Politica estera
La spada e la pompa di benzina

di Rosario Amico Roxas

L’ultimo messaggio di Bin Laden ricalca i retroscena fin qui adoperati: minacce all’Occidente e minacce al pontefice per quella che viene definita una “crociata anti-islam”.
In questo messaggio, come anche nei precedenti, leggiamo la conferma che l’attività politica si è impossessata della religione e la utilizza come cavallo di Troia per coinvolgere le masse popolari, trasformando una lotta contro gli aggressori in una resistenza religiosa.
Rimane il fatto che le fazioni dell’Islam si presentano divise per confessione e già si ritrovano in lotta tra di loro.
La storia ci aiuta a capire.
Le prime crociate ebbero un relativo successo, anche con la conquista di Gerusalemme dopo un orribile bagno di sangue, perché “i difensori del sepolcro di Cristo” si ritrovarono a combattere contro un nemico già provato dalle lotte interne e per niente riunito sotto l’unica bandiera della “fratellanza araba”.Lo sforzo di SaLaH al-Din ibn Ayyub, il Saladino, non fu militare, ma diplomatico e fu vittorioso perché riuscì ad unificare le fazioni islamiche in lotta tra di loro, identificando un unico, vero nemico. Riconquistata Gerusalemme la città visse otto secoli di pace, fino al ritorno degli inglesi con una nuova crociata colonialista.
Oggi si ripete l’analoga situazione, ma molto più complessa e articolata, perché abbiamo una Al Quaeda con Bin Laden Wahabita, l’Iran con gli sciiti integralisti, la Giordania con i sunnito ascemiti, , anche l’Arabia weahabita ma sunnita, l’Afghanistan con i criminali ashishin.
. A chi giova mantenere queste divisioni ?
Chiaramente all’occidente aggressore, che ha stretto solide alleanze con le classi privilegiate di quei paesi, con i padroni del petrolio, dei pani di oppio e del gas naturale, potendo contare su di loro per investimenti, finanziamenti, e associazionismi vari.
Se i capitalisti arabi decidessero di richiamare in patria i loro fondi giacenti negli USA, l’economia americana, già in grandi ambasce, farebbe un tonfo da far impallidire quelle dell’Argentina.
Ma questi maggiorenti non dispongono dell’autorità sufficiente a raccogliere i consenso della popolazione, per cui si rivolgono al sentimento religioso come amalgama unitario, almeno limitatamente alla confessione praticata, perché ognuno, fingendo un attaccamento particolare alla propria confessione, scongiura l’ipotesi che permise al saladino di riunificare il mondo islamico.
Una condizione di questo genere non può essere mantenuta se non con la forza; anche una breve tregua rischierebbe di far capire alle popolazioni di fare il gioco perverso dei loro vertici, alleati con l’Occidente. E’ esattamente quello che accade in Israele, dove il progetto più impegnativo è quello di evitare che ebrei e palestinesi possano incontrarsi e dialogare, così si sostituiscono alle vere popolazioni i sionisti da una parte e i soci militarmente impegnati dell’Occidente, dall’altra; giocano alla guerra per mantenere la tensione che impedisce ogni incontro, pure se voluta da entrambe le parti, in quanto, consapevolmente, entrambi semiti. Se oggi verifichiamo una recrudescenza di antisionismo, ciò è provocato prevalentemente dal sionismo giudaico, lontanissimo dagli interessi dei semiti ebrei.
Appare chiaro che si è formalizzata una alleanza di fatto tra l’alta borghesia del petrolio e l’occidente; a sua volta questo occidente in guerra ha perso molto della sua credibilità, per cui deve giustificare il prosieguo di una guerra senza speranze agli occhi delle proprie popolazioni.
In questa fase scatta il terrorismo, che non è rivolto contro gli Stati (gli Stati lo sanno benissimo e lo coordinano…vendi l’attacco alle torri gemelle ancora da chiarire nella vera dinamica), bensì contro le popolazioni, per fornire gli elementi in grado di far accettare le guerre come il male minore, che diventano, assurdamente, guerre esterne di difesa o guerre preventive.
L’attacco al pontefice ha lo scopo di sensibilizzare il mondo cattolico e di documentare la impossibile ipotesi di un dialogo cristiano-islamico.
L’islam, per sua concezione, non dispone di una gerarchia religiosa, tranne tra gli sciiti presso i quali la gerarchia assume le vesti religiose, ma decolla dal potere temporale, si ritrova accerchiato militarmente e nella condizione di poter affermare che da parte cattolica manca la volontà di dialogo.
Il cattolicesimo, con una rigida gerarchia verticistica di stampo medievale, dipende, ufficialmente, dai pronunciamenti del suo capo riconosciuto, il quale, a sua volta, si ritrova in una triplice veste di capo della Chiesa, di capo dello Stato città del Vaticano e di massimo teologo che impone la sua visione spirituale ai fedeli. In queste condizioni i margini di dialogo, che dovrebbero essere affidati alle due popolazioni, vengono ristetti e spesso mortificati.
· L’Islam in armi non dialoga sentendosi aggredito;
· il cattolicesimo non vuole dialogare sentendosi minacciato:
non c’è più sordo di chi non vuole ascoltare.
Così l’Islam cade preda della alta borghesia dominante alleata di fatto con i potentati economici dell’Occidente; l’Occidente in mano ai poteri forti dell’economia e della finanza, recita il ruolo di chi deve subire le iniziative altrui ed è costretto a difendersi, praticamente dai suoi stessi alleati
proprietari del petrolio: in mezzo a questo guazzabuglio ci stanno le popolazioni, atterrite, da una parte e dall’altra, preda dei terrorismi che si fronteggiano ben sapendo di fronteggiarsi.
La guerra diventa così un escamotage per evitare che le masse popolari islamiche possano incontrarsi con le masse popolari cattoliche (l’uccisione del vescovo in Irak rientra in questa ottica ed è stato indirizzato all’attenzione non del Vaticano ma dei fedeli sparsi in tutto il mondo).
Emerge lo spazio per gli improvvisati difensori della fede, con una mano sulla spada e una mano sulla pompa di benzina.


Rosario Amico Roxas



Giovedì, 20 marzo 2008