Stampa estera
Ratzinger vuole convertire gli ebrei

Si è messo a fare un’altra crociata


di Philip Gessler (traduzione dal tedesco di José F. Padova)

Tages Anzeiger del 19 marzo 2008
http://www.taz.de/1/leben/alltag/artikel/1/er-ist-wieder-auf-kreuzzug/?src=TE&cHash=a191f3093c

Il papa Benedetto XVI accetta una vecchia intercessione pasquale, che esorta gli ebrei alla conversione. Perché mai si accolla un tale disastro politico?

Un indomabile reazionario: Joseph Ratzinger
Il papa Benedetto XVI allunga troppo la tonaca [modo di dire = torna al tradizionale] – e adesso ci inciampa. Il Capo supremo di un miliardo e centomila cattolici, dopo aver allentato, nell’estate 2007, le severe limitazioni riguardanti l’antica messa latina, il cosiddetto rito tridentino, e in pratica averla nuovamente di fatto autorizzata, adesso con un successivo atto è andato ancora fuori strada. Associazioni e personalità ebree in tutto il mondo protestano contro una formulazione nel rito del Venerdì Santo che il papa ha imposto da poco. Il viaggio previsto del papa tedesco negli USA, dove vivono più ebrei che in Israele, è già fin d’ora fortemente compromesso. Joseph Ratzinger ha messo a punto un disastro teologico, interreligioso e politico. E venerdì la cosa diverrà evidente.
Per comprendere che cosa è successo occorre prenderla alla larga. Dal Concilio della Controriforma, a Trento nel 1570 (da cui: tridentino) tutti i fedeli della Chiesa cattolica erano obbligati a pregare per i “perfidis judaeis”, i “perfidi” o “infedeli ebrei”, che vivevano nelle “tenebre” e nell’ “accecamento”. Questa preghiera, la malfamata intercessione del Venerdì Santo, per gli studiosi dell’antisemitismo vale come nucleo centrale dell’antiebraismo cristiano, che costituiva una fonte del moderno odio antigiudaico. Infatti questa obbligatoria preghiera descriveva gli ebrei e la loro religione come deficitarii e chiedeva la loro conversione al cristianesimo.

Tutto questo è rimasto così per secoli. Soltanto dopo la guerra e l’olocausto il papa riformatore Giovanni XXIII, ancor prima del Concilio Vaticano II (1962-1965), aveva cancellato l’espressione “infedele”. Il Concilio poi aveva riformato la messa, che ora non doveva più essere detta in latino, ma nella lingua propria del Paese. Ufficialmente la Chiesa cattolica si lasciava alle spalle la sua antichissima ostilità contro gli ebrei.
Fu riformata anche la preghiera del Venerdì Santo. Dal 1970 non si parla più di “tenebre” o di “accecamento”. Al contrario si pone l’accento sul fatto che gli ebrei sono il popolo eletto da molto prima che lo fossero i cristiani: “Egli li preserva nella fedeltà al suo patto di alleanza e nell’amore per il Suo nome”, si dice nel “Missale Romanum”, nel messale dell’anno 1970. Il cerimoniale della messa latina, quella “tridentina”, con le parole vergognose “tenebre” e “accecamento” da allora è stato vietato di fatto – e permesso soltanto con un’apposita autorizzazione particolare (“indulto”) del vescovo. Fin qui tutto bene.

Ma poi è arrivato l’attuale papa Benedetto XVI. Per lui già da molto tempo si tratta di recuperare il gruppo di cattolici più reazionario: i seguaci di Lefebvre, che rifiutano la riforma apportata alla messa dal Concilio, anzi, rifiutano l’intero Concilio e per questo motivo erano stati esclusi dalla Chiesa cattolica mondiale. Per reintegrarli, durante la scorsa estate il papa promulgò l’istruzione “Summorum Pontificum”, che permetteva nuovamente la vecchia messa tridentina. Lo scritto aveva la forma di motu proprio, ovvero di formulazione che manifesta la posizione personale del papa.

Ordinario e straordinario
In questa riammissione c’erano due limitazioni: l’una era l’applicazione della messa latina con l’innovazione di Giovanni XXIII, ovvero senza la parole “infedele” riferita agli ebrei. Con l’altra il papa stabiliva che la forma “ordinaria” della messa dovesse essere quella moderna, nella lingua del Paese – e che la messa tridentina dovesse essere celebrata soltanto “straordinariamente”, se un gruppo di fedeli lo avesse espressamente richiesto. E il papa emanò, sempre nell’estate 2007, un disposizione aggiuntiva – giudicata assai vaga -, secondo la quale la messa “straordinaria” non deve essere detta nei giorni di Pasque e il Venerdì Santo. La logica: senza la vecchia messa del Venerdì Santo nessuna intercessione [per gli ebrei].

