Impunità all’italiana

di Geraldina Colotti *

(traduzione dal francese di José F. Padova)


*(giornalista del quotidiano il manifesto, Roma. Dirige l’edizione italiana di Le Monde Diplomatique
www.monde-diplomatique.it).

Le Monde Diplomatique, Paris - Lettera da Roma, venerdì 27 giugno 2008

«Non si giudica la lotta di classe», diceva un vecchio slogan degli anni ’70. si potrebbe affermare, nello stesso modo, «non si giudica la lotta di… casta», mentre si osservano le scelte di sicurezza pubblica e liberticide del governo italiano. Dal decreto «salva Berlusconi» alle nuove norme sulle prigioni, i Rom e gli emigranti, ecco in effetti una vera e propria svolta a favore di un blocco di potere che «Non si giudica Berlusconi» ripete da parte sua all’unisono la coalizione del Popolo della libertà, invocando il massiccio voto che in aprile le ha fornito una solida maggioranza parlamentare.

Sottinteso: se gli italiani ci hanno eletto sapendo che noi siamo – e proprio perché siamo – quello che noi siamo, possiamo andare avanti rovesciando ancora una volta le regole democratiche. Nel caso specifico si tratta di andare verso l’impunità dei governi e verso la sospensione di alcuni processi penali significativi. In che modo? Inserendo nel «pacchetto sicurezza» sottoposto dal governo al parlamento un emendamento-sorpresa che, oltre all’annullamento di un processo che coinvolge il sig. Berlusconi in persona, potrebbe sospendere per un anno una quantità di altri processi, fra i quali quelli che possono concludersi con pene di dieci anni di detenzione…

Fra i processi sospesi figurano, a esempio, il processo detto «Oil for Food», riguardante le ‘provvigioni’ che, all’epoca di Saddam Hussein, avrebbero incassato tutta una serie di personalità, fra le quali il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, o ancora il processo per il crac della Parmalat, che mette in cauda celebri imprenditori.

Potrebbe anche «scomparire» il processo sulle violenze che la polizia ha commesso durante il vertice di Genova, nell’agosto 2001, sotto un precedente governo Berlusconi, che avevano portato in particolare alla uccisione di un giovane di 20 anni, Carlo Giuliani. La sera stessa di questo assassinio nelle caserme Diaz e Bolzaneto manifestanti indifesi avevano subito quella «macelleria messicana» sulla quale testimoniarono un poliziotto pentito e molti cineasti televisivi: poliziotti, secondini e medici penitenziari, spesso vomitando insulti e col braccio teso nel saluto fascista, li sottomisero per ore a intimidazioni, percosse e perfino torture.

Gli avvocati dei manifestanti protestano: di questi avvenimenti, definiti da Amnesty International «la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dalla fine della Seconda guerra mondiale» non resterebbe quindi altro se non le condanne dei manifestanti e l’impunità delle “forze dell’ordine”?

Da parte sua il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha evocato il rischio d’incostituzionalità del decreto «Salva Berlusconi», riferendosi particolarmente all’art. 111 della Costituzione sulla «durata ragionevole dei processi». Quanto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano – il solo titolare di un’alta funzione che non è coinvolto in un processo penale – è parso essere imbarazzato: all’origine aveva dato il suo avallo al «pacchetto sulla sicurezza» cui, nel frattempo, sono stati aggiunti elementi di gravità ancora maggiore.

In Parlamento l’opposizione ha abbracciato la posizione della magistratura. Queste forze politiche, che il sig. Berlusconi qualifica come «sinistra giustizialista», si esprimono tuttavia con accenti diversi: alcuni difendono a spada tratta gli atti di una magistratura eletta che si sostituirebbe al voto della rappresentanza politica; altri cavalcano l’ardore repressivo di coloro che, nei settori popolari, non hanno digerito gli sconti di pena accordati ai detenuti dal governo del sig. Romano Prodi, caduto a fine gennaio scorso.

