CORPO E SANGUE DI CRISTO – 14 giugno 2020 - Commento al Vangelo
LA MIA CARNE È VERO CIBO E IL MIO SANGUE VERA BEVANDA

di p. José María CASTILLO

Gv 6, 51-58
[In quel tempo Gesù disse alla folla:] «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
  1. Come è noto, la festività del Corpus Domini si iniziò a celebrare nella città di Leja nel 1246 e fu istituita per la Chiesa universale nel 1264 da papa Urbano IV. Nella festa del Corpus Domini, come è ovvio, si vuole esibire con solennità e sfarzo l’ostia consacrata per la venerazione e l’adorazione dei fedeli. Questo ha rappresentato il passaggio definitivo verso una concezione dell’Eucaristia che aveva oramai poco a che vedere con quella che è stata la sua origine: i pranzi di Gesù raccontati dai vangeli, specialmente la cena d’addio prima della passione. Questo processo di cambiamento teologico e di esperienza cristiana iniziò alla fine del secolo VIII, quando la preghiera eucaristica iniziò ad essere recitata dal prete a voce bassa. Inoltre, i preti iniziarono a celebrare di spalle alla comunità, si moltiplicarono le messe solitarie. Nel secolo X il prete ed il suo altare si allontanano dalla comunità, che assiste passiva e si limita a vedere ed a ascoltare la messa, ma non vi partecipa più. Tutto ciò ha presupposto una nuova teologia della Chiesa, che aveva il suo centro principalmente nei preti, visto che i fedeli erano semplici clienti e sudditi. Anzi, a partire dal teologo Pietro Lombardo l’aspetto specifico del sacramento dell’«ordine» è il potere di trasformare il pane ed il vino nel corpo e nel sangue di Cristo. Ma, siccome in questo potere non esiste differenza tra il semplice prete ed il vescovo, la conseguenza è stata che da allora fino al Concilio Vaticano II molti teologi hanno sostenuto l’idea che l’episcopato non è sacramento, ma una dignità ed una potestà giuridica. In questo modo si è deformata la teologia dell’Eucaristia e la teologia della Chiesa. Il Vaticano II ha recuperato in buona parte il significato originale della teologia del primo millennio.
  2. Di fatto molti cristiani vivono l’Eucaristia come un «rituale» che si deve osservare alla lettera. Per altri è un «precetto» che si deve adempiere al meno una volta alla settimana. In non pochi casi è un «cerimoniale di devozione». Tutto ciò ha oramai poco a che vedere con i pranzi di Gesù. I pranzi con i poveri, con i peccatori, con i pubblicani, con i vagabondi della strada, come dimostrano la parabola del gran banchetto del Regno (Lc 14, 15-24), le condivisioni dei pani, la cena d’addio, i pranzi del Risorto.
  3. Se la Chiesa desidera davvero un rinnovamento profondo, il primo problema da affrontare è la sua forma concreta di celebrare l’Eucaristia. La Chiesa lo deve affrontare nella sua liturgia ed ogni credente nella sua esperienza spirituale. Questo è urgente. È meno importante avere un’idea chiara di come spieghiamo la presenza di Cristo in questo sacramento. L’aspetto più importante è vivere l’esperienza della presenza di Gesù nelle nostre vite e nella comunità cristiana.



Giovedì 11 Giugno,2020 Ore: 19:08