i Vicini, i Fanjul, i Rampollo e gli altri imprenditori sfruttatori che si impossessano di grandi estensioni di terreno pubblico e si approfittano della povertà degli haitiani e dei dominicani per metterli a lavorare con salari da miseria. Essi stessi e i loro media manipolano le informazioni e vogliono presentarmi come nemico dei dominicani. Le ricordo che i Vicini non sono dominicani. Sono italiani. Non dimentichiamo che Trujillo non nazionalizzò le loro aziende perché erano alleati del dittatore Mussolini, uno dei tiranni più sanguinari della storia.

Mentre viveva nei batey, quali fatti o situazioni la spinsero a capire che viveva fra schiavi?

il traffico di esseri umani è un elemento centarle della schiavitù. Ho visitato i mercati di mano d’opera ai punti di frontiera di Aguacata, el Languito e Jimani Viejo. Conosco i militari dominicani coinvolti nel commercio di haitiani. E anche i trafficanti dominicani e haitiani, i famosi “buscones”, e gli impiegati dell’Immigrazione, che pure fanno parte di questo lucrativo affare. Sappia che battelli negrieri partivano da Cabo Haitiano pieni di braccianti destinati al Central Romana. Le posso assicurare che è una pratica precipua della schiavitù: senza contratto definito, senza un salario chiaramente stabilito, trasportati come animali e senza diritto alla protesta. Abbiamo scoperto che di 850 immigranti con i quali ho parlato, più di 300 avevano ricevuto frustate durante il trasporto verso la Repubblica Dominicana. Mi dica Lei se questa non è schiavitù.

Per quale motivo, secondo Lei, il Governo dominicano tollera questa situazione?

Perché nella Repubblica Dominicana i baroni dello zuccherohanno potere non soltanto economico, ma anche politico, e molto. Le racconto un aneddoto: poco prima che il mio Superiore prendesse la decisione di togliermi dal Paese, a causa delle minacce ricevute, il presidente Lionel Fernandez inviò un emissario per dirmi che il suo governo non desiderava la mia partenza. Allora chiesi all’emissario se potevano garantire la mia sicurezza e frenare l’aggressività dei padroni delle fabbriche. L’emissario mi rispose di no. Questo mi fece capire che i despoti dello zucchero hanno troppo potere.

Che cosa propone per porre termine al traffico di persone attraverso la frontiera dominicana?

primo, che si applichi la legge. Qualche anno fa pubblicammo l’elenco dei buscones [ndt.: traducibile con “passatore”] sulle due parti dell’isola, ma le autorità non fcero alcunché. Secondo, che la contrattazione dei lavoratoti haitiani diventi regolata dagli organismi ufficiali di entrambi i Paesi, rispettando i Diritti Umani e stabilendo con chiarezza le condizioni di lavoro e lo stato di questi immigranti.

Che cosa propone per migliorare le condizioni di vita nei batey?

la cosa più importante è la questione dello stato legale degli abitanti dei batey, che sono soprattutto dominicani con ascendenti haitiani. Questa gente è considerata come haitiani senza documenti, senza diritti. Bisogna applicare l’articolo 14 della Costituzione e riconoscere tutta questa gente per quello che è, dominicani con pienezza dei diritti. Ormai le autorità dominicane devono essere consapevoli che i batey sono parte della Repubblica Dominicana e che pertanto devono figurare nei piani di sviluppo del Paese.

Crede che questa situazione di sfruttamento lavorativo nei batey comporti una sorta di sfida per la classe lavoratrice dominicana e per le sue organizzazioni?

Anche se abbiamo detto che i lavoratori della canna vivono in condizioni vicine alla schiavitù, è certo che sono vittime del sistema capitalista, sono operai super-sfruttati. E gli unici che possono cambiare questa situazione sono i lavoratori stessi attraverso un ampio movimento, forte e ben organizzato, che possa contare sull’appoggio di gran parte dei settori sociali del Paese e sulla solidarietà internazionale. Mentre la lotta nei batey continua a essere isolata dal resto della lotta del popolo dominicno per il proprio miglioramento, il movimento continuerà a essere debole. L’unità di tutti i lavoratori è la chiave per ottenere il cambiamento. Questa è la sfida del movimento sindacale e popolare dominicano, integrare i lavoratori dei batey nei propri piani di lotta.

