Politica
Perché sì

di Maria G. Di Rienzo

A sostegno dell’appello del 2 marzo a Bologna


[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per questo intervento.

Maria G. Di Rienzo e’ una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell’Universita’ di Sydney (Australia); e’ impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta’ e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao Valpiana ha promosso l’appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza? Discutiamone il 2 marzo a Bologna". Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell’islam contro l’integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu’ ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e’ in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]


Perché questo appello, questo tentativo, questo azzardo?

Perché mi piacerebbe andare a votare: potendo scegliere qualcuno in cui ho fiducia; senza turarmi il naso; senza considerazioni sul "voto utile" che poi si rivela ampiamente inutile se non dannoso; ritrovando, per quanto lo permette una legge elettorale vergognosa, il piacere di esercitare un diritto/dovere democratico; sorridente e convinta, non mugugnante e riottosa come negli ultimi dieci anni.

Perché il contributo storico del femminismo, in tutto il mondo, ai grandi progetti di cambiamento e liberazione (dall’antischiavismo ai diritti sul lavoro, dalla resistenza ai fascismi a quella alla violenza di genere) merita di essere nominato e accolto. Il femminismo sa riconoscere con immediatezza "di cosa parliamo quando parliamo di politica": non di un gioco elettorale o di regime a somma zero, ma delle relazioni di potere nella società umana, dell’abuso del potere, di quanto politica ogni relazione sia in presenza di dinamiche di potere.

Perché non ne posso più delle parole-contenitore come "modernizzazione", "riforme", "il nuovo soggetto politico", eccetera, senza che nessuno si degni di dirmi cosa vuole modernizzare, cosa vuole riformare, e perché, e magari en passant cos’ha di nuovo un politico alla quarta o quinta legislatura.

Perché non voglio essere più menata per il naso con la storia della "governance". La quale sarebbe, in sintesi, la regolazione della vita politica a differenti livelli come governi locali, attori statali e non statali, comunità di persone, movimenti sociali, con alla base l’assunzione di uno spostamento nelle "sfere d’autorità", dallo stato (e dai rapporti tra stati) alla presenza di attori e luoghi molteplici. E invece é diventata un’ideologia che assicura la continuazione del discorso neoliberista evocando immagini di manager e tecnici, sondaggi e grafici, aziendale efficienza e così via, dichiarando di risolvere i problemi in modo "oggettivo". La questione é non solo che welfare e sfrenata libertà del mercato si contraddicono tra loro (riducendo la protezione sociale a regalia del Signore in carica), ma che i prodotti di questo concetto di governance si sono dimostrati altamente inefficienti nel proteggere l’ecosistema Terra ed i suoi abitanti. Tutto quel che hanno fatto é stato "mercatizzare" le istituzioni, tendendo a privatizzare il più possibile servizi sociali e beni comuni.

Perché vorrei confrontarmi con la politica reale, e non con la politica spettacolo. Una volta credevo che il transito dai parlamenti ai salottini televisivi fosse una degenerazione spontanea del fioco lume, ora vedo che é inevitabile progetto di governance, perché colonializza la vita sociale: non é un mero susseguirsi di immagini futili e discorsi fumosi, di giarrettiere esibite e di strilli cafoni, bensì una relazione sociale tra persone mediata e filtrata da immagini; é il progetto ed il risultato degli attuali modelli produttivi. L’immaginazione popolare é ormai piena di salotti cialtroni, lì sta il potere, e il massimo a cui puoi/devi aspirare é sederti in poltrona anche tu.

Perché voglio un’analisi di genere della politica economica e delle relazioni tra stato e mercato; una sfida alla divisione tra pubblico e privato, e un impegno a trasformare le relazioni di genere che informano le basi di ogni politica, giacché le relazioni di genere sono costitutive dell’identità "stato" e cruciali nella persistenza di moduli patriarcali nei campi della produzione e della riproduzione.

Perché se non ci proviamo non sapremo mai se é possibile. Perché abbiamo bisogno di guardarci negli occhi, di sorriderci, di darci una pacca sulla spalla e di discutere animatamente... Insomma, perché sì.

Tratto da
Notizie minime de
La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Arretrati in:
http://lists.peacelink.it/

Numero 362 dell’11 febbraio 2008



Lunedì, 11 febbraio 2008