Eppure poche settimane fa, all’inizio di febbraio, il papa dispose improvvisamente una nuova versione dell’intercessione del Venerdì Santo. Questo è illogico, perché in questo giorno non ci dovrebbe essere alcuna messa del rito antico. Evidentemente le disposizioni sull’attuazione della messa in latino erano state mantenute tanto elastiche da permettere ai fans di godersi il vecchio rito anche il Venerdì Santo.
Si doveva temere questa arrendevolezza vaticana, perché naturalmente gli adepti della vecchia messa vollero celebrare una festa tanto importante come il Venerdì Santo con un servizio divino. E così il Pontefice Massimo a Roma emanò una intercessione in latino che rese tutto ancora più insidioso. La nuova formulazione della preghiera del Venerdì da parte del papa Benedetto XVI nella sua traduzione tedesca suona così: “Preghiamo per gli ebrei. Che il nostro Dio e Signore illumini i loro cuori, affinché riconoscano Gesù Cristo, il Redentore di tutti gli uomini”. In questo ductus [ndt.:
latino, letteralmente "tracciato"] si prosegue con un altro paio di frasi. Che cos’è tutto questo se non una esortazione alla conversione degli ebrei, ovvero alla “missione ebraica”?

Decisione consapevole
Infatti il papa stabilì nello stesso tempo che questa nuova forma della messa del Venerdì Santo, compresa l’ “intercessione per gli ebrei” fosse consentita soltanto agli Ordini e alle comunità simili agli Ordini – e anche solamente “nelle loro cappelle”. Tuttavia questo non tranquillizzò i critici. Infatti è chiaro che il papa ha accettato consapevolmente l’indignazione dei gruppi ebraici per placare i cattolici reazionari. Dopotutto il papa avrebbe potuto senza problemi stabilire la preghiera del Venerdì Santo anche per la messa tridentina ma nella traduzione di quella innocua e moderna dell’anno 1970. O avrebbe potuto semplicemente chiarire: il Venerdì Santo non si celebra mai l’antica messa.

Ma Ratzinger non ne vuole sapere. Già da lungo tempo egli vuole reintegrare i seguaci di Lefebvre nella Chiesa cattolica – a più non posso. La Conferenza dei vescovi tedeschi è praticamente muta. Come copertura si arrischia il “Circolo di dialogo ‘Ebrei e Cristiani’ presso il Comitato centrale dei cattolici tedeschi” (ZdK). Il Circolo di dialogo ammonisce contro la nuova preghiera: “La preghiera del Venerdì Santo per gli ebrei fino dal Medioevo aveva portato a pesanti umiliazioni e pericolosi atti di violenza contro i ‘perfidi’ e ‘ciechi’ ebrei. Questo vocabolario di tradizionale avversione per gli ebrei non compare nella nuova versione, ma la speranza che vi è formulata nella illuminazione dei cuori degli ebrei ha risvegliato antiche paure ebraiche”. Il Circolo di dialogo si mostra “deluso e turbato”, la nuova preghiera “danneggia gravemente l’accresciuta fiducia fra cattolici ed ebrei”. I credenti pregano il papa di
rettificare la sua decisione.

Ma ormai i buoi sono fuggiti dalla stalla: l’Unione italiana dei rabbini ha annunciato che il dialogo con la chiesa cattolica deve essere interrotto. In Germania il vicepresidente del Consiglio centrale ebraico, Dieter Graumann, ha chiesto che il papa deve ritirare la preghiera e davvero “possibilmente in fretta, in modo credibile e totalmente”. I presidente della Conferenza generale dei rabbini in Germania, Henry G. Brandt, definisce la preghiera come “reazionaria”. Per protesta contro l’affronto papale il rabbino Walter Homolka (Potsdam) e il pubblicista ebreo-tedesco Micha Brumlik, indipendentemente l’uno dall’altro, hanno annullato la loro partecipazione alla prossima Giornata cattolica a Osnabrück – nonostante questa sia organizzata dal ZdK e non ufficialmente dalla Chiesa. Brumlik chiede: “Il rifiuto di celebrare insieme feste religiose è il minimo che la stima di sé può offrire”.

E il papa? Tace su tutto. Benedetto XVI spedisce soltanto il cardinale di curia Walter Kasper, competente in Vaticano per il dialogo interreligioso. Il quale dapprima circa la preghiera ha parlato di malintesi – per chiarire però: “Il papa conserva la preghiera. Secondo il nostro punto di vista essa è teologicamente del tutto in ordine. Soltanto è difficile per gli ebrei accettare questo”. Così a Roma si guarda alla questione in modo semplicistico.
O così stupido.

