Spagna
La lunga ombra della guerra civile

di Hellmut Vensky – Zeit-online, 31 marzo 2009

Traduzione dal tedesco di Josč F. Padova


http://www.zeit.de/online/2009/14/spanien-buergerkrieg?page=all

In Spagna, 70 anni fa terminava l’aspra lotta fra i repubblicani e le truppe di Franco. L’oscuro capitolo della guerra e della dittatura viene rivisto criticamente soltanto adesso
 
 
Rimozione dell'ultima statua di Franco
 
Tardiva pulizia storica: in dicembre 2008 una gru rimuove
nella città di Santander (Spagna settentrionale) l’ultima statua
del dittatore Franco su una pubblica piazza,.
© Rafa Rivas/AFP/Getty Images

La guerra civile, durata tre anni, finì il 1° aprile [1939] con uno stringato ordine del giorno del tardo dittatore Francisco Franco: “In data odierna le forze armate nazionaliste hanno raggiunto il loro ultimo obiettivo. L’esercito dei Rossi è prigioniero e disarmato”. L’appunto autografo del Caudillo termina con la frase “La guerra ha terminado” – la guerra è finita.
Se oggi si guarda nella corte del convento dei Domenicani a Valencia o nel cortile dell’Accademia militare di Toledo si potrebbe pensare che la guerra non sia finita 70 anni fa, che Franco non sia morto nel 1975 e che il suo regime non sia stato eliminato due anni dopo con libere elezioni. Qui il Generalísimo cavalca ancora, fuso nel bronzo. L’ultima statua di Franco su una pubblica piazza, davanti al municipio di Santander, è stata rimossa soltanto il dicembre scorso.

I vincitori della guerra civile ebbero quasi 40 anni a disposizione per scrivere la loro storia: il regime di Franco tenne desta la commemorazione dei “Caduti per Dio e per la Patria”, conferì titoli nobiliari ai sopravvissuti e intitolò strade ai loro nomi. Soltanto anonime fosse comuni rimasero per le vittime di parte repubblicana. Spesso i loro nomi furono cancellati dai registri dell’anagrafe con false indicazioni circa la causa della morte – oppure estinti tacitamente, come se non fossero mai esistiti.

Il 17 luglio 1936 un gruppo di militari di destra sotto la guida del generale Francisco Franco si sollevò contro il governo di sinistra, democraticamente eletto, un Fronte polare di vasta coalizione fra repubblicani, socialisti, comunisti e anarchici. Il putsch si estese ben presto a guerra civile. Il governo di Madrid distribuì le armi alla popolazione.

Dopo la morte di Franco nel novembre 1975 i suoi eredi politici trovarono un accordo con la democrazia – ma a una condizione: i crimini della dittatura dovevano rimanere tabù. Il tentativo di colpo di stato delle destre nel febbraio 1981 ammonì ancora una volta il Paese a non cercare la lite con i vecchi franchismi. In Spagna l’odierno partito conservatore, il Partido Popular, fu fondato da un ministro di Franco.

Soltanto la generazione dei nipoti ruppe il patto del silenzio. Nel 2000 il giornalista Emilio Silva fece esumare le spoglie mortali di suo nonno. Il vecchio combattente contro Franco venne fucilato e sotterrato in una strada di campagna nella provincia di León. Altri seguirono l’esempio di Silva, centinaia di vittime di Franco trovarono degna sepoltura. Sorse una associazione per il ristabilimento della memoria storica.

La Conferenza dei vescovi spagnoli aveva un’altra memoria e ancora nel 2007, nella più grande beatificazione di massa della storia della Chiesa cattolica, fece elevare alla dignità di “Martiri della fede” 498 preti uccisi dai repubblicani. Il fatto che la Chiesa sostenne Franco e gli permise di nominarsi “Capo per grazia di Dio” la scalza. I pochi ecclesiastici, che specialmente nel Paese basco si erano battuti a fianco della Repubblica ed erano stati fucilati dai vassalli di Franco, non furono fra i proclamati Beati.

La lotta sulla complessa interpretazione storica mostra quanto profonde siano ancor oggi le fosse nella società spagnola – proprio perché gli atti di violenza della guerra civile non sono stati mai elaborati. Durante la guerra morirono circa 100.000 combattenti e soldati. In seguito ancor molti più furono uccisi sotto il regime di Franco, mediante fucilazioni di massa con e senza processo.

Fu un tempo di vendette e di violenta repressione, tutti quelli di sinistra, liberali e repubblicani dovevano essere eliminati. Più di mezzo milione di spagnoli fuggirono all’estero, la maggior parte nella vicina Francia. Dopo l’occupazione della Francia da parte delle truppe naziste molti di essi vennero consegnati agli sgherri di Franco.

