QUANDO IL SACRO DIVENTA POTERE, IL CASO ITALIANO

La laicità dello stato non ha basi storiche e pratiche diffuse molto profonde in Italia


di Lidia Menapace

Relazione tenuta al "campeggio" del Forum delle Donne a Santa Marinella il 4-9-2007


Divido la relazione in due, nella prima cercherò di definire il potere sacro e quello politico; poi esporrò il caso italiano.

Il sacro è sempre potere, è una delle forme del potere, una delle più diffuse, introiettate e forti. Il potere sacro è fondato sulla preminenza, grandezza, forza delle divinità e quanto più le divinità sono definite e personificate, tanto più quel potere è forte. Vi è una sorta di sacralità anche del potere della natura, ma esso si esprime come paura della notte, del buio, dell’ inverno, del fuoco, dell’acqua, del terremoto e non diventa ordine costituito, legge. Quando il sistema delle divinità, anche personificato, è molteplice, esso ha un carattere meno vago della natura, temibile per la sua forza, ma non assoluta: varie divinità che assomigliano molto a grandi e grossi uomini o superuomini detti eroi o dee, mantengono una dimensione cui ci si può paragonare. Resta però fondamentale, tuttavia, che l’ordine del sacro anche politeista e antropomorfo è fondato sulla disparità ontologica tra il divino e l’umano e chiede perciò sottomissione sacrifici obbedienza culto: fonda una morale non libera, ma premiale, posta nel rispetto di norme comportamenti atteggiamenti osservanze (il sabato, la domenica, il ramadam) grazie e miracoli e punizioni. Anche quando l’ordine pagano ha al vertice una coppia divina, cioè non esprime l’assoluto, questo carattere non muta. Per questo anche la Dea -come la Madre- ha in sé possibili caratteri involutivi autoritari e una morale premiale e di soggezione.

Il potere sacro diviene massimo assoluto e patriarcale col monoteismo: storicamente sempre più rigoroso, dall’Ebraismo che dà di Dio una rappresentazione ambigua, bisessuata (Dio offre le sue mammelle al popolo, Dio è colui che guida gli eserciti, è il Padre, ma il suo utero si commuove, è anche Figlio, forse Donna (Ruah, tradotto al maschile Spirito santo e non anima santa come sarebbe più giusto). Più rigorosa la definizione di Dio nel Cristianesimo, che pur non ammettendo un Dio donna, lo ammette madre ( riprendendo un passo di Isaia), ma di straforo, e che inventa -soprattutto nella versione cattolica- l’ambiguità di Maria, che non è dea, ma non è nemmeno marginale, essendo la Madre di Dio e la mediatrice di tutto, quasi la custode del sacro, fatto di riti novene invocazioni e legami. Il protestantesimo infatti, che non riconosce tale carattere a Maria è insieme più emancipatorio (anche le donne hanno diritto al sacerdozio) e più maschilista. L’Islam è ancora più rigorosamente monoteista e anche per questo è più difficile favorire una sua evoluzione verso la donna.

Il potere politico o laico è fondato invece su un patto tra uomini (maschi e della stessa "comunità"), ma liberi e la polis è il luogo di tale patto, sicché il potere politico non è sacro, nel senso che si fonda non su preghiere e dipendenze, ma su leggi, norme e disposizioni: nòmoi, cioè disposizioni fatte per spartire (nèmein) le risorse e fondare il diritto di accesso ad esse. Si può porre la richiesta di accesso ai diritti, anche da parte delle donne e dei migranti e di chi non fa parte della "comunità", ma vuole diventare parte della "cittadinanza", mentre la stessa domanda rivolta al potere sacro, riceve rifiuti autoritari e senza discussione.

Un episodio evangelico mette bene in luce questa distinzione, confrontando una forma di potere politico molto evoluta e durevole, l’Impero romano con una religione del pari ricca di osservanze precise, di ordinamenti sacerdotali e di storia. Da una parte il potere del Sacro (il Tempio, la Thorà, i Rabbini, la Sinagoga), dall’altra un potere politico occupante subìto e forte, cui si rilutta e ci si oppone in vari modi, dallo sciopero fiscale dei Farisei alla ribellione anche armata degli Zeloti (la stessa parola che Hamas) tra i quali erano certamente anche dei discepoli di Gesù Cristo. Ciò stabilisce relazioni complesse e non sempre chiare: ad esempio il potere religioso si rivolge al potere politico per l’esecuzione di condanne (anche -in seguito- quella di Cristo, che lascia tanto perplesso Pilato, il governatore romano, da volersene lavare le mani: alla fine mette come titolo della condanna una causa politica: perché quel nazareno voleva diventare re dei Giudei (INRI), dunque era un ribelle al potere politico romano).

Per tornare all’episodio del tributo, la cosa viene narrata così: dei Farisei, con l’intento evidente di smascherare il Messia, gli pongono una domanda trabocchetto: si presentano con una moneta romana e chiedono se si debbono pagare le tasse. Se Cristo risponde di no, lo possono denunciare ai Romani come evasore fiscale; se risponde di sì lo indicheranno al pubblico ludibrio come servo dell’odiato imperialismo romano. Gesù Cristo si fa mostrare la moneta (come dire: il 740) e dice di dare a Cesare ciò che è suo, indicato dalla sua faccia e a Dio ciò che è di Dio. Significa che distingue nettamente e fondativamente le due aree e non per motivi giudicabili, se il potere politico è giusto, se è dalla tua parte, se ti offre un buon motivo per pagare -ad esempio aiutare i poveri-, se le tasse sono giuste ecc.: esse sono dello stato e basta.

