Il texano maestro del coro [maître-chanteur significa anche: ricattatore]
Il presidente americano Bush vuole aprire nei Balcani il primo fronte della nuova guerra fredda - gli Europei devono decidersi

di Jürgen Elsässer, Berlino (traduzione dal francese di José F. Padova)

30 giugno 2007
http://www.horizons-et-debats.ch/index.php?id=230

«Da dove vengono questi Albanesi?» chiese Otto von Bismarck, il primo Cancelliere tedesco, durante la Conferenza sui Balcani nel 1878 a Berlino. «Siamo una piccola mosca che farà venire il mal di stomaco al mondo intero» rispose il diplomatico turco-albanese Abdullah Fraseri. Come si sa, i fatti non si sono svolti esattamente così, ma in maniera simile: non gli Albanesi, ma una vicina [ex] provincia dell’Impero ottomano fu all’origine dello scoppio della Prima guerra mondiale. Nel 1878 la Germania e le altre Grandi Potenze avevano trovato una formula di compromesso che stabiliva un nuovo ordine nella parte sud dell’Europa orientale: la Bosnia doveva restare giuridicamente turca ma essere in pratica amministrata dagli Austriaci. Nel 1908 Vienna ruppe questo contratto e annesse la provincia anche sotto l’aspetto giuridico. Per vendetta l’erede al trono, Francesco Ferdinando, fu assassinato a Sarajevo nel 1914.
All’incirca cent’anni dopo le Potenze della NATO tentarono la medesima cosa con una formula di compromesso abbastanza simile: nel 1999, dopo la loro guerra offensiva contro al Jugoslavia, imposero al Consiglio di Sicurezza la Risoluzione 1244, che giuridicamente lascia il Kosovo allo Stato slavo del Sud [ndt.: jugo in serbo-croato significa meridionale] – la Serbia, ma in pratica lo sottopone all’amministrazione delle Nazioni Unite.
In seguito e tuttavia le Potenze occidentali approvarono la completa autonomia della provincia e la sua attribuzione, controllata dall’Unione Europea, alla popolazione albanese maggioritaria. Ciò sarebbe possibile per il Diritto internazionale nella misura in cui o Belgrado acconsente o il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approva una simile soluzione. Se nessuna delle due condizioni è applicata, il Kosovo non può dichiararsi Stato indipendente se non unilateralmente, vale a dire con un atto arbitrario e illegale. Si tratta proprio di quello che il presidente americano Gorge W. Bush ha proposto la domenica successiva al summit del G8, in occasione della sua visita di Stato a Tirana. Non ci devono «essere negoziati senza fine su un argomento circa il quale ci siamo già formati un’opinione ». E poi: «Si deve dire – e prima sarà meglio sarà – che ne abbiamo abbastanza. Il Kosovo è indipendente».
Quello che vi è di singolare in questa spinta verso l’avanti del Texano è il fatto che tutto si è svolto senza appoggio. A Heiligendamm non si presentata altra immagine che quella definita durante i negoziati al Consiglio di Sicurezza nelle settimane precedenti: le Grandi potenze litigano. Il Presidente russo rifiuta nettamente un’autonomia del Kosovo contro la volontà della Serbia, perché ciò sarebbe un esempio per altri conflitti simili. Queste considerazioni sono condivise da parte di qualche Stato dell’Unione Europea che ha al suo interno problemi di minoranze al limite dell’incendio – la Spagna, la Slovenia, la Grecia. Il fatto che al vertice del G8 il nuovo presidente francese si sia opposto allo stesso modo a queste idee deve essere stato particolarmente scioccante per Bush. Nicolas Sarkozy, che i suoi amici come anche gli avversari andavano dicendo disposto a formare una coalizione con gli USA ha messo in gioco una moratoria di sei mesi per il Kosovo e inoltre ha proposto nuove possibili soluzioni. In questo modo egli ha nuovamente rotto un tabù. Finora i Grandi della NATO si mantenevano tutti senza eccezioni sul piano di secessione del negoziatore finlandese delle Nazioni Unite, Martti Ahtisaari. A Heiligendamm si è finito senza consenso sulla questione dei Balcani. Il giorno dopo Vladimir Putin a S. Pietroburgo ha assicurato il capo del governo serbo Vojislav Kostunica che sarebbe rimasto fermo al suo «niet» per quanto riguarda l’indipendenza del Kosovo. Appena 24 ore dopo Bush atterrava a Tirana.
Le parole del presidente degli Stati Uniti provocheranno una reazione a catena: se Bush non mette in esecuzione la sua dichiarazione e se il nuovo Stato del Kosovo non viene proclamato nei prossimi mesi, gli Albanesi accuseranno gli Stati Uniti di tradimento. In collera metteranno a fuoco il Campo dei Merli [ndt.: storica località della sconfitta serba da parte degli ottomani nel 1389] e, contrariamente a quello che hanno fatto sinora, non se la prenderanno soltanto con i Serbi e gli Zingari, ma anche con i soldati della NATO e in particolare con gli americani.
È più probabile che Bush terrà fede alla sua parola. Gli europei dovranno allora rinunciare alla loro politica dell’altalena – dire sì all’America senza dire no alla Russia – e prendere posizione: vogliono violare il Diritto internazionale insieme al Texano o difenderlo con i Moscoviti? Costringere senza indugi l’Europa a una decisione che porta verso una nuova guerra fredda – e non soltanto fra qualche anno, quando il posizionamento dei missili americani in Polonia e Repubblica Ceca sarà compiuto – deve essere stato lo scopo, calcolato, della proposta avanzata da Bush a Tirana.

