"lettere dal palazzo"
Smantellamento del Welfare State

di Lidia Menapace

16 dicembre 2007
Il famoso protocollo Welfare firmato con i sindacati, approvato dalla consultazione tra gli operai, arriva in Senato -dopo un braccio di ferro nelle commissioni- con un certo numero di emendamenti concordati, che sono in buona parte frutto della pressione ferma e cortese, cortese ma ferma e soprattutto giusta, dei nostri compagni e compagne di tutta la sinistra.
Chiedo di intervenire per prima tra noi e all’inizio della discussione generale, perchè non intendo parlare nel merito, ma su una questione di termini e di procedure, che mi pare importante e prioritaria.
La mia proposta viene accettata e dico pressappoco (in forma più breve perchè ho pochi minuti di tempo)così: che noi -come sempre, pur essendo accusati dall’opposizione di essere dei briganti, che tengono in ostaggio il governo- muoviamo critiche nel merito e sull’interesse generale, mai per posti o per veti ideologici, dando al governo in tutta l’Unione un appoggio leale e certo, e che intendiamo dire ciò che diciamo, per avere una base di argomenti per la verifica di gennaio non solo sulla legge elettorale, ma anche su alcune avvisaglie (e ormai più che avvisaglie) di metodi che sembrano voler introdurre in forma di costituzione materiale mutamenti istituzionali significativi e immotivati, al limite dell’incostituzionalità formale.
Arriva dunque in Senato un protocollo nato da una proposta di legge del governo (l’abitudine di dare il via all’attività legislativa da parte del governo e quasi esclusivamente da parte del governo, data ormai da decenni e sempre meno a seguito di delega dal parlamento). Già un primo decadimento della funzione legislativa, che spetta al parlamento. Ma questa volta la cosa supera ogni limite, dato che il governo sigla con le forze sociali un accordo sul testo di legge senza passare per le camere che perciò ricevono a loro volta un testo blindato - o prendere o lasciare- il che significa che il potere legislativo passa dal parlamento al governo: bel colpo! chi è il brigante? chi ruba poteri?
Benchè siano i sindacati a dover difendere il loro ruolo, un accordo blindato dalle due parti rende il governo arbitro sia della dinamica parlamentare, sia della dinamica sociale, agendo al centro delle due forze: se questo non è stato corporativo, che altro è?
E’ stato corporativo: però "moderno", l’insignificante aggettivo col quale si contrabbandano tutte le schifezze possibili (sarebbe troppo rinviare alla lettura del dialogo leopardiano "della Moda e della Morte"? certamente: Leopardi non è "moderno") peccato! consiglio buttato.
In verità è il progetto di Luhmann, Niklas Luhmann l’intelligentissimo (dico io) politologo di destra (così si definisce lui) tedesco, acuto analista e inventore della "società complessa", analisi sulla quale è difficile dargli torto, secondo Habermas, e propositore della ricetta politica per governare le società complesse, sulla quale ricetta invece -sempre secondo Habermas e altri- si può e si deve controbattere.
Luhmann sostiene che nelle società complesse le identità non sono semplici ma intrecciate, spesso nella stessa persona e ciò mette fuori gioco le grandi idee sulle quali si sono costruiti i grandi movimenti di massa. Non è però una società inerte come quella feudale, anzi è attraversata da moltissime lotte su "single issues", per obbiettivi singoli, che non costruiscono movimenti stabili, ma alleanze passeggere e contradditorie.
Una società così è difficile da governare. Perciò la ricetta è: lasciar fare e dire i movimenti, tanto non riescono a connettersi e a diventare politici, restano rivendicativi e corporativi. Bisogna avere un governo decisionista che all’occorrenza li scavalca e delegittima. Siccome però anche le società complesse hanno bisogno di qualche momento simbolico di identificazione, bisogna eleggere plebiscitariamente il capo, e poi lasciar fare il governo che prende decisioni senza bisogno di verifica. E’ la forma contemporanea dello stato corporativo, infatti i movimenti oggi sarebbero "corpi", "corporazioni" nel senso medievale del termine, non soggetti politici.
Questa ricetta fu accettata dalla Thatcher, da Kohl e da Reagan: di fatto anche da Blair, e contrabbandata in Italia da Craxi come fosse una cosa di sinistra. E ora diventata comune idea politica di quasi tutti. Comunque di Berlusconi e di Veltroni.
Ma di nessuna donna che sia e sappia di essere donna, perchè questa ricetta ci relega tra i movimenti senza identità politica, che danno un po’ fastidio, ma sono passeggeri. E questa opinione è ancora più vasta dell’area occupata da Berlusconi e Veltroni.
Ma che cosa è il Welfare del quale si parla? Il Welfare State o stato sociale è stato una invenzione tipicamente europea ed è -a mio parere- la forma più evoluta di stato che si sia vista sulla faccia della terra. Infatti partendo dalle grandi correnti dello stato di diritto liberale, si confronta con le idee solidaristiche del cattolicesimo sociale (Ketteler, Leone XIII), con le correnti socialiste delle università e con i sindacati, continua ad accogliere sempre nuovi diritti attraverso lotte lunghe e difficili, ma molto positive, e come diritti sono così riconosciuti i bisogni che emergono storicamente, per l’appunto la cittadinanza, il voto, la libertà di parola e di stampa, di associazione e di coscienza, nel periodo 1880-1910, e poi da Bismarck fino al Fronte popolare in Francia, nel periodo detto "tra le due guerre", e da Lord Beveridge in poi, dopo la seconda guerra mondiale, il diritto allo studio, alla salute, alla casa, lavoro, trasporti, servizi sociali ecc. La ricchezza sociale prodotta, che occorre per soddisfare questi diritti universali, comuni, soggettivi, esigibili va ripartita attraverso il fisco e ciò rende di fatto la guerra non un bisogno nè un diritto, ma al contrario si afferma il diritto alla pace: la guerra non solo è una follia, una violenza, uno strappo della costituzione, bensì un lusso che lo stato sociale non permette. Per questo bisogna distruggerlo, per poter fare guerre. Se si va verso le spese militari come spese che qualificano lo stato (gli investimenti in armi sono "la colonna del bilancio dello Stato", non della Difesa) non si possono fare spese sociali universalistiche, in base ai bisogni-diritti, ma si torna alle categorie assistitibili, a seconda del potere di questa o quella corporazione di bisognosi.
Lo smantellamento cominciò dopo il decreto Craxi che divideva spesa sanitaria da spesa sociale, tornando pressappoco al 1890, dopo che i beni sottratti alla Chiesa furono riuniti in una confraternita laica e iniziarono le Ipab (istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), e la costruzione di uno stato assistenziale laico. Finiva poco a poco la definizione naturalistica o metafisica del "povero" e si vedevano i bisogni specifici, veniva istituito il medico condotto, l’ostetrica condotta, l’ECA. Cenni di assistenza pubblica, che doveva diventare diritto.
Ma a furia di "modernità" siamo già arrivati dal 2007 al 1890, se continuiamo così e si intacca la cittadinanza, la rappresentanza e la divisione dei poteri, e si coltivano nuovi sudditi divisi in corporazioni, ci ritroveremo al 1789.



Luned́, 17 dicembre 2007