Fino alla fine degli anni ’90 tutto questo rimase nell’oscurità storica. Solamente nell’estate del 2008 Baltasar Garzón, giudice istruttore presso la Corte nazionale di Giustizia, richiese ai ministeri dell’Interno e della Difesa dati e documenti riguardanti i morti e gli scomparsi del periodo di guerra civile e del franchismo. I parenti di circa 1.200 vittime di Franco avevano intentato azione penale per crimini contro l’umanità commessi sotto la dittatura di Franco.

Quando nel 2004 prese la guida del governo, il socialista José Luis Rodríguez Zapatero promise di fare propria la battaglia per la “memoria storica”. Per lo meno egli fece rimuovere l’ultimo monumento a Franco esistente a Madrid, una statua equestre di sette metri d’altezza presso il ministero dell’Ambiente. E alla fine del 2007 portò in Parlamento una legge che per la prima volta giudicava la dittatura di Franco e dava soddisfazione alle sue vittime.

La legge garantisce fra l’altro l’eliminazione dei nomi franchisti alle strade e dei monumenti, ma soprattutto l’accesso agli archivi, una condizione essenziale per ogni elaborazione del passato. Tuttavia gli archivi militari sono in cattivo stato. Dai tempi di Franco proviene inoltre una “legge sui segreti di Stato”, che tiene sotto chiave i documenti archiviati anche dopo 25 anni, mentre per la visione di ogni pezzo di carta è necessaria una espressa autorizzazione.

Fra l’altro, per avere accesso a questa documentazione, Garzón diresse le sue indagini contro Franco e dapprima 34, in seguito 44 suoi complici, che ritenne responsabili della morte e della scomparsa di 114.266 persone. Il numero si basa sugli elenchi delle associazioni storiche. Era la prima volta che un giudice spagnolo si occupava a fondo di crimini del periodo franchista.

Nel novembre 2008 Garzón abbandonò l’inchiesta con la motivazione che tutti gli autori dei crimini erano morti. Si trattava piuttosto del risentimento del governo e della Procura di Stato che fecero arenare le indagini. Che Franco e i suoi vassalli fossero morti Garzón lo sapeva già prima, anche se in Spagna sembra talvolta che il Generale cavalchi ancora.

Testo originale:

SPANIEN
Der lange Schatten des Bürgerkriegs
VON HELLMUT VENSKY | © ZEIT ONLINE  31.3.2009 - 19:19 Uhr
Vor 70 Jahren endete in Spanien der bittere Kampf zwischen Republikanern und Franco-Truppen. Das dunkle Kapitel des Kriegs und der Diktatur wird erst jetzt aufgearbeitet

Der dreijährige Bürgerkrieg endete am 1. April mit einem knappen Tagesbefehl des späteren Diktators Francisco Franco: "Am heutigen Tag haben die nationalen Streitkräfte ihre letzten militärischen Ziele erreicht. Das Heer der Roten gefangen und entwaffnet." Die handschriftliche Notiz des Caudillo endete mit dem Satz „La guerra ha terminado“ – der Krieg ist beendet.
Blickt man heute in den Hof des Dominikanerklosters von Valencia oder der Kadettenschule von Toledo, man könnte meinen, der Bürgerkrieg sei nicht vor 70 Jahren zu Ende gegangen, Franco wäre nicht 1975 gestorben, sein Regime nicht zwei Jahre später in freien Wahlen beseitigt worden. Hier reitet der Generalísimo noch, in Bronze gegossen. Die letzte Franco-Statue auf einem öffentlichen Platz, vor dem Rathaus von Santander, wurde erst im vergangenen Dezember entfernt.
Die Sieger des Bürgerkriegs hatten fast 40 Jahre Zeit, ihre Geschichte zu schreiben: Das Franco-Regime hielt das Gedenken an die „Gefallenen für Gott und Vaterland“ wach, verlieh den Überlebenden Adelstitel und benannte Straßen nach ihnen. Für die Opfer auf republikanischer Seite blieben anonyme Massengräber. Oft wurden sie mit falschen Angaben zur Todesursache aus den Einwohnerregistern gestrichen – oder stillschweigend getilgt, als hätte es sie nie gegeben

