"lettere dal palazzo"
La Costituzione negata

(arcani e misteri sulla morte di Emanuele)


di Lidia Menapace

3 novembre 2007
Il 25 in un giorno pericoloso per il governo, cade la conferenza stampa di presentazione delle "Lettere dal Palazzo" e cade male, io mi presento a scappa e fuggi, per fortuna chi è venuto è disposto ad aspettare, Rosangela Pesenti ha pensato una presentazione lusinghiera e carissima, insomma speriamo di rimediare almeno vendendo il libro, del quale vorrei che venissero date attraverso la rete le indicazioni di dove e come si può trovarlo. Per il momento non c’è altro da dire, mi piacerebbe che la presentazione di Rosangela girasse sulla rete, ci terrei davvero molto, se lei ha tempo di scriverla. Nel prendere la parola ho detto che vorrei fare un convegno sul modello di difesa, e ci tengo davvero, ma non riesco a tirare insieme abbastanza attenzione e così mi tengo tutto celato perchè parlandone a pezzi e bocconi non vorrei che finisse come per la droga in Afghanistan: la mia proposta di mandare dei militari a controllare e vendere il raccolto di papavero alle ditte farmaceutiche, per poter dare soldi ai contadini e liberarli dalla soggezione ai Talebani, l’hanno presentata i radicali al parlamento europeo, amen! Non mi badate, sono un po’ influenzata e perciò brontolona, ma appena mi passa torno ad essere allegra e sempre contenta, qualunque cosa accada.
Il 26 vado al Teatro Valle qui a Roma, dove sono stata invitata dalla compagnia "Teatro della cooperativa", che presenta un "ritratto di Danilo Dolci" attraverso uno spettacolo intitolato:"E’ vietato digiunare in spiaggia".
Rievoca -entro un programma di riattualizzazione della Costituzione- una delle imprese di Danilo in Sicilia, quando per aiutare i disoccupati di Partinico organizzò con loro uno sciopero alla rovescia, per rivendicare il diritto al lavoro, solennemente affermato dalla Costituzione, e poi uno sciopero della fame, cui seguirono denunce arresti e un famoso processo. A questo punto dell’azione teatrale, molto ben costruita, con un Cantastorie che fa da filo conduttore e da commentatore, l’azione si interrompe e viene chiamata sul palco una persona politica, una diversa ogni sera: il 26 ero prevista io, felicissima di ciò. Sul palco si deve leggere l’arringa che Calamandrei scrisse per l’occasione. E’ non solo bellissima, ma purtroppo attualissima; perciò avevo pensato che se avessi detto "a soggetto" qualche parola di didascalia per contestualizzare l’evento, avrei fatto una cosa utile e il regista mi aveva dato il permesso, e l’ho fatto arricchendo l’ironico elenco di "criminali" cui si riferisce Calamandrei, con i lavavetri e le prostitute minorenni, e quando parla di giustizia negata, ho gridato GENOVA! E’ andata bene, sono contenta.
Il 27 ero stata invitata a Capannori, il più grande comune agricolo d’Italia, in provincia di Lucca per una iniziativa essa pure a sostegno della Costituzione, promossa dal Comune e con l’appoggio di altri consigli comunali e di un comitato di studenti del liceo scientifico e altri comitati democratici. Una iniziativa in sè significativa e che segnala una avvertenza diffusa che la Costituzione corre pericoli e ha bisogno di una vigilanza e tutela popolare vasta e continua.
Ancora una volta la Costituzione negata si riferiva a una tragica vicenda e ai suoi risvolti giudiziari: un episodio di otto anni fa, quando nel cortile della caserma Gamarra della Folgore, a Pisa, il 16 agosto 1999 viene trovato morto (poi si saprà che è morto da due giorni) l’allievo paracadutista Emanuele Sceri: il risultato delle lunghe e spesso strane indagini conclude, come dicono amaramente nel sottotitolo del loro libro di documentazione e denuncia i genitori :"ucciso da nessuno".
Nella sala del consiglio comunale di Capannori pieno di studenti cittadini consiglieri di altri comuni (Seravezza, Montescudaio) è stata rievocata la fosca vicenda per la quale ancora si chiede giustizia.
In breve: mi sono impegnata a far conoscere la vicenda, per promuovere un movimento che raccolga firme sotto documenti di protesta e richieda una commissione parlamentare d’inchiesta ben precisa nei suoi termini e da appoggiare con forza e tenacia. Non è facile ottenere tutto ciò: è appena stata bocciata la richiesta per la commissione su Genova. Bisognerà perciò fare una azione ben coordinata, attenta, misuratissima, limpidissima, forte.