In Rifondazione comunista – ormai assente dal Parlamento per non aver raggiunto, con la coalizione Arcobaleno, la soglia fatidica del 4% - la corrente del sig. Fausto Bertinotti parla di un regime di «veltrusconismo» [mescolando i nomi del leader democratico Veltroni e di quello della destra Berlusconi]. L’ex capogruppo di Rifondazione in Senato, Giovanni Russo Spena, anch’egli giurista, si richiama a Hannah Arendt e utilizza l’ossimoro «democrazia dispotica»: una democrazia di facciata che ecrca di sopprimere la garanzia della magistratura in nome della governabilità del Paese, sopprime una parte dello Stato di diritto, proprio della democrazia rappresentativa, e adotta pratiche tipiche delle democrazie presidenziali e plebiscitarie.

«Se il problema è la governabilità (e non la rappresentatività, oggi apertamente in crisi) – prosegue Russo Spena - allora ogni dirigente, anche se accusato di corruzione, deve continuare a governare tranquillamente nel nome degli interessi del Paese. Ma chiunque protesti contro una base militare o contro una discarica di rifiuti o contro il naufragio di immigrati sulle nostre coste deve essere perseguito penalmente perché mette in pericolo la sicurezza nazionale».

Questa situazione, per l’ex senatore di Rifondazione, è anche il frutto dell’abbandono da parte della sinistra del terreno della lotta sociale, della sua accettazione delle regole di un sistema capitalista giudicato inevitabile. Al contrario, aggiunge il senatore, «occorre portare il conflitto sul suo terreno e non rinchiuderlo in un recinto. È il conflitto sociale che fa progredire le buone leggi e le buone regole. Le regole di Berlusconi, al contrario, servono a proteggere lui, ma anche tutto un insieme di apparati, in nome di un “garantismo” interessato guidato dai bisogni di classe».

Ronde militari, espulsioni a catena e adesso la presa forzosa delle impronte digitali dei minori rom. Il presidente del Consiglio, mentre tuona contro il «cancro della magistratura», che gli impedisce di difendere il Paese tutelando la sicurezza dei cittadini, fa passare in secondo piano le misure repressive e anticostituzionali. Come scrive Gabriele Polo, il direttore del quotidiano il manifesto: «Bisogna riconoscere che il signor Berlusconi ha realizzato un capolavoro malefico mettendo insieme la peste e il colera: la peste delle misure di sicurezza e il colera dell’impunità personale».

Testo originale:

Lettre de Rome
Impunité à l’italienne
   http://blog.mondediplo.net/2008-06-27-Impunite-a-l-italienne