Quale sarà il prossimo passo dopo il successo ottenuto a Parigi e Montreal?

“Schiavi in paradiso” andrà prossimamente a Berlino, poi a Port-au-Prince, Bruxelles e alle Gufane. Sono gli impegni presenti ora.

N.d.t.: il reportage di Céline Anaya Gautier “Esclaves au paradis - Projet international sur l’esclavage contemporaine” [Schiavi in paradiso – Progetto internazionale sulla schiavitù contemporanea] è reperibile su http://www.sucre-ethique.org/IMG/pdf/EAP.pdf . Anche chi non conosce il francese potrebbe salvare il file .pdf sul proprio PC e guardare con calma le fotografie, già per loro conto estremamente significative. Se mi sarà possibile tradurrò anche il testo.

Testo originale:

1 DE OCTUBRE DE 2007
http://petionvillehaiti.blogspot.com/
Entrevista con el Padre Pedro Ruquoy
ESPACIO INSULAR. SANTO DOMINGO, 1 DE OCTUBRE DEL 2007.- Fue sacado de la República Dominicana bajo serias amenazas de muerte. Hoy se encuentra en Zambia, en el lejano sur africano, pero esta circunstancia no le ha impedido seguir defendiendo a los inmigrantes haitianos que trabajan en la industria azucarera dominicana. Espacio Insular publica en exclusiva para sus lectores una entrevista realizada por nuestro compañero José Ernesto Méndez al padre Pedro Ruquoy, sacerdote católico de origen belga que ha saltado a la esfera mundial con sus denuncias.


En la entrevista, el misionero revela detalles del tráfico ilegal de personas a través de la frontera dominico-haitiana, un entremado que involucra a militares y funcionarios. Llama a la unidad de la clase trabajadora haitiana y dominicana para cambiar la situación de miseria en la isla.

El hecho de encontrarse en plena selva africana, en el Sur del Continente Negro, no le ha impedido participar en foros como París y Montreal. ¿Qué pretende lograr?


La verdad es que el mundo es muy pequeño. Mientras más viajo, más me doy cuenta de que somos como un pueblo pequeño e interrelacionado, donde la pobreza tiene las mismas raíces. La miseria que padecen los que viven en los bateyes de República Dominicana tiene las mismas causas que las penurias que padecen los campesinos de Zambia: la sed de dinero de un puñito de gente! Por otro lado, después de haber vivido en los bateyes durante tantos años, tengo la responsabilidad de gritar al mundo cómo sufren los picadores de caña y sus descendientes y quiénes son los responsables de esos sufrimientos. Los amos del azúcar pensaron que al sacarme de República Dominicana iban a callarme. Pero se equivocaron. Ahora mi voz tiene más autoridad y más poder. A los dueños de los ingenios, esos que pretenden presentarme como enemigo del pueblo dominicano, les molesto más estando fuera que dentro.

-No teme Usted que esa actitud le coloque al margen de los sentimientos, deseos y aspiraciones del pueblo dominicano?

Eso no va a suceder. El dominicano es profundamente solidario y sabe que la situación que padecen los inmigrantes haitianos en los bateyes es injusta y que debe cambiar. Como también debe cambiar la situación de miseria que padecen grandes mayorías del pueblo dominicano, un pueblo noble y luchador. Esa es mi lucha, una campaña permanente contra los Vicini, los Fanjul, los Campollo y los demás empresarios explotadores que usurpan grandes cantidades de terreno público y se aprovechan de la pobreza de los haitianos y de los dominicanos para ponerlos a trabajar por salarios de miseria. Ellos mismos y sus medios de prensa manipulan las informaciones y pretenden presentarme como enemigo de los dominicanos. Les recuerdo que los Vicini no son dominicanos. Son italianos. No olvidemos que Trujillo no nacionalizó sus empresas porque estos eran aliados del dictador Musolini, uno de los tiranos más sanguinarios de la historia.