È una tappa fondamentale nella storia del potere tra gli umani: dice chiaramente che il potere politico, dello stato è autonomo e specifico e non sottostà ad altri poteri (art.7 della Costituzione), come il potere del sacro nel suo ordine (ciò che è di Dio). Si lotterà secoli per stabilire relazioni e gerarchia, ma appunto: non sulla base della reciproca autonomia e distinzione o separazione ecc. Per porre fine a sanguinose guerre di religione tra Cristiani, che durano da quando Costantino mette il simbolo del sacro sulla bandiera del suo esercito e dà il via alla Cristianità persecutoria e alla religione di stato, questa "soluzione" pasticciata, con reciproca guerra e non meno reciproco sostegno tra i due poteri confusi (alleanza fra Trono e Altare) insanguina l’Europa feudale e ha fine con il Trattato di Westfalia (1648) quando si stabilisce senza alcun rispetto del testo evangelico (a proposito di radici cristiane!) che la religione è quella del potere politico di quella terra (cuius regio, eius religio), l’inizio delle pulizie etniche su base religiosa e di molti guai: lo dico perchè usare il trattato di Westfalia nei Balcani e riproporlo in Iraq è da folli o da ignoranti della propria storia aldilà del lecito.

La piena affermazione della autonomia e laicità dello stato è una conquista della Rivoluzione francese, anche se non manca di sfumature sacrali impropriamente attribuite al potere politico (la dea Ragione!) e si costruisce storicamente con molte varianti nei vari paesi. In Inghilterra il re o la regina è anche capo della Chiesa anglicana, in Svezia il parlamento deve avere una maggioranza di parlamentari che si dichiarino luterani, gli Usa chiedono la protezione di Dio e la sua benedizione solo su di loro, ma si tratta per lo più di formalità non molto influenti.

Nei paesi a maggioranza di popolazione che professa il cattolicesimo (Italia Spagna Portogallo Polonia Ungheria America latina ex colonie francesi ecc.) la questione è più complessa perché il cattolicesimo si è venuto strutturando anche come uno stato e ha esercitato a lungo un vero potere statale sacro, mantenendo ancora oggi una struttura diplomatica e rappresentanze politiche (i Nunzi) oltre che la gerarchia propriamente religiosa (i Vescovi). E in Italia, dove questo potere politico sacrale è stato a lungo esercitato in forme molto visibili fastose potenti assolute (molte condanne a morte anche per motivi politici da parte del papa re) esso è stato il massimo ostacolo alla formazione dello stato italiano, come era già chiaro a Machiavelli appunto nel periodo di formazione delle grandi monarchie assolute, madri dei moderni stati nazionali.

La lunga cruda "questione romana" seguita alla breccia di Porta Pia e alla conquista armata di Roma per farne la capitale d’Italia, prende una via di soluzione non molto felice con il Concordato del 1929, tra Stato Pontificio e stato italiano durante il fascismo (una sorta di aggiornato patto fra Trono e Altare) che mette in luce la specificità del nostro paese e fa della Chiesa cattolica uno stato nello stato con prerogative e privilegi non da poco, ma non sottoponibili a referendum, perchè parti di un Trattato internazionale.

Oggi, dato che lo stato vaticano non può entrare in Europa, a tacer d’altro soprattutto perché non è uno stato democratico nè costituzionale; l’islam cresce vorticosamente nel mondo; e insieme procede la secolarizzazione soprattutto in Europa, Benedetto XVI ha dettato da cardinale a Giovanni Paolo II e poi avocato a sé una risposta alle secolarizzazione opposta a quella che era stata avviata col Concilio da Giovanni XXIII e da Paolo VI: i due papi del Concilio intendevano liberare la Chiesa cattolica dal potere sacro come potere religioso assoluto fino alla superstizione (Giovanni XXIII rifiutò sempre di canonizzare Padre Pio, che riteneva un simulatore), mentre Paolo VI definì la povertà come il principale attributo di una chiesa che volesse resistere correttamente alla secolarizzazione, povertà non solo dalle ricchezze terrene visibili e materiali, ma anche e forse soprattutto dalle ricchezze culturali ostentate come universali: per cominciare non si sarebbero dovute più scrivere encicliche, nè impedire alle chiese locali di affrontare da sè i problemi localmente (teologia della liberazione in America latina): la chiesa non si doveva più considerare esperta di economia diritto politica arte etica, ma solo "esperta in umanità", sicchè niente più encicliche, segno del potere assoluto e autoritario del papa in dottrina. Giovanni Paolo II ha smantellato di fatto con la sua prorompente personalità tutto ciò e ora Benedetto XVI tenta di consolidare il processo con una operazione di bieca restaurazione persino nel simbolico (altare girato, messa in latino) .

Molti, quando dico che questo è il pericoloso disegno di Benedetto e si chiama neotemporalismo, cioè la costruzione di un potere politico sacrale in Italia, considerata uno spazio a disposizione, mi rispondono che si tratta di una posizione antistorica, destinata al fallimento: non ne sarei tanto sicura e del resto posizioni antistoriche, sostenute da un potere come la Chiesa cattolica e dalla destra ovunque, non sono poco temibili.

La laicità dello stato non ha basi storiche e pratiche diffuse molto profonde in Italia e la Chiesa gestisce la reazione con forme modernizzanti e mediatiche molto efficaci, dato che si accontenta di un ossequio formale ed esterno.

Il puro anticlericalismo può divertire, ma non serve, non basta certo, occorre un assetto culturale adeguato, che finora poco si vede, anche perché i movimenti di resistenza disobbedienza e critica tra i cattolici si sono molto affievoliti e non forniscono più molti argomenti né informazioni. Si tratta di un confronto culturale importante e non semplice, da affrontare con precisi progetti e mete, proviamoci.



(20-9-2007)



Martedì, 25 settembre 2007