Le elezioni del 13 maggio 2001 : La Posizione di  TEMPI DI FRATERNITA'

 

DA CHE PARTE STIAMO?

 

PER LA REDAZIONE FAUSTO CAFFARELLI

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Di una cosa siamo certi e pensiamo di poter condividere con voi questa nostra sicurezza. Sappiamo quello che non vogliamo Non vogliamo che l’uomo migliore del mondo la sera del 13 maggio diventi presidente del Consiglio perché è pur vero che nella sua vita il lavoro non gli è mai mancato – dallo chansonnier al donnino di casa, dal contadino a nonsisachecosa - ma non c’è scritto da alcuna parte che deve proprio provarle tutte.

Mettiamo pure tra parentesi i suoi guai giudiziari e la questione inerente il conflitto d’interessi, non perché siano problemi secondari, ma perché ci pare che continuare a demonizzare il personaggio porti solo a consolidare il consenso che lo circonda.

Ci limitiamo a dire che non ci piace la sua politica fatta di slogan facili e semplicistici, che disegnano paradisi dorati (e fiscali) nei quali il cittadino finalmente si libererà dalle vessazioni subite in cinquant’anni di comunismo. Certo, è un mago della comunicazione, un abilissimo venditore che sa come solleticare l’interesse della gente, di quel pubblico televisivo che secondo una sua storica definizione "ha fatto la terza media e non era neanche tra i primi della classe", ma questo non significa fare buona politica, che è faccenda assai più complessa .

Non sappiamo quanti si siano presi la briga di leggere il programma del Polo delle Libertà. Noi l’abbiamo fatto ed è stato sufficiente il richiamo convinto alle politiche conservatrici di Reagan e della Thatcher, il cui unico risultato è stato quello di una destabilizzazione sociale di cui si pagano ancora oggi le conseguenze, a farci capire che non vogliamo morire berlusconiani A parte poi che il Cavaliere dovrebbe anche spiegare agli elettori il mistero di una miscela politica che vede insieme tutto e il contrario di tutto come, appunto, il conservatorismo all’inglese, la destra sociale di Storace (domanda: ma non era proprio la lady di ferro a dire che la "società non esiste"), fettine di ultraliberismo alla Martino, nuovo socialismo alla De Michelis - speriamo migliore di quello che ha calcato la scena nei "formidabili" anni ’80 -, le istanze più o meno secessionistiche di Bossi e i fermenti statalisti all’interno di Alleanza Nazionale, il clericalismo targato Buttiglione-Casini e il laicismo lamalfiano.. Siamo di fronte a un coacervo di contraddizioni politiche che crediamo non vanti imitazioni in giro per il mondo e che sta insieme, è evidente, perché a capo di tutto c’è un leader-padrone.

E allora che cosa vogliamo? Be’, come si usa dire, all’interno della redazione il dibattito è aperto e la risposta non è univoca. Da un lato c’è chi, pur consapevole dei limiti e delle contraddizioni espressi dai governi di centro-sinistra in questi cinque anni, ritiene che il buon Rutelli sia il male minore e che la filosofia del "tanto peggio,tanto meglio" non porti da alcuna parte. Ha buone argomentazioni dalla sua. Sotto il profilo economico-finanziario, infatti, sono stati raggiunti risultati di indubbio valore, primo fra tutti l’entrata dell’Italia nell’Euro, traguardo che sembrava irraggiungibile e che, è bene ricordarlo, né Confidustria né ampi settori del Polo delle Libertà ritenevano così basilare. Eravamo sull’orlo di una crisi finanziaria tremenda, a causa della politica dissennata degli anni precedenti, mentre oggi possiamo al guardare al futuro con più ottimismo. Sarà stata solo discreta amministrazione, come dicono alcuni, ma i conti bisogna saperli tenere a posto e non solo in famiglia. La sanità pubblica non è stata smantellata, mentre esiste questo rischio concreto se dovesse passare la filosofia del cosiddetto "buono" che è uno dei punti forti del programma del Polo e anche per quanto riguarda la scuola, la criticatissima riforma (ma è davvero tutto da buttare?) ha il merito almeno di aver suscitato una riflessione importante sul senso da dare oggi alla formazione dei ragazzi.

Sull’altro fronte ci sono coloro i quali pensano sia opportuno lanciare un messaggio di rottura, non senza ragione. Non dimenticano l’assurda guerra del Kosovo, le poche "cose di sinistra", non se la sentono di indirizzare il loro voto a mastelliani e diniani, sono stufi di litigi e hanno guardato con occhi esterefatti il triste spettacolo della composizione delle liste. Rutelli chiede il loro appoggio, ma se va in giro dicendo che "il Giubileo dei giovani è stato il più grande evento della storia" oltre a fornire uno "splendido" spunto a Storace, che sicuramente chiederà d’inserire l’avvenimento nei nuovi testi scolastici revisionati e corretti, difficilmente potrà attirare a sé i delusi di sinistra che di ammiccamenti al Vaticano ne ne possono più.

D’accordo, ma il 13 maggio da che parte stiamo? Sicuramente, non dalla parte di chi perora la causa dell’astensione Pensiamo che bisogna fare di tutto per impedire che il centro-destra assuma la guida del paese e non vediamo altra scelta realistica se non quella di votare i candidati espressi dall’Ulivo nel maggioritario, appoggiando, invece, per ciò che concerne la quota proporzionale, schieramenti e candidati che indichino nella difesa delle garanzie lavorative e dello stato sociale, nella lotta all’esclusione e nella critica serrata al sistema economico dominante i capisaldi del loro programma. I riferimenti ideali sono quelli della migliore tradizione del cattolicesimo democratico e del socialismo.

Al di là del 13 maggio, vinca o perda, la sinistra non può più eludere una serie di grandi temi che necessitano di risposte all’altezza delle domande che sollevano.Dalla grande mobilitazione di Seattle in poi sta emergendo un fermento sociale fatto di movimenti, associazioni, ong, singoli cittadini che fanno politica, lanciano proposte e desiderano essere ascoltati, anzi esigono dalla politica istituzionale un’attenzione che sinora è venuta a mancare. Addirittura, in occasione del G8 di Genova li si vuole negare il libero esercizio del diritto di manifestazione o, per essere più precisi, non ci si esprime chiaramente sulla legittimità della protesta. Staremo a vedere e, sulla questione, teniamo tutti gli occhi ben aperti.

Sappiamo, perché non siamo ingenui, che la politica è mediazione e ricerca del consenso, ma alla sinistra, nel caso dovesse realizzarsi il miracolo di una sua vittoria, non siamo più disposti a far sconti. In un bel libro uscito per le edizione Emi dal titolo "Italia capace di futuro" gli autori parlano delle nuove sfide che ci attendono, legate all’ambiente, ai consumi energetici, alle politiche di trasporto, alla vivibilità delle nostre città. Il messaggio è molto chiaro. o usciamo da un modello di economia classica basato sulla crescita materiale e quantitativa – tradotto, la dittatura del P.I.L. - o siamo destinati a perire. Ecco, questo è il terreno sul quale vorremmo che, a piccoli passi, per carità, accettando i limiti che s’incontrano nell’azione quotidiana di governo e via discorrendo, la sinistra in futuro coltivasse i suoi progetti. Noi stiamo da questa parte.

 


 

"Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino" - Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi

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