Testo originale:

TagesAnzeiger

Ratzinger will Juden bekehren
Er ist wieder auf Kreuzzug
Papst Benedikt XVI lässt eine alte Karfreitagsfürbitte zu, die zur Bekehrung der Juden auffordert. Warum nimmt er ein politisches Desaster in Kauf? VON PHILIPP GESSLER

Reaktionärer Empörer: Joseph Ratzinger.    Foto: dpa
Papst Benedikt XVI. lässt immer weiter die Hosen runter - und ist jetzt ordentlich über sie gestolpert: Nachdem das Oberhaupt von 1,1 Milliarden Katholiken im Sommer 2007 die strengen Beschränkungen für die alte lateinische, die sogenannte tridentinische Messe gelockert, ja sie de facto wieder zugelassen hatte, ist er nun in einem Nachfolgeschritt heftig auf die Schnauze gefallen. Jüdische Verbände und Persönlichkeiten in aller Welt protestieren gegen eine Karfreitagsfürbitte, die der Papst jüngst erlassen hat. Die anstehende Reise des deutschen Papstes in die USA, wo mehr Juden leben als in Israel, ist schon jetzt stark belastet. Joseph Ratzinger hat ein theologisches, interreligiöses und politisches Desaster angerichtet. Und am Freitag wird es offenbar werden.
Um zu verstehen, was passiert ist, muss man etwas ausholen: Seit dem gegenreformatorischen Konzil von Trient (deshalb: tridentinisch) waren alle Gläubigen der katholische Kirchen ab 1570 dazu verpflichtet, für die "perfidis judaeis", die "perfiden" oder "treulosen Juden" zu beten, die in "Finsternis" und "Verblendung" lebten. Dieses Gebet, die berüchtigte Karfreitagsfürbitte, gilt Antisemitismusforschern als ein Kernstück des christlichen Antijudaismus, der eine Quelle des neuzeitlichen Judenhasses war. Denn diese immer am Karfreitag vorgeschriebene Fürbitte beschrieb die Juden und ihre Religion als defizitär und forderte ihre Bekehrung zum Christentum.