Per questo è necessario conoscere almeno nelle sue linee generali la vicenda.
Emanuele Sceri siracusano, laureato in giurisprudenza, inizia il servizio militare di leva a 26 anni, dopo l’Università, fa il Car vicino a Firenze, e lì si segnala per un carattere aperto e puntiglioso, non gli piace fare brutta figura e non è indifferente alle prepotenze, tanto che protesta quando altri vengono torteggiati e minaccia denunce. Questa fama lo precede alla caserma della Folgore alla quale alla fine del Car è destinato.
In un ignobile scartafaccio che l’autore ha il barbaro coraggio di intitolare Zibaldone, facendo rivoltare nella tomba Leopardi, il generale comandante della Folgore Celentano scrive, oltre a un mucchio di sconcezze, espressioni machiste, chiari segni di razzismo antimeridionale, e idee del tutto incostituzionali, pur avendo come ogni militare giurato di difendere la Costituzione, scrive dunque che quelli che arrivano alla Folgore un po’ più anziani (cioè quelli che hanno studiato di più) e che sono di leva e non effettivi, non vanno bene, non legano, non sono giusti. Emanuele sembra incarnare il ritratto del soggetto che non lega, che non è giusto.
Il giorno 13 agosto è quello in cui, finito il Car, Emanuele viene trasportato con gli altri a Pisa, prende possesso di camerata e corredo, mangia, poi esce in città con altri commilitoni, da Campo dei miracoli telefona alla mamma, dicendole, sereno e contento che sta sotto la torre pendente e la saluta con grande tranquillità. Rientra in caserma con altri intorno alle 22, alcuni dei quali vanno subito in camerata, e uno resta con lui a fare ancora due passi nel cortile della caserma, fino a una torre che serve per l’asciugatura dei paracadute e ha una scala metallica attaccata alla parete e protetta con anelli di ferro per sostenersi, come tutte quelle analoghe che arrampicano sui pali della luce o ferroviari o gru ecc. Dopo un po’ di chiacchiere l’altro rientra. Emanuele no, rimane ancora fuori, anzi non rientra per nulla e non risponde agli appelli del giorno seguente 14 agosto, nè a quelli ancora successivi del 15; la mattina del 16 altri allievi casualmente passeggiando presso la torre e sentendo cattivo odore trovano il cadavere di Emanuele poco visibile. Da qui ricomincia una narrazione fondata su fatti, mentre tutto il tempo tra la sera del 13 fino verso le 22,30 e la mattina del 16 è vuoto di testimonianze dirette e tutto pieni di illazioni.
La prima è che si sia suicidato. Il suicidio nelle caserme non è un fatto raro, ma qui proprio non lo si può sostenere, anche perchè l’autopsia rivela escoriazioni sul dorso delle mani e un piede con ferite il che fa pensare, insieme a tracce ematiche sugli anelli di ferro della scala che si sia trattenuto.
La seconda illazione parla di incidente. Lo Sceri rimasto solo affronta la salita della scala forse pensando che sarà uno degli esercizi cui sarà sottoposto e vuole prepararsi per non fare brutta figura, ma il buio, la stanchezza o altro (aveva bevuto? era drogato?) lo vincono, cade e muore. Anche questa versione non sta in piedi. Le condizioni in cui viene trovato il corpo fanno pensare piuttosto a una colluttazione sulla scala, o a condizioni di esercizio particolarmente pericolose, poste da qualcuno, come salire la scala dall’esterno degli anelli a forza di braccia e con le scarpe slacciate (così vengono in effetti trovate)
La terza illazione è che siamo di fronte a un delitto, forse come degenerazione di uno di quegli scherzi violenti duri avvilenti detti "nonnismo", da infliggere al giovane allievo prestante fisicamente e altero di carattere, deciso a ben figurare.
Ma temo che non sia andata solo così (e già ci sono reati da vendere). Perchè la cosa orrenda è che -se non bastano quelle fin qui elencate- Emanuele cadendo dalla scala si frattura una vertebra, cade di schiena con poche ferite e quindi con deboli perdite ematiche, ma paralizzato e incapace di muoversi, sicchè muore dopo alcune ore di agonia. Siccome il cadavere viene trovato non dove Emauele è caduto, dicono i periti, ma un po’ defilato, nascosto, ciò vuol dire che chi lo ha mosso non si è nemmeno premurato di accertarsi che fosse morto: o voleva che morisse per non sentirsi addosso un testimone scomodo?



Venerd́, 02 novembre 2007