"lettere dal palazzo"
La Commissione sull’ uranio impoverito

( ...e la sortita di Franca Rame )


di Lidia Menapace

La proposta di organizzare una visita della Commissione parlamentare d’inchiesta, detta "Uranio impoverito", a Lecce e al poligono di tiro di Torre Veneri, fu avanzata da uno dei vicepresidenti, il senatore Costa, discussa dall’ufficio di presidenza allargato, in luglio, e decisa per la ripresa dei lavori.

La data, scelta appunto alla ripresa, fu il pomeriggio del 20 (la mattina c’era aula e le commissioni non possono riunirsi in concomltanza delle sedute) e la mattina seguente, per un appuntamento in prefettura a Lecce con la stampa e alcune famiglie che avevano chiesto di essere audite; la mattina una conferenza stampa e la visita al poligono. Che non è interessante per stazionamento o esperimenti o test con presenza di uranio, però è direttamente a mare, dove vanno parte dei suoi scarichi e scorie, è stato usato per addestramento -con armi leggere- da militari Usa e Nato fino a pochi anni fa. Inoltre, come ci diceva il collega Costa, la Puglia è una regione che dà un terzo dei militari nel nostro paese, il che dice qualcosa sul legame e quasi dipendenza delle sorti della gioventù pugliese dalle Forze armate.

Appena stabilita la data, i funzionari della Commissione hanno incominciato a organizzare percorsi orari e particolari della visita e si sono accorti che -essendo la seduta del Senato di giovedì 20- prevista fino alle ore 13,30 non avremmo potuto in seguito trovare voli di linea. Per questo si decise di chiedere alla presidenza del Consiglio di poter usufruire di un aereo militare, il che fu consentito, come -se necessario- capita di solito. Siccome la seduta di giovedì si è poi prolungata fino alle 16,30 è stato particolarmente utile che potessimo fruire di un volo riservato, altrimenti avremmo perso un qualsiasi aereo di linea e sarebbe saltato tutto il programma. Invece, partiti appena dopo la fine dei lavori, abbiamo potuto raggiungere la prefettura di Lecce e onorare gli appuntamenti presi, quasi in orario.

E’ stata una tappa importante dei nostri lavori, per noi, credo per la stampa e per famiglie e persone interessate, che avevano fissato un incontro con noi, esponendo con grande forza questioni drammatiche.

Il giorno dopo abbiamo avuto la conferenza stampa e poi la visita al poligono, molto accurata e interessante, siamo rientrati a Roma il pomeriggio di venerdì 21.

La visita ha ricevuto una forte critica da parte della senatrice Franca Rame, alla quale non ho da dire niente di più, se non le informazioni date e che le erano già note al momento della nostra partenza da Roma: lamenta di non essere stata informata e non capisco come possa essere successo, dato che Franca Rame è una delle più sollecite tra i componenti della commissione: mi stupisce, ma la ringrazio per aver parlato della Commissione sulla stampa.

Che invece non ringrazio, dato che non mi pare buona professionalità quella di dare notizie senza controllare la fonte o le fonti. Sarebbe bastata una telefonata agli uffici della Commissione per avere le notizie e le spiegazioni, sulle quali naturalmente resta ogni libertà di critica.

Poichè vedo che mancano informazioni approfitto per darne.

La Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito (e su altro) è alla sua terza edizione e non ha ancora mai concluso i suoi lavori definitivamente. E’ una commissione che equivale in certo senso a un tribunale e non dipende da maggioranze politiche. E’ tenuta -appunto per la sua natura giudiziaria- a un preciso riserbo.

Dopo che il presidente Marini mi ebbe nominata presidente e i vari gruppi ebbero designato i componenti, incominciammo i lavori in continuità con la precedente commissione dalla quale, per così dire, prendemmo le consegne, da parte del suo presidente sen. Franco. Poi nominammo alcuni esperti e qui la Commissione approvò un criterio in parte innovativo che le avevo proposto, quello cioè di avvalersi prevalentemente di strutture pubbliche e di nominare esperti non su tutto e per sempre, ma ad hoc e a tempo. Mi sembrava e sembra un criterio più efficace, limpido ed economico (gli esperti hanno accettato il puro rimborso spese). Per farmi capire: abbiamo esperti di nanoparticelle, altri sono epidemiologi, altri studiano la radioattività, altri sanno di balistica: ad ognuno di loro è stato chiesto di riferire sullo stato dell’arte e di dire quali strumenti dati e tempi fossero necessari per darci le prime informazioni.

Per i dati mi sono rivolta all’Istituto superiore di Sanità e alla Direzione generale della Sanità militare. Poichè lo stesso ISS aveva bisogno di dati dai distretti e ospedali militari abbiamo incaricato la polizia giudiziaria di raccoglierli secondo criteri indicati con quesiti dall’Istituto. Penso sia giusto servirsi delle strutture pubbliche che sono lì apposta e sono di alto livello: tuttavia debbo constatare che non sono attrezzate per un genere di attività specifiche, forse bisognerà modificare la legge istitutiva perchè invece sarebbe necessario che lo fossero, per fornire dati notizie specifiche perizie e in tempi non troppo dilatati. La Commissione non attende i risultati delle ricerche scientifiche: ha bisogno di criteri e dati in appoggio, che consentano di stabilire con una buona probabilità statistica i danni prodotti dall’uranio sugli organismi dei militari e civili che si fossero trovati esposti ad esso. Distretti ed ospedali, con maggiore o minore sollecitudine e completezza hanno mandato ciò che chiedevamo, ma i dati non sono stati raccolti secondo protocolli comuni, sì da offrire spogli e confronti sicuri: anche questo bisognerà definirlo per il futuro, insieme all’ottimo progetto della Sanità militare di mettere in piedi un centro di eccellenza per la ricerca sui tumori.

Si profila un disegno di questo tipo: se non si può stabilire una lineare sequenza di causa ad effetto fra presenza di uranio e patologie, non è però possibile escludere che tale nesso ci sia, e che ad esso si accompagnino nelle situazioni considerate altri fattori, come ingestione di nanoparticelle, somministrazione non corretta di vaccini, stress ecc. Ciò dato è necessario usare il criterio di precauzione a tutela della salute di civili e militari: le precauzioni sono state prese? da quando? erano adeguate? si è controllato che siano state seguite? e in futuro, come si pensa di ovviare e norme o procedure inadeguate?

Come è giusto, appena questi interrogativi avranno avuto risposta (e molti di essi saranno rivolti al ministro Parisi quando verrà audito in Commissione il giorno 9 ottobre) si procederà a stabilire il riconoscimento dei danni subiti per cause di servizo e il risarcimnto dovuto per i morti, i superstiti e gli ammalagti.

Naturalmente la soluzione vera è di non mandare nessuno in guerra: ma di uranio e altre diavolerie ne sono state buttate in giro per il mondo e in Europa così tante, che anche senza altre aggiunte ci sarà un bel da fare e da pagare. Il peggior costo della politica certo è la guerra, e il più insensato.



Luned́, 24 settembre 2007