Testo originale:

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30 juin 2007

Le maître-chanteur texan
Le président américain Bush veut ouvrir dans les Balkans le premier front de la nouvelle guerre froide – les Européens doivent se décider
par Jürgen Elsässer, Berlin
http://www.horizons-et-debats.ch/index.php?id=230
«D’où viennent donc ces Albanais?» demanda Otto von Bismarck, le premier chancelier allemand lors de la conférence sur les Balkans à Berlin en 1878. «Nous sommes une petite mouche qui tournera l’estomac au monde entier», répondit le diplomate turco-albanais, Abdullah Fraseri. Comme on le sait, cela ne s’est pas passé exactement ainsi, mais de manière semblable: non pas les Albanais, mais bien une province voisine de l’empire ottoman fut à l’origine de l’embrasement de la Première Guerre mondiale. En 1878 l’Allemagne et les autres grandes puissances avaient trouvé une formule de compromis établissant un nouvel ordre en Europe orientale du sud: la Bosnie devait rester juridiquement turque mais être en pratique administrée par les Autrichiens. En 1908, Vienne rompit ce contrat et annexa la province également du point de vue juridique. Par vengeance, l’héritier du trône, Franz Ferdinand, fut assassiné en 1914 à Sarajevo.
Environ cent ans après, les puissances de l’OTAN tentèrent la même chose avec une formule de compromis semblable: après leur guerre offensive contre la Yougoslavie en 1999, ils imposèrent au Conseil de sécurité la Résolution 1244 qui laisse juridiquement le Kosovo à l’Etat slave du sud, mais le soumet en pratique à l’administration des Nations-Unies.
Par la suite, les puissances occidentales approuvèrent pourtant l’autonomie complète de la province et son attribution, contrôlée par l’UE, à la population albanaise majoritaire. Cela serait possible selon le Droit international dans la mesure où soit Belgrade y consent, soit au moins le Conseil de sécurité des Nations-Unies approuve une telle solution. Si aucune des deux conditions n’est remplie, le Kosovo ne peut qu’unilatéralement, c’est-à-dire par un acte arbitraire illégal se déclarer Etat indépendant. C’est exactement ce que le président américain George W. Bush a proposé le dimanche après le sommet des
G-8 lors de sa visite d’Etat à Tirana. Il ne doit «pas y avoir de négociations sans fin sur un sujet sur lequel nous nous sommes déjà formé une opinion.» Et plus loin: «On doit dire – et le plus tôt sera le mieux – assez c’est assez. Le Kosovo est indépendant.»
Ce qu’il y a de particulier dans cette poussée en avant du Texan, c’est que cela s’est déroulé sans soutien. A Heiligendamm, on n’a pas présenté d’autre image que lors des négociations au Conseil de sécurité dans les semaines précédentes: les grandes puissances se querellent. Le président russe refuse strictement une autonomie du Kosovo contre la volonté de la Serbie, parce que cela donnerait l’exemple pour d’autres conflits semblables. Ces considérations sont partagées par quelques Etats de l’UE avec des problèmes de minorités au bord de l’embrasement – l’Espagne, la Slovénie, la Grèce. Le fait que lors du sommet du G-8, le nouveau président français se soit également opposé à ces conceptions a dû être particulièrement choquant pour Bush. Nicolas Sarkozy, que ses amis autant que ses adversaires disaient disposé à former une coalition avec les USA, laissa entrer en jeu un moratoire de six mois pour le Kosovo et proposa en outre de nouvelles solutions possibles. Il a ainsi brisé de nouveau un tabou. Jusqu’à présent, les grands de l’OTAN se tenaient tous sans exception derrière le plan de sécession du négociateur finlandais des Nations-Unies, Martti Ahtisaari. Heiligendamm se termina sans consensus sur la question des Balkans. Le lendemain, Vladimir Poutine assura au chef du gouvernement serbe Vojislav Kostunica à Petersbourg, qu’il restera sur son «Njet» en ce qui concerne l’indépendance du Kosovo. A peine 24 heures plus tard, Bush atterrit à Tirana.
Les paroles du président des Etats-Unis vont provoquer une réaction en chaîne: si Bush ne réalise pas sa déclaration et si le nouveau Etat du Kosovo n’est pas proclamé dans les prochains mois, les Albanais accuseront les Etats-Unis de trahison. En colère, ils mettront le feu au Champs des Merles et contrairement à jusqu’à maintenant, ils ne s’en prendront pas seulement aux Serbes et aux Tsiganes, mais également aux soldats de l’OTAN et particulièrement aux Américains.
Ce qui est plus probable, c’est que Bush tiendra parole. Les Européens devront alors renoncer à leur politique de balançoire – dire oui à l’Amérique sans dire non à la Russie – et se positionner: veulent-ils violer le Droit international avec le Texan ou le défendre avec les Moscovites? Contraindre sans délai l’Europe à une décision menant vers une nouvelle guerre froide – et pas seulement dans quelques années, quand le stationnement des missiles américains en Pologne et en République Tchèque sera prêt – tel doit avoir été le but calculé de la proposition avancée par Bush à Tirana.    

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Lunedì, 07 gennaio 2008