"lettere dal palazzo"
pauperismi di facciata

di Lidia Menapace

26 novembre 2007
Tra le cose che mi preoccupano vi è un atteggiamento che ho notato e fa parte di una cultura che non mi pare accettabile. Prende la forma nobilissima del dire -quasi vantandosi- "Ho lavorato gratis o per poco, mi sono fatto viaggi scomodissimi, ho dormito nelle sale d’attesa delle stazioni ecc.". Tra le persone della mia età atteggiamento simile:"noi sì che sappiamo che cosa è fame paura bombardamento sfollamento; sappiamo che cosa è la fatica del vivere precario, quando precaria è addirittura la vita". Per quest’ultimo atteggiamento dico sempre che invece non sono vendicativa, e che se ho avuto difficotlà da superare, non voglio davvero che le generazioni dopo di me debