"lettere dal palazzo"
Finanziaria emendata e privilegi vaticani

di Lidia Menapace

9 novembre 2007

Il dibattito sulla manovra finanziaria si dipana per lo più noiosissimo, con una lunga discussione sugli emendamenti che quest’anno sono meno che l’anno passato: ma non è un vero dibattito, è una recita alquanto incartata. I guitti sono tanti, lo schema è il seguente: la destra si sbraccia a "dimostrare" che il governo mente, che la Ragioneria lo smentisce, oppure che fa danno ai poveri e aiuta i ricchi sacrificando le imprese minori, che è prigioniero della sinistra ecc. Insomma ripete un copione molto prevedibile, molto rifatto e comiziante. I rappresentanti della sinistra e i Pd rispondono che il governo non mente, che la ragioneria non lo sbeffeggia, che ciò che di giusto l’opposizione chiede è già previsto in qualche articolo o emendamento successivo, che il governo protegge gli interessi del popolo, ma deve pure risanare il bilancio disastroso lasciato da loro. I punti di frizione sono la politica per la famiglia che la destra rivendica di continuo, non avendo fatto nulla fin quando è stata in carica e il divieto di una qualsiasi prova di laicità. Mi fermo su questo, perchè è stato causa anche di una decisione sgradevolissima, che difendo pur avendola molto mal digerita. In merito ho scritto, su richiesta di Liberazione un pezzo che potete leggere oggi.

Mi era stato richiesto di intervenire a nome del gruppo all’inizio del dibattito e ho sottolineato una cosa che mi pare giusta e cioè che ci sforziamo di scrivere bilanci più narrabili e leggibili, che non elenchino semplicemente per materie affini entrate e uscite, ma connettano e spieghino. Ho fatto l’esempio delle spese militari, che sono divise tra ministero della Difesa (le spese di esercizio) e ministeri dell’Industria Sviluppo ecc. (le spese per armamenti). Questa disposizione insignisce le armi del titolo di sviluppo e ricchezza, segno positivo della produzione del nostro paese, sicchè a nostro parere alla fine ciò diventa una violazione dell’art. 11: un paese che rifiuta la guerra non può fondare il proprio bilancio soprattutto su investimenti per armamenti, le armi non sono merci come tutte le altre. Faccio un esempio appena appena postumo: se non vi fosse una così terribile diffusione di armi leggere (delle quali noi siamo storicamente ricercatissimi produttori -anche l’arma che uccise Kennedy era una Beretta-) gli studenti finlandesi frustrati che sparano a gogò e ammazzano a dozzine, farebbero a botte con minore danno. Il ragionamento è stato accettato da Padoa Schioppa che lo ha citato nella replica. E torniamo al Vaticano. Da quando c’è Benedetto XVI è stato rimesso in pieno vigore il Sillabo di Pio IX, sicchè il papa si serve di tutte le libertà democratiche (in più garantisce per lui e la Chiesa cattolica un favorevolissimo Concordato) per entrare pesantemente (a gamba tesa, si potrebbe dire) nella vita politica e legislativa dello stato italiano, sostenendo che ciò è "vera" laicità, e che chiunque pretenda di giudicare eventi o giudizi ecclesiastici con la ragione o il diritto positivo è "laicista": la Chiesa infatti pretende di essere sempre giudicata "juxta propria principia" (cioè secondo criteri da lei stessa posti) e di giudicare gli altri "juxta propria principia", cioè di essere l’unica fonte del diritto.

Sicchè nel parlamento italiano non si può nemmeno aprire il discorso perchè coloro che si proclamano cattolici pongono di fatto un veto, dimostrando con ciò di temere il confronto e il dibattito, cioè di non essere persone di fede. Non è un mio giudizio temerario, cito una fonte evangelica: l’unico segno terreno che uno o una ha il dono della fede è che non ha paura, lo si vede quando in una barca sul lago di Tiberiade in gran tempesta Gesù Cristo dorme e i suoi discepoli lo svegliano per pregarlo di salvarli e lui li rampogna "perchè temete, uomini di poca fede?" (che per il vero a me ha fatto sempre provare un moto di simpatia verso Pietro e gli altri).

Una sorta di veto è stato opposto a cominciare dal discorso di Ratisbona, e poi sempre, da ultimo un discorso sull’otto per mille è stato dichiarato a priori "materia concordataria" e sottratta al parlamento e poi ieri un emendamento sulle esenzioni fiscali della Chiesa cattolica è stato messo tra gli obblighi programmatici e lo si è dovuto respingere per non aprire un precedente di "indisciplina" del quale avrebbero poi potuto servirsi diniani ecc. I socialisti, che fanno parte, come nuova articolazione, della sinistra, avevano predisposto un emendamento un po’ massimalista a mio parere, per sostenere che la Chiesa debba pagare l’Ici su tutto, anche sulle imprese non lucrative, il che forse è esagerato (il bar dell’oratorio?), poi hanno corretto tardi il testo, il Pd ha un gruppo di cattolici integralisti determinanti nelle sue fila e del resto anche quelli di provenienza -diciamo così- togliattiana hanno per tradizione di sostenere a spada tratta il concordato (l’art. 7, quello che costituzionalizza il Concordato passò coi voti determinanti del Pci, mentre socialisti e laici votarono contro, e contro avrebbero votato volentieri anche non pochi Dc come Dossetti e altri): sono dunque storie lunghe e vecchie. Oggi coperte da un timore quasi superstizioso. Sappiamo bene di essere minoranza, perchè il tasso di laicità nel nostro paese è molto diminuito, insieme con la fede e la pratica religiosa immiseritasi in una superstizione dagli incerti confini, o in una tradizione che è quasi una giaculatoria): sappiamo dunque di essere minoranza, ma che addirittura si voglia negarci il il diritto di vedere quanti/e siamo e come distribuiti è un vero attentato alla democrazia. Ci sarà un ordine del giorno, sempre scritto dai socialisti e firmato anche da noi (da Russo Spena Rina Gagliardi e da me) per dire la nostra sull’otto per mille, ma insomma la cosa è amara e un po’ disgustosa. Pare che l’Italia, meraviglioso paese un po’ malfatto, sia fatto così.



Venerd́, 09 novembre 2007