vendredi 27 juin 2008, par Geraldina Colotti
 « On ne juge pas la lutte de classe », disait un vieux slogan des années 1970. On pourrait affirmer, de la même manière, « on ne juge pas la lutte de... caste », en observant les choix sécuritaires et liberticides du gouvernement italien. Du décret « Sauve Berlusconi » aux nouvelles règles sur les prisons, les Roms et les migrants, voilà en effet un véritable tournant en faveur d’un bloc de pouvoir qui a tout d’une caste. « On ne juge pas Berlusconi », répète pour sa part d’une seule voix la coalition du Peuple de la liberté, en se réclamant du vote massif, qui lui a fourni, en avril, une solide majorité parlementaire.
Sous-entendu : si les Italiens nous ont élus en sachant qui nous sommes — et même parce que nous sommes ce que nous sommes —, nous pouvons avancer en bousculant encore une fois les règles démocratiques. Il s’agit, en l’occurrence, d’aller vers l’impunité des gouvernements et vers la suspension de quelques procès significatifs. Comment ? En introduisant dans le « paquet sécuritaire » soumis par le gouvernement au Parlement un amendement surprise qui, outre l’annulation d’un procès impliquant M. Silvio Berlusconi lui-même, pourrait suspendre bien d’autres procédures pour un an, parmi lesquelles des procès pouvant déboucher sur des peines de dix ans de prison...
Parmi les procès suspendus figurent, par exemple, le procès dit « Oil for Food », concernant les commissions qu’auraient touchées, à l’époque de Saddam Hussein, une série de personnalités, dont le gouverneur de Milan Roberto Formigoni ; ou bien encore le krach de la firme Parmalat, qui met en cause des entrepreneurs célèbres.
Pourrait aussi « disparaître » le procès des violences policières perpétrées durant le sommet de Gênes qui, en août 2001, sous un précédent gouvernement Berlusconi, avaient notamment entraîné la mort d’un jeune de 20 ans, Carlo Giuliani. Le soir même de ce meurtre, dans les casernes Diaz et Bolzaneto, des manifestants sans défense avaient subi cette « boucherie mexicaine » dont un policier repenti et plusieurs réalisateurs de télévisions témoignèrent : policiers, gardiens de prison et médecins pénitentiaires, souvent l’injure à la bouche et le bras droit tendu pour le salut fasciste, les soumirent, des heures durant, à des intimidations, des coups et même des tortures.
Et les avocats des manifestants de protester : de cet événement, défini par Amnesty international comme « la plus grave suspension des droits démocratiques dans un pays occidental depuis la seconde guerre mondiale », il ne resterait donc que les condamnations des manifestants et l’impunité des forces de l’ordre ?
Pour sa part, le Conseil supérieur de la magistrature (CSM) a évoqué le risque d’inconstitutionnalité du décret « Sauve Berlusconi », pointant notamment l’article 111 de la Constitution sur la « durée raisonnable des procès ». Quant au président de la République Gorgio Napolitano — le seul détenteur d’une haute fonction à ne pas être mis en cause dans une procédure judiciaire —, il a paru embarrassé : il avait, à l’origine, donné son aval au « paquet sécuritaire » qui, entre-temps, s’est vu adjoindre des éléments plus graves encore.
Au Parlement, l’opposition a pris le parti de la magistrature. Ces forces politiques, que M. Berlusconi qualifie de « gauche justicialiste », s’expriment toutefois avec des accents divers : certaines défendent sabre au clair les actes d’une magistrature élue se substituant au vote de la représentation politique ; d’autres chevauchent l’ardeur répressive de ceux qui, dans les secteurs populaires, n’ont pas digéré les remises de peine accordées aux détenus par le gouvernement de M. Romano Prodi, tombé à la fin janvier dernier.
Au sein de Rifondazione comunista — désormais absente du Parlement pour n’avoir pas atteint, avec la coalition Arc-en-ciel, la barre fatidique des 4 % —, le courant de M. Fausto Bertinotti parle d’un régime de « veltruconismo » [en mêlant les noms du leader démocrate Veltroni et de celui de la droite Berlusconi]. L’ex-chef du groupe de Rifondazione au Sénat Giovani Russo Spena, lui-même juriste, se réclame de Hannah Arendt et utilise l’oxymoron « démocratie despotique » : une démocratie de façade qui cherche à supprimer la garantie de la magistrature au nom de la gouvernabilité du pays, supprime une partie de l’état de droit, propre à la démocratie représentative, et adopte des pratiques typiques des démocraties présidentielles et plébiscitaires.
« Si le problème est la gouvernabilité (et non la représentativité, aujourd’hui en crise ouverte) — poursuit Russo Spena —, alors chaque dirigeant, même accusé de corruption, doit continuer à gouverner tranquillement au nom des intérêts du pays. Mais quiconque proteste contre une base militaire ou contre une décharge ou contre le naufrage d’immigrés sur nos côtes doit être poursuivi parce qu’il met en danger la sécurité nationale. »
Cette situation, pour l’ex-sénateur de Rifondazione, est aussi le fruit de l’abandon par la gauche du terrain de la lutte sociale, de son acceptation des règles d’un système capitaliste jugé indépassable. En revanche, ajoute l’ex-sénateur, « il faut mener le conflit dans ses propres lieux et non le parquer dans un enclos. C’est le conflit social qui fait progresser les bonnes lois et les bonnes règles. Les règles de Berlusconi, à l’inverse, servent à le protéger lui, mais aussi tout un ensemble d’appareils, au nom d’un “garantisme” intéressé guidé par des besoins de classe. »
Rondes militaires, expulsions en chaîne et maintenant prise forcée des empreintes digitales des mineurs roms. Tandis que le président du conseil tonne contre le « cancer de la magistrature », qui l’empêche de défendre le pays en assurant la sécurité des citoyens, il fait passer au second plan les mesures répressives et a-constitutionnelles. Comme l’écrit Gabriele Polo, le directeur du quotidien il manifesto : « Il faut reconnaître que M. Berlusconi a accompli un chef d’śuvre maléfique en réunissant la peste et le choléra : la peste des mesures sécuritaires et le choléra de l’impunité personnelle. »
* Geraldina Colotti est journaliste au quotidien il manifesto, Rome. Elle dirige l’édition italienne du Monde diplomatique www.monde-diplomatique.it.
 



Sabato, 28 giugno 2008