Menapace : "Lettere dal Palazzo"

di Enrico Peyretti

07 09 19
Con tutta l’aria che tira di “casta” separata e privilegiata, e di “anti-casta” che non sai ancora se vorrà e saprà mettere qualcosa di meglio al posto della casta, che non sia pura rabbia distruttiva, con tutto ciò il cittadino democratico ben intenzionato non sa da che parte girarsi. È meglio che sappia, quel cittadino, che ci sono almeno alcuni parlamentari seri, non mostri diversi da noi, che lavorano per quel che è giusto e possibile, dalla mattina alla sera, che non mettono da parte patrimoni né acquistano barche o ville, che non sono infallibili né indiscutibili, che esistono in carne e ossa (e relativi problemi) anche fuori dagli schermi - anzi! - , che hanno le rabbie e le speranze e le incertezze del suddetto cittadino ben intenzionato, e la volontà decisa di svolgere come si deve il ruolo di legislatori che gli è arrivato addosso. Tanti o (piuttosto) pochi, quei parlamentari ci sono. Se stiamo attenti, qualcuno lo conosciamo.
Senza farne un caso particolare, io conosco da decenni, tra pochi altri, Lidia Menapace, che, a ottant’anni suonati, ma portati con vivace scioltezza e mente chiara, è diventata senatrice, senza minimamente dimenticare di tenere stretto il contatto con i movimenti da cui proviene: quello delle donne, della pace, della nonviolenza, della democrazia dal basso, partecipata. Subito, un anno fa, si è organizzata per rendere conto, con lettere assidue, non solo della sua attività, ma della politica vista dall’interno del “Palazzo” istituzionale, messa a confronto e discussa con chi vuole ricevere e interloquire, dal terreno vivo dell’impegno sociale e politico di base. Io sono uno di quelli che hanno sempre ricevuto e letto le sue lettere, e interagito.
Ora la rivista Marea ha raccolto queste "Lettere dal Palazzo", di Lidia Menapace (a cura di Monica Lanfranco, con prefazione di Ritanna Armeni e postfazione di Michele Meomartino , della retenonviolenta Abruzzo). Il libro è stato già presentato a Pescara, presente Lidia, da Rina Gagliardi. Si può prenotare scrivendo a: monica.lanfranco@gmail.com ; www.mareaonline.it
Sono cento lettere in cui Lidia Menapace (che ora presiede la commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, dopo che, in apertura della legislatura, le fu scippata quella della difesa in Senato, perché troppo pacifista!..) racconta vicende significative delle giornate parlamentari, commenta specialmente le relazioni internazionali con ottica di ricerca di pace, pur dentro i limiti politici non forzabili. La sua parola è libera, personale, ma non individualista, non cerca la soddisfazione di apparire, ma la “riduzione del danno”, che spesso è il meglio che la politica possa fare, evitando danni peggiori e più ampi, ma con gradualità ben orientata. Non cerca l’applauso facile sui princìpi, ma non si accontenta del piccolo cabotaggio che non vede oltre l’amministrazione dell’esistente.
Ovviamente, capita di dovere a volte dissentire qua o là dalle sue valutazioni e scelte. È normale. Ciò che vale nel suo lavoro e nel rendiconto che ne dà è proprio il mantenere il contatto diretto, chiaro, critico, coi cittadini rappresentati. Oltre al libro, lavoro di un anno, un canale continuo di questa comunicazione è nella lista gestita con bella costanza da Luciano Martocchia, lucianomartocchia@virgilio.it, a cui gli interessati si possono iscrivere.
Tra l’altro, Lidia scrive: “Mi interessa molto cercar di mutare le forme e il linguaggio della politica perché una certa rigidità delle espressioni non solo rende meno comunicativo ciò che diciamo, ma influisce sulle nostre sinapsi cerebrali. Avere avviato anni fa una campagna per il disinquinamento del linguaggio politico dal simbolico militare, giova. (...). Le umane attività sono molte e usare solo il linguaggio della guerra fa sì che la politica si rappresenti come una attività che si prolunga nella guerra (...) invece che volta a costruire attraverso la gestione nonviolenta dei conflitti una terra abitabile e ospitale”.


Enrico Peyretti



Giovedì, 20 settembre 2007