Politica estera - Nord america
Catastrofismo antiamericano.

di Rosario Amico Roxas

Mancava nel mio modesto curriculum l’aggiunta di "catastrofismo antiamericano", ed è arrivata.
A provocarla sono state alcune critiche che sono state mosse ,tramite e-mail, ad una mia nota, inviata ai quotidiani i taliani e da alcuni pubblicata, da titolo "Obama: chi è costui ?"; in questo forum non è stata ancora inserita, ma quest’aggiunta ne chiarisce le motivazioni. La visibilità di Obama, la sua vittoria in quell’Iowa, Stato nel quale vinse Bush nelle sua prima corsa alla Casa Bianca, le sue dichiarazioni che cercherò di evidenziare, costituiscono una base sulla quale elaborare previsioni.
Rilevo, innanzitutto, l’articolo di fondo del Washington Post, firmato dal vice-direttore Eugene Robinson, il quale nota, "con la pelle d’oca" le analogie con quell’entusiasmo che nel 1968 circondò Bobby Kennedy, quando riuscì "ad incendiare lo spirito di un’altra America giovane, ribelle, confusa, frustrata, che si consumò nella stessa violenza che aveva tentato di esorcizzare."
Conclude l’editorialista: "Non avevo mai creduto che un simile giorno potesse ritornare".
Obama ha proposto la fine dell’era della paura e del ricatto della paura, quella paura inculcata nel popolo americano per carpirne il consenso alle guerre preventive, ai bombardamenti indiscriminati, alle torture legalizzate, alle violenze elaborate per seminare il "terrorismo di Stato" al quale l’attuale amministrazione Bush pretenderebbe fornire una legittimazione ormai scaduta nelle attenzioni della maggioranza democratica dell’America.
Ma, come ho detto nel mio precedente post, esiste un’altra maggioranza americana, quella del potere economico, del petrolio, dell’energia, del Pentagono, che non ha nulla a che vedere con la democrazia, trattandosi di una maggioranza esclusivamente economica.
Al successo di Obama ha fatto eco l’insuccesso di Rudolf Giuliani, l’uomo che incarna la politica della paura che si trasforma in terrorismo di Stato, che la maggioranza democratica respinge.
Occorrerà una nuova infusione di paura per far tornare sui propri passi quelle fasce della popolazione che hanno dimostrato di preferire la speranza offerta da Obama il quale ha dichiarato: " Sarò un presidente che porrà fine alle guerre e che, finalmente, riporterà a casa i soldati americani e ripristinerà il prestigio morale dell’America".
Parole e promesse che lo portano in rotta di collisione con quei poteri che dominano gli USA; quei poteri che favorirono l’attacco a Pearl Arbour che convinse l’America a entrare in guerra con il Giappone, non prima di avere ricostruito la flotta, che era diventata obsoleta, e per questo lasciata in balia dell’attacco aereo giapponese,movimentando una montagna di dollari. Da quell’attacco si salvarono solo due portaerei molto efficienti, che avrebbero potuto difendere la flotta e gli uomini che in quell’attaco perirono, invece furono mandate a spasso per l’oceano Pacifico; gli spessi poteri che inventarono l’intervento in Viet-Nam, dove la nazione perse la guerra, perse uomini, perse l’immagine planetaria, ma i quei poteri guadagnarono su tutte le linee; quei poteri che hanno accettato l’11 settembre come un evento in grado di catalizzare l’opinione pubblica americana intorno al terrore.
Ora quei poteri accetteranno una sconfitta della "loro" maggioranza, che porrebbe fine alle strategie d’assalto che caratterizzano l’attuale amministrazione ?
E’ la voce dell’America che teme rivalse, e le teme "con la pelle d’oca", perchè si sta ripresentando lo stesso scenario di speranza che fu animato da Bobby Kennedy, e ne teme le possibili analogie.
La recente storia dell’America non lascia molto spazio alle speranze.


Rosario Amico Roxas(raroxas@tele2.it)



Sabato, 05 gennaio 2008