"lettere dal palazzo"
Dolomiti di Sesto : un monito della natura

di Lidia Menapace

14 ottobre 2007
Di cose ne succedono tante e poche di belle, ma vorrei prima di tutto parlare del crollo da Cima Una in Val Fiscalina nelle bellissime Dolomiti di Sesto in Pusteria. Provincia di Bolzano. Subito gli albergatori che si preoccupano del turismo e quindi tendono a minimizzare l’evento, dicono che è un evento "naturale". Certamente non è soprannaturale, ma che sia frequente e di quelle dimensioni certamente no, e che c’entri qualcosa il mutamento del clima non si può negare.
E’ vero: la montagna è un sistema fragile, più ancora lo sono per la loro struttura e origine e composizione (il tipo di roccia) le Dolomiti, alcune non sono nemmeno percorse, perchè troppo fragili; chiunque le abbia scalate sa che è una roccia friabile e poco solida, bisogna stare attenti con gli appigli, perchè possono venir meno e a nessuno sarà mai parso strano, rifacendo la stessa scalata a qualche anno di distanza, di trovare sentieri mutati, camini diversi, ferrate con chiodi divelti.
Ma ciò che sta capitando da alcuni anni, oppure con le dimensioni di questi giorni è cosa che mi da ansietà e tristezza. Infatti da alcune estati si ha notizia continua che alcune piccole guglie franano crollano si disfano, perchè? le Dolomiti come altre formazioni di roccia "recenti" (le Alpi sono geologicamente "giovani", molto più degli Appennini il cui profilo infatti è già stato ingentilito, arrotondato dagli agenti atmosferici nei millenni e millenni, come capiterà nei millenni e millenni alle Alpi). Giovani sono soprattutto quelle il cui profilo è molto accidentato.
Infine che tutte le montagne appunto in milioni di millenni siano destinate ad essere ridotte a pianure altipiani pianori colline di forme dolci e arrotondate ecc. lo si sa, ma ciò che sta succedendo è altra cosa e la frequenza allarma, come allarma lo scioglimento dei ghiacciai, di tale evidenza, che ormai la memoria di singoli alpinisti ricorda forme diverse estensioni molto più ampie: non si era mai visto, fino ad alcuni decenni fa il segno vistosamente mutato dei margini dei ghiacciai.
Insomma le guglie e le cime dolomitiche hanno un’anima di ghiaccio profondo e durissimo, come quello siberiano , detto "permafrost", che vuol dire surghiaccio profondo e permanente. Anche in Siberia ogni tanto se la superficie surgelata si scioglie, vien fuori una zanna di mammut o un osso di un qualche animale preistorico. Anni e anni di progressivo continuo tenue ma tenace innalzamento delle temperature, hanno via via allentato e poi reso meno duro e tenace il ghiaccio interno e la roccia si disfa. A ciò si aggiunge che per avere campi da sci anche quando non nevica, gli albergatori fanno piste di neve artificiale, cavando acqua dalle sorgenti, sicchè si abbassa la falda acquifera, che impoverisce e smuove il terreno; e poi -dato che la neve artificiale è costosa- la mantengono mescolando all’acqua sostanze chimiche: quando poi a primavera comincia a sciogliersi brucia i pascoli e inquina le falde, un disastro, ma gli albergatori sono più potenti presso la SVP dei contadini. Inoltre nella sua giusta politica di favorire la rotaia al posto della gomma, la Provincia autonoma di Bolzano, che tenacemente e giustamente nega il raddoppio dell’autostrada del Brennero, però vuole allargare il valico ferroviario e appoggia un progetto per un altro tunnel. Il Brennero è un confine geologico molto importante, un luogo di incontro della deriva dei continenti, un luogo critico. Sarà il caso di ripensarci, appoggiando gli sforzi e le proteste della popolazione.
E, a proposito: che si pensa dei vari lavori di scavo tunnel buchi della Tav? E si parla ancora di bucare il Carso? Facciamo tutti come la Cina che dopo aver orgogliosamente vantato la diga più grande del mondo, si accorge che frana inquina porta via il fondo e che per metterla in sicurezza bisogna sfollare quattro milioni di persone? Non è meglio accorgersene prima, e piantarla con atteggiamenti prometeici, pensare che bisogna mettere un limite alla sempre crescente velocità, improvvisazione, fiducia cieca nella tecnica e subordinazione agli interessi economici?
Sono certo eventi "naturali": è la natura che comincia a mostrare insofferenza per il nostro modo di viverle addosso e ci manda avvertimenti. Almeno non andiamo a cercare scuse: bisogna mutare il nostro modo di vivere e di consumare, mettere un freno alla eccessiva velocità, abituarsi ad essere usufruttuari e non proprietari della terra: sarà sempre tardi quando succederà.
E’ inutile dire che la specie umana ha sempre sfruttato la terra ecc.: ma ciò succedeva con la lentezza della fatica umana, non con la velocità e la violenza delle macchine; ciò succedeva quando la terra era molto meno abitata, adesso ogni fenomeno viene aggravato dal fatto che siamo miliardi e sempre in crescita e cominciamo a mostrare i comportamenti ansiosi e aggressivi che altri animali sviluppano quando sono chiusi in una gabbia sempre più piccola.



Domenica, 14 ottobre 2007