"lettere dal palazzo"
ICI - Vaticano: inutilità di un voto contrario

di Lidia Menapace

11 novembre 2007
A chiunque mi domandi di far cadere il Governo con qualsiasi pretesto, rispondo che i pretesti non mancherebbero, ma io non faccio cadere il Governo.
Primo per una ragione formale e cioè che mi sono impegnata davanti all’elettorato a sostenerlo. Secondo per una ragione politica, cioè perché è un ‘Governo di coalizione, con programma concordato e metodo decisionale detto “del consenso”.
Tornerò su questa seconda ragione, intanto mi occupo dell’ultimo ‘scandalo’ della sinistra, per essersi solo astenuta e non aver votato a favore dell’emendamento socialista contro i privilegi fiscali della Chiesa cattolica sull’Ici.
I parlamentari socialisti che stavano nell’Ulivo e si sono collocati a sinistra dopo la formazione del Pd, hanno fatto la loro prima uscita parlamentare con una proposta di emendamento in Finanziaria sui privilegi fiscali della Chiesa cattolica. Si capisce benissimo e si condivide la ragione di questa prima uscita: i socialisti, in un momento così buio per la laicità, hanno voluto sottolineare la loro ragione storica, in quanto al momento di scrivere la Costituzione italiana si erano rifiutati di accettare l’articolo 7 con la costituzionalizzazione del Concordato mussoliniano votando contro assieme a liberali e repubblicani, mentre a favore oltre la Dc votò il Pci. Si trattava dunque di un emendamento ‘di bandiera’.
Era anche scritto in maniera tecnicamente modesta e non era stato concordato con il resto della sinistra. Né tantomeno con il resto della maggioranza. Poiché una prima inosservanza degli accordi presi avrebbe potuto far precipitare una frana inarrestabile di emendamenti da parte di diniani & company, abbiamo deciso di fare una dichiarazione di accordo sostanziale astenendoci dal voto come segnale politico.
Va detto che se anche avessimo votato a favore i privilegi fiscali per la Chiesa Cattolica, sostenuti da tutta la destra e dal resto della maggioranza, sarebbero rimasti invariati e in più poteva cadere il Governo. Il danno sarebbe stato doppio.
Ci sarà la possibilità di discutere su un ordine del giorno socialista, formato anche da parecchi di noi, sull’8 per mille. Anche in questo caso nessun risultato pratico, se non la caduta della censura preventiva che vige nel Parlamento italiano ogni qual volta si parla di Vaticano.
Bisogna infatti sapere che, se anche riuscissimo a far approvare l’ordine del giorno sull’8 per mille il risultato sarà soltanto che se ne può parlare.
A questo punto la domanda mossa da una importante compagna milanese e cioè se tra lotte per i precari e queste lotte per la laicità sceglieremmo le lotte per i precari rispondo che senza dubbio sì sceglierei i precari. Dato che i precari sono in carne ed ossa e votando si interviene a modifica della loro situazione reale, mentre “questo” tipo di lotta sulla laicità ha un valore puramente simbolico e non cambia per ora nulla.
A questo punto riprendo la riflessione sul secondo motivo del mio sostegno al Governo: cioè a un Governo di coalizione, con programma concordato, e decisioni prese col metodo del consenso. Esperimento del tutto nuovo in Italia, che non assomiglia né ai governi maggioritari dei paesi a sistema bipartitico, né ai governi tri-quadri-penta partito tipici della Prima Repubblica italiana. Questi ultimi assomigliavano a società per azioni nelle quali i soci con pacchetto poco pesante usavano il ricatto dei loro pochi, ma necessari, voti per ottenere di più.
Un governo di coalizione invece è formato da forze politiche che si sanno diverse, ma non incomponibili; Usano un programma per indicare le aree di composizione già raggiunte e il metodo del consenso per le ulteriori decisioni. E’ una forma governativa nuova, innovativa, adatta alle società complesse. Il Governo Prodi così aveva cominciato e al seminario di Caserta così aveva stabilito. Solo che pochi giorni dopo il seminario il Governo era incorso nella sua prima crisi, quando nel voto di fiducia avevano votato contro in modo determinante Andreotti (Vaticano), Cossiga (Usa) e Pininfarina (Fiat), ma in più Turigliatto e Rossi della maggioranza. Questo infrangeva il patto appena stipulato e Prodi prese subito la palla al balzo scegliendo di fare un governo del premier retto da un dodecalogo da lui scritto, e riservandosi comunque la decisione finale su tutto. Considero questa situazione non normale, ma di emergenza, e lavoro per ripristinare le condizioni di Caserta. Secondo me, ci siamo, dato che il leale appoggio della sinistra al governo non si può disconoscere e che sul pacchetto sicurezza il ministro Ferrero si è comportato per l’appunto, dando voto favorevole nel suo complesso, ma segnalando punti importanti sui quali il consenso non era stato raggiunto, e perciò bisognava continuare a discutere.
Un tempo, nemmeno molto lontano, la sinistra si distingueva per una capacità di analisi politica e di decisione pratica complessa, sofisticata, intelligente: queste qualità non sono scomparse ma risultano disperse e quasi senza canali di rappresentanza, mentre persone di sinistra note, colte, impegnate nelle organizzazioni politiche sembrano imitare brutti esempi comici nella sommarietà dei giudizi.
È un problema e bisognerà trovare le vie per risolverlo. Non le so indicare se non in una più stretta relazione informativa, prima di sparare giudizi, nella capacità di attendere anche spiegazioni e, se non chiedo troppo, anche in un piccolo tasso di fiducia non acritica verso i propri rappresentanti.
Quanto a me, mi scuso in anticipo della brutalità delle conclusioni: vedere l’infantilismo, la sommarietà, la retorica dell’opposizione è fastidioso, ma consolante; trovare atteggiamenti analoghi nella sinistra è solo triste.
Quanto a me, come dicevo, mi scuso, ma mi sono davvero STUFATA!



Domenica, 11 novembre 2007