So blieb es Jahrhunderte lang. Erst nach Krieg und Holocaust strich der Reformpapst Johannes XXIII. schon vor dem Zweiten Vatikanischen Konzil (1962-65) im Jahr 1959 den Ausdruck "treulos". Das Konzil selbst reformierte die Messen, die nun nicht mehr in Latein stattfinden sollten, sondern in den jeweiligen Landessprachen der Weltkirche. Die katholische Kirche verabschiedete sich offiziell von ihrer uralten Judenfeindschaft.
Auch die Karfreitagsfürbitte wurde reformiert. Seit 1970 ist von "Finsternis" oder "Verblendung" nicht mehr die Rede. Im Gegenteil wird betont, dass Juden schon viel länger als die Christen das auserwählte Volk sind: "Er bewahre sie in der Treue zu seinem Bund und in der Liebe zu seinem Namen", heißt es im "Missale Romanum", im Messbuch des Jahres 1970. Die Feier der lateinischen, der tridentinischen Messe mit den für Juden empörenden Wörtern "Finsternis" und "Verblendung" war seitdem de facto verboten - und nur noch mit einer ausdrücklichen Ausnahmegenehmigung ("Indult") des jeweiligen Bischofs erlaubt. So weit, so gut.
Doch dann kam der jetzige Papst Benedikt XVI. Ihm geht es schon seit langem darum, die reaktionärste Gruppe von Katholiken wieder einzufangen: die Lefebvre-Anhänger, die die Messreform des Konzils, ja das ganze Konzil ablehnen und deshalb aus der katholischen Weltkirche ausgeschlossen wurden. Um sie wieder zu integrieren, erließ der Papst im vergangenen Sommer die Weisung "Summorum Pontificum", die die alte tridentinische Messe wieder zuließ. Das Schreiben hatte die Form eines Motu Proprio, das heißt einer Schrift, die ein persönliches Anliegen des Papstes ausdrückt.
Ordentlich und außerordentlich
Es gab bei der Wiederzulassung zwei Einschränkungen: Zum einen war es die lateinische Messe mit der Neuerung von Johannes XXIII., also ohne das Wort "treulos" in Bezug auf die Juden. Zum anderen bestimmte der Papst, dass die "ordentliche" Form der Messe die landessprachliche, moderne sein sollte - und die tridentinische Messe nur "außerordentlich" gefeiert werden sollte, etwa, wenn dies eine Gruppe von Gläubigen ausdrücklich wünscht. Und der Papst erließ, noch im Sommer 2007, eine - wenn auch sehr schwammig gehaltene - Zusatzverordnung, wonach die "außerordentliche" Messe nicht an den Ostertagen und am Karfreitag gebetet werden sollte. Die Logik: Ohne alte Karfreitagsmesse keine Karfreitagsfürbitte.
Doch vor wenigen Wochen, Anfang Februar, verfügte der Papst plötzlich eine neue Fassung der Karfreitagsfürbitte. Das ist unlogisch, denn eigentlich sollte es alte Messen an diesem Tag ja gar nicht geben. Offenbar aber wurden die Ausführungsbestimmungen für die lateinische Messe bewusst so dehnbar gehalten, dass nun ihre Fans sehr wohl den alten Ritus auch am Karfreitag nutzen können.
Dieses Einknicken des Vatikan war zu befürchten, denn natürlich wollten die Anhänger der alten Messe auch am wichtigen Fest Karfreitag einen Gottesdienst feiern. Und so erließ der Pontifex Maximus in Rom eine lateinische Karfreitagsfürbitte, die alles noch viel schlimmer machte. Die neue Fassung der Karfreitagsfürbitte von Papst Benedikt XVI. lautet in deutscher Übersetzung: "Wir wollen beten für die Juden. Dass unser Gott und Herr ihre Herzen erleuchte, damit sie Jesus Christus erkennen, den Heiland aller Menschen." In diesem Duktus geht es noch ein paar Sätze weiter. Was anderes ist dies als eine Aufforderung zur Bekehrung der Juden, ja zur Judenmission?
Bewusste Entscheidung
Der Papst bestimmte zwar zugleich, dass diese neue Form der Karfreitagsmesse samt der "Judenfürbitte" nur für Orden und ordensähnliche Gemeinschaften erlaubt sei - und auch nur "in ihren eigenen Kapellen". Das aber beruhigte die Kritiker überhaupt nicht. Denn klar ist, dass der Papst zugunsten einer Besänftigung reaktionärer Katholiken die Empörung jüdischer Gruppen bewusst in Kauf nahm. Schließlich hätte der Papst auch problemlos die harmlose, moderne Karfreitagsfürbitte aus dem Jahr 1970 in lateinischer Übersetzung für die tridentinische Messe festlegen können. Oder er hätte einfach klar bestimmen können: Am Karfreitag wird niemals die alte Messe gefeiert.
Aber so tickt Ratzinger nicht. Er will schon länger die Lefebvre-Anhänger wieder in die Weltkirche integrieren - auf Teufel komm raus. Die deutsche Bischofskonferenz ist praktisch sprachlos. Aus der Deckung wagt sich der "Gesprächskreis ,Juden und Christen’ beim Zentralkomitee der deutschen Katholiken" (ZdK). Der Gesprächskreis warnt vor der neuen Fürbitte: "Das Gebet für die Juden hatte seit dem Mittelalter am Karfreitag zu harten Demütigungen und gefährlichen Ausschreitungen gegen die ,perfiden’ und ,verblendeten’ Juden geführt. Dieses Vokabular traditioneller Judenfeindschaft kommt in der neuen Fürbitte zwar nicht vor, aber die dort formulierte Hoffnung auf die Erleuchtung der Herzen der Juden ? hat alte jüdische Ängste wieder wachgerufen." Der Gesprächskreis zeigt sich "enttäuscht und bestürzt", das neue Gebet "beschädigt das gewachsene Vertrauen zwischen Katholiken und Juden schwer". Die Gläubigen bitten den Papst, seine Entscheidung zu revidieren.
Doch das Kind ist schon im Brunnen: Die italienische Rabbinervereinigung hat angekündigt, den Dialog mit der katholischen Kirche erst einmal abzubrechen. In Deutschland forderte der Vizepräsident des Zentralrats der Juden, Dieter Graumann, der Papst müsse das Gebet zurücknehmen, und zwar "möglichst schnell, glaubwürdig und total". Als "reaktionär" bezeichnete die Fürbitte der Vorsitzende der Allgemeinen Rabbinerkonferenz in Deutschland, Henry G. Brandt. Aus Protest gegen den päpstlichen Affront haben der Rabbiner Walter Homolka (Potsdam) und der deutsch-jüdische Publizist Micha Brumlik unabhängig voneinander ihre Teilnahme am anstehenden Katholikentag in Osnabrück abgesagt - obwohl der ja vom ZdK organisiert wird, nicht von der Amtskirche. Brumlik fordert: "Die Verweigerung gemeinsamer religiöser Feiern ist das Mindeste, was die Selbstachtung gebietet."
Und der Papst? Der schweigt zu all dem. Benedikt XVI. schickt lediglich Kurienkardinal Walter Kasper vor, der im Vatikan für den interreligiösen Dialog zuständig ist. Der redete zunächst bezüglich der Fürbitte von Missverständnissen - um dann aber doch klarzustellen: "Der Papst lässt das Gebet. Es ist ja auch aus unserer Sicht theologisch vollkommen in Ordnung. Es ist nur schwierig für die Juden, das zu akzeptieren." So simpel sieht man die Sache in Rom. Und so dumm.
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Mercoledì, 26 marzo 2008