-Mientras residía Usted en los bateyes, cuáles hechos o situaciones le llevaron a entender que vivía entre esclavos?


El tráfico de seres humanos es un elemento central de la esclavitud. Visité los mercados de mano de obra en los puntos fronterizos del Aguacate, el Manguito y Jimaní Viejo. Conozco a los militares dominicanos involucrados en la contratación de haitianos. También a los traficantes dominicanos y haitianos, los famosos “buscones”, y a los empleados de migración que intervienen en este lucrativo negocio. Supe de los barcos negreros que salían de Cabo Haitiano repletos de braceros destinados al Central Romana. Les puedo asegurar que es una práctica propia de la esclavitud: sin contrato definido, sin salario claramente establecido, transportados como animales y sin derecho a reclamar. Descubrimos que de 850 inmigrantes con quienes hablé, más de 300 habían recibido latigazos durante su transportación a República Dominicana. Dígame Usted si eso no es esclavitud.

-Por qué cree que el Gobierno dominicano tolera esa situación?

Porque en República Dominicana los barones del azúcar no solo tienen el poder económico sino también mucho poder político. Les cuento una anécdota: poco antes de que mi superior tomara la decisión de retirarme del país, por causa de las amenazas recibidas, el Presidente Leonel Fernández envió un emisario a decirme que su gobierno no deseaba mi salida. Entonces, pregunte al emisario si podían garantizar mi seguridad y frenar la agresividad de los dueños de los Ingenios. El emisario me respondió que no. Esto me hizo entender que los amos del azúcar tienen demasiado poder.

Qué propone para acabar con el tráfico de personas a través de la frontera dominicana?

Primero, que se aplique la ley. Hace unos años publicamos la lista de los buscones en ambos lados de la isla, pero las autoridades no hicieron nada. Segundo, que la contratación de trabajadores haitianos pase a ser regulada por organismos oficiales de ambos países respetando los Derechos Humanos y dejando claramente establecidas las condiciones laborales, así como el estatus de estos inmigrantes.

Qué propone para mejorar las condiciones de vida en los bateyes?

Lo más importante es la cuestión de la legalidad de los habitantes de los bateyes que son sobre todo dominicanos de ascendencia haitiana. Esa gente es considerada como haitianos sin documento, sin derecho. Hay que aplicar el artículo 14 de la Constitución y reconocer a toda esa gente como lo que son, dominicanos de pleno derecho. Además, las autoridades dominicanas deben ser conscientes de que los bateyes son parte de la Republica Dominicana y que, por tanto, deben figurar en los planes de desarrollo del país.

Cree que esa situación de explotación laboral en los bateyes plantea algún desafío para la clase trabajadora dominicana y sus organizaciones?

Si bien decimos que los trabajadores de la caña viven en condiciones cercanas a la esclavitud, lo cierto es que son víctimas del sistema capitalista, son obreros sobre-explotados. Y los únicos que pueden cambiar esa situación son los propios trabajadores a través de un amplio movimiento, potente y bien organizado, que cuente con el apoyo de los demás sectores sociales del país y con la solidaridad internacional. Mientras la lucha en los bateyes siga estando aislada del resto de la lucha del pueblo dominicano por su mejoría, el movimiento seguirá estando débil. La unidad de todos los trabajadores es la clave para lograr el cambio. Ese es el desafío del movimiento sindical y popular dominicano, integrar a los trabajadores de los bateyes en sus planes de lucha.

Cuál será el próximo paso después del éxito logrado en París y Montreal?

“Esclavos en el Paraíso” irá próximamente a Berlín, luego a Puerto Príncipe, Bruselas y Guyanas. Son los compromisos que hay en estos momentos.
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Sabato, 27 settembre 2008