DOMENICA DELLE PALME – 20 marzo 2016 - Commento al Vangelo
BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE

di p. José María CASTILLO

Lc 19, 28-40

[In quel tempo] Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!». Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».   
 
  1. Si è soliti parlare della “entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme”. Propriamente non è stata una “entrata”, ma un semplice “avvicinamento” (F. Bovon). Il verbo “entrare” in questo vangelo è utilizzato solo per parlare dell’entrata di Gesù nel tempio (Lc 19,45). Secondo questo racconto, Gesù si è soltanto avvicinato a due sobborghi della capitale, Betfage e Betania (Lc 19, 29-30). D’altra parte, si è messo in relazione quest’episodio con gli arrivi dei sovrani di allora, greci e romani, nelle città importanti (P. D. Duff; B. Kinman; N. Fernández Marcos). In ogni caso, quello che racconta il Vangelo non è un’entrata di carattere politico o militare. Un povero, salito su di un asino, tra la gente umile (“óchlos”) non è proprio un’entrata trionfale.
  2. Gesù ha voluto entrare in questo modo nella città santa, dove sapeva che entrava non per trionfare e comandare, ma per fare fallimento. Si può dire che con questo gesto abbia cercato una finalità allo stesso tempo intuitiva e provocatrice (J. D. G. Dunn). Gesù ha accettato “il ruolo più basso che una società possa offrire: quello del criminale giustiziato” (G. Theissen). Così è rimasto escluso. Fino al punto che i suoi seguaci per secoli, per lo meno fino al sec. IV, non hanno potuto vedere nel Crocifisso un’immagine di Dio.
  3. Ma c’è di più. Quello che più colpisce in quest’episodio è che i quattro vangeli coincidono nel riportare l’acclamazione cantata dalla gente: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (Mc 10,9; Mt 21,9; Lc 19,38; Gv 12,13; cf. Sal 118, 25-26). È l’acclamazione del popolo minacciato, dominato, spaventato. La gente che si vede in pericolo e senza speranza (Sal 118, 5-14). Gesù, solidale con gli ultimi, è speranza proprio per loro. Ora capita anche che molta gente si veda al di là di ogni speranza. In questa Settimana Santa possiamo trovare una fonte di speranza? È ragionevole vivere questi giorni come riposo. Ma non varrebbe la pena pensare a fondo a quello che tutto ciò rappresenta, al di là se siamo o no religiosi?

 

 



Lunedì 14 Marzo,2016 Ore: 21:18