Am 17. Juli 1936 erhob sich eine Gruppe rechter Militärs unter der Führung von General Francisco Franco gegen die demokratisch gewählte linke Regierung, eine breite Volksfront-Koalition aus Republikanern, Sozialisten, Kommunisten und Anarchisten. Der Putsch weitete sich rasch zum Bürgerkrieg aus: Die Regierung in Madrid verteilte Waffen an die Bevölkerung.
Nach Francos Tod im November 1975 arrangierten sich seine politischen Erben mit der Demokratie – aber unter einer Bedingung: Die Verbrechen der Diktatur mussten tabu bleiben. Der Putschversuch der Rechten im Februar 1981 mahnte das Land noch einmal, sich nicht mit den alten Franquisten anzulegen. Die heutige konservative Partei Spaniens, der Partido Popular, ging aus der Gründung eines Franco-Ministers hervor.
Den Pakt des Schweigens brach erst die Generation der Enkel. Im Jahr 2000 ließ der Journalist Emilio Silva die Überreste seines Großvaters exhumieren. Der Kämpfer gegen Franco war an einer Landstraße in der Provinz León erschossen und verscharrt worden. Andere folgten Silvas Beispiel; hunderte Franco-Opfer fanden würdige Gräber. Eine Vereinigung zur Wiedererlangung des historischen Gedächtnisses entstand.
Die spanische Bischofskonferenz hat ein anderes Gedächtnis. Sie ließ den Vatikan noch 2007 in der größten Massenseligsprechung der katholischen Kirchengeschichte 498 von den Republikanern ermordete Priester in den Stand von „Märtyrern des Glaubens“ erheben. Dass die Kirche Franco unterstützte, ihm gestattete, sich "Führer von Gottes Gnaden" zu nennen, verdrängt sie. Die wenigen Geistlichen, die sich vor allem im Baskenland auf die Seite der Republik geschlagen hatten und von Francos Vasallen erschossen wurden, waren nicht unter den selig Gesprochenen.
Der Kampf um die historische Deutungshoheit zeigt, wie tief die Gräben in der spanischen Gesellschaft noch heute sind – eben weil die Gewalttaten des Bürgerkrieges nie aufgearbeitet wurden. Etwa 100.000 Kämpfer und Soldaten starben während des Bürgerkriegs. Noch weit mehr wurden danach unter dem Franco-Regime hingerichtet, bei Massenerschießungen mit und ohne Urteil.
Es war die Zeit der Rache und heftigen Repression, alle Linken, Liberalen und Republikaner sollten beseitigt werden. Mehr als eine halbe Millionen Spanier flohen ins Ausland, die meisten ins benachbarte Frankreich. Von ihnen wurden viele nach der Besetzung Frankreichs durch NS-Truppen an Francos Schergen ausgeliefert.
All dies blieb bis Ende der 1990er Jahre im geschichtlichen Dunkel. Erst im Sommer 2008 forderte Baltasar Garzón, Untersuchungsrichter am Nationalen Gerichtshof, beim Innen- und Verteidigungsministerium Zahlen und Unterlagen an über die Toten und Verschwundenen der Bürgerkriegs- und Franco-Zeit. Die Angehörigen von rund 1200 Franco-Opfern hatten Klage eingereicht, wegen Verbrechen gegen die Menschlichkeit unter der Franco-Diktatur.
Als 2004 der Sozialist José Luis Rodríguez Zapatero die Regierung übernahm, versprach er, den Kampf um das „historische Gedächtnis“ zu seinem Kampf zu machen. Immerhin ließ er 2005 das letzte Franco-Monument in Madrid entfernen, ein sieben Meter hohes Reiterstandbild beim Umweltministerium. Und Ende 2007 brachte er ein Gesetz durch das Parlament, das erstmals die Franco-Diktatur verurteilte und deren Opfern Genugtuung verschaffen sollte.
Das Gesetz verspricht unter anderem die Tilgung von franquistischen Straßennamen und Monumenten, vor allem aber Zugang zu den Archiven, eine Grundbedingung jeder Vergangenheitsaufarbeitung. Doch die Militärarchive sind in schlechtem Zustand. Noch aus Franco-Zeiten stammt zudem ein „Gesetz über offizielle Geheimnisse“: Es hält als geheim eingestufte Papiere auch nach 25 Jahren unter Verschluss; eine ausdrückliche Freigabe ist für jedes Schriftstück nötig.
Unter anderem, um an diese Dokumente heranzukommen, leitete Garzón seine Ermittlungen ein, gegen Franco und zunächst 34, später 44 Mitverschwörer, die er für den Tod und das Verschwinden von 114.266 Menschen verantwortlich machte. Die Zahl basierte auf Listen der Geschichtsvereine. Es war das erste Mal, dass sich ein spanischer Richter mit den Verbrechen der Franco-Zeit auseinandersetzte.
Im November 2008 gab Garzón auf. Mit der Begründung, alle von ihm benannten Täter seien tot, stellte er die Ermittlungen ein. Es war wohl eher der Unwille der Regierung und Staatsanwaltschaft, die ihn scheitern ließen. Dass Franco und seine Vasallen tot sind, wusste Garzón vorher. Auch wenn es in Spanien manchmal so aussieht, als reite der General noch.
 


Giovedė 02 Aprile,2009 Ore: 21:53