"lettere dal palazzo"
Incognite del voto, bullismo e 194

di Lidia Menapace

5 febbraio 2008
DUNQUE si andrà a votare subito con la legge vigente. Ciò che ha voluto Berlusconi è stato per forza accolto, dato che tutti i suoi sono prontamente rientrati sotto il tetto e i proclami di Veltroni si sono spezzati contro la trappola del Cavaliere. Le conseguenze potrebbero essere molto gravi, spero che ci metteremo il massimo di resistenza decisione forza e convinzione a prepararci per i prossimi risultati e che lo faremo mantenendo la priorità assoluta del patto della Sinistra, senza tentennamenti, se è possibile anche allargandolo, ma con persone o nuovi movimenti e associazioni o gruppi assolutamente affidabili.
Non di ciò volevo scrivere questa sera, ma del fatto che la legge vigente, la famosa "porcata" di Calderoli, non rispetta per nulla l’impegno dell’equilibrio della rappresentanza tra i generi, e questo è -a mio parere- un forte elemento di incostituzionalità. Gli strumenti, proposti anche davanti alla commissione Affari costituzionali, volti a tal fine, sono stati elaborati dall’UDI, articolati da Giovanna Capelli e sostenuti anche da altre sigle femministe, e sono chiamati "norme antidiscriminatorie" e dunque poggiano su uno dei compiti fondamentali e primari della Repubblica, quello di "rimuovere gli ostacoli" che impediscono una piena espressione della persona e ditemi se l’essere di fatto escluse dalla rappresentanza politica sia o no un ostacolo all’esercizio della cittadinanza.
Non ci saranno i tempi, ma non si può tollerare che ognivolta vengano a mancare i tempi addirittura per ascoltarci. Vorrei che costituzionalisti e costituzionaliste esaminassero la questione per vedere quali procedure sia possibile mettere in atto per intervenire pubblicamente a chiedere un pronunciamento della Corte, o comunque per lanciare una campagna politica forte decisa non rinunciataria.
E’ noto che siamo gli ultimi in Europa quanto a presenza femminile e non si può "scoprire" ogni volta che è così e non fare nulla. Nè è una proposta la cooptazione da parte degli uomini di donne caratterizzate da bella presenza ruoli di segretariato e propensione a lavorare molto.
Se non sarà ormai possibile -come temo- avviare il discorso, chiedo formalmente che i partiti della Sinistra si impegnino a far eleggere tanti uomini quante donne o almeno un 60 e 40 per cento per generi. Vi sono molte cose urgenti: la laicità dello stato molto insidiata e su questioni che sembrano voler revocare addirittura la cittadinanza alle donne: è vero che nello stato della Città del Vaticano la cittadinanza è assente, essendo uno stato assoluto, ma non esca dai suoi confini e non pretenda di avere giurisdizione anche sui corpi e le vite delle donne; la Cei non è ancora la Corte costituzionale, come il consiglio degli Iman lo è nella Repubblica islamica iraniana. La ricostruzione dello stato sociale che con i servizi pubblici rende meno dispari l’accesso al mercato del lavoro e alla vita sociale e culturale e sportiva tra donne e uomini e offre alle donne posti di lavoro verso i quali vi è una diffusa storica propensione femminile.
Una legislatura che finora non ha visto si può dire un volto o una parola di donna su un tema che ci riguardi: non so quanto si possa reggere senza che venga voglia di scatenare un altro neofemminismo tipo anni ’70: o no? e i partiti si comporteranno tutti come il Pci allora, cioè senza capire niente? che pizza!
SI fa un gran discutere del bullismo e ci si domanda che fare. Per solito si invocano severe misure repressive ecc. che poi non si possono applicare nè eseguire ecc. ecc. A mio parere gli adolescenti incerti di sè, deboli culturalmente e smarriti hanno bisogno del branco e vedendo che i grandi più sono prepotenti e più sono incensati, che debbono fare? mica tutti hanno la forza morale, la stima di sè, l’intelligenza di capire che le cose non sono così semplici, ma fino a quando gli esempi che incontrano sono quelli che vediamo, perchè non li dovrebbero seguire? Per sottrarsi ai cattivi esempi dei grandi, ci vuole una forza che non tutti hanno.
LA questione dei feti abortiti terapeuticamente (che curiosa locuzione per indicare un aborto provocato da un collegio di medici! ), feti precocissimi e che sarebbero da tenere in vita con rianimazione ecc. mi fa una tristezza immane, a me viene in mente Mengele, so che è sbagliatissimo, ma non posso sottrarmi all’impressione di pratiche tipo cavia. Del resto se la legge 40 vieta indagini prenatali precoci e ciò rende impossibile intervenire subito, per forza si arriva agli orrori di cui sentiamo parlare. Una ferocia satanica circonda e coinvolge le vicende della vita e della morte. Si dice che vita e morte debbono essere tutelate per i più deboli. Certe volte mi vien da pensare che invece le vite sane giovani forti possono quasi impunemente essere sprecate nelle guerre, negli incidenti stradali e sul lavoro, di loro le alte cattedre "etiche" non si preoccupano, se non con qualche frase retorica di compianto.
Sto male sugli aborti terapeutici. Il fatto che si possa cercare di tenere in vita anche un feto che la madre non voleva è una vera feroce violenza verso la madre e anche verso il feto stesso. Dico che non voglio nessun accanimento terapeutico, l’ho lasciato scritto per me e non è un discorso tanto lontano, suppongo, spero di non averne bisogno, ma insomma bisogna anche non avere la luciferina superbia di credere di poter essere padroni della vita e della morte, riconciliarci con la nostra comune sorte.
Mi ricordo sempre mia madre, che -arrivata a tarda età- ci diceva sempre :"Quando sarò arrivata al capolinea, lasciatemi andare, non voglio flebo nè essere ingozzata come un’oca da patè, non voglio fare la morte di Franco, tanto non ho da lasciare la Spagna a nessuno!" L’aveva particolarmente colpita la lunga vicenda del dittatore iberico che era stato tenuto in vita, perchè potesse firmare (probabilmente senza coscienza e con la mano tenuta da qualcuno) tutte le carte del difficile passaggio alla successione regia e democratica. Per le persone semplicemente umane, vita e morte debbono perdere quel carattere di assolutezza e rigore che per sè non hanno e che certamente non sottraggono nessuno ad abusi nel caso ce ne sia "bisogno", come appunto per Franco e per Tito.



Marted́, 05 febbraio 2008