L’Analisi
Ciò che l’America di Bush non poteva capire

di Rosario Amico Roxas

ORA, finalmente, Bush si ritroverà ad avere tutto il mondo arabo contrario.
Fin ora era riuscito a coinvolgere l’alta borghesia dalla sua parte, garantendo guadagni iperbolici, in cambio di che ? In cambio della loro leadership politica e religiosa, infatti tutti i capi di stato in quell’area del petrolio sono anche i capi religiosi di una delle tante sette in cui hanno frazionato l’Islam. Utilizzando questa leadership politico-religiosa hanno convinto i sudditi/schiavi a combattere una nuova guerra santa, che non è contro lo straniero invasore, ma contro la setta opposta: l’integralismo islamico promuove la lotta di classe e la religione si trasforma in uno strumento di dominio di classe.
Per secoli le varie borghesie islamiche, d’etnia araba, magrebbina o asiatica, perlopiù nella veste istituzionale monarchica ma non solo, hanno usato la religione come mezzo per giustificare il loro potere politico. Anche in tempi più recenti,
Il richiamo alla diretta discendenza di Maometto o l’identificarsi con una particolare confessione islamica, si presenta come il suggello al privilegio politico e quindi economico, in una sorta d’imprimatur al dominio di classe.
Gli esempi sono infiniti.
Il defunto re Hassan II del Marocco amava ricordare ai suoi sudditi di essere discendente diretto di Maometto; altrettanto è il comportamento del figlio che gli è succeduto al potere.
Il vecchio re Hussein di Giordania preferiva definirsi re degli Hascemiti, tribù d’appartenenza di un antenato di Maometto, piuttosto che re dei Giordani.
I Saud hanno sempre giustificato la legittimità del loro potere identificandosi con la confessione religiosa del Wahabbismo.
Lo stesso dicasi per le esperienze degli Emirati del Golfo persico, non ultima quella degli Al Sabbah del Kuwait, o quelle Yemenite e Omanite della teocrazia degli Immam.

Nella Siria presidenziale e repubblicana di Hafez el Assad, talmente presidenziale da non poterla distinguere da una monarchia assoluta, non è estraneo il richiamo alla sua confessione alawita in campo religioso.
Un altro esempio è fornito dal “socialista progressista” Walid Jhumblat che in terra libanese governa sull’enclave drusa in nome di quel Al Darazi che secoli fa fondò una delle tante scissioni confessionali sciite, dando vita allo stesso movimento politico druso di cui oggi Walid, come negli anni settanta il padre, ne è principe e padrone.
Escono da questo quadro quelle borghesie che, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, in chiave anti coloniale, ma all’interno della guerra fredda, in altre parole sotto l’influenza diretta o mediata dell’imperialismo sovietico, si sono proposte in termini laici e/o socialisteggianti, in rappresentanza di un nazionalismo arabo che esprimeva conati di progressismo politico ed economico umiliati da quel polo imperialistico che a suon di slogan li aveva favoriti.
Gli interessi economici e politici che sono alla base della conflittualità interborghese, vengono giocati sul tavolo della legittimità religiosa, proposti alle masse sia in termini elettorali che di scontro frontale, come massa di manovra da usare a tutto campo. Contro il potere per il potere, quale involucro dell’interesse finanziario, legato alla rendita petrolifera e alle mediazioni parassitarie che ne conseguono, quasi mai come condizione dello sviluppo economico e sociale come succedeva agli inizi del secolo scorso per le borghesie europee.
E’ così che Bush si è inimicato tutti i sovrani del M.O. perché ne ha sfruttato la leadeship per i suoi fini e adesso li ha condotti al macello economico della sua finanza inventiva.
Ma il M.O. avrà i modi di riprendersi perché possiede tanto di quel petrolio da tamponare le perdite, mentre l’America di Bush ha solo una frana inarrestabile di debiti che la sommergerà.

Rosario Amico Roxas



Giovedì, 02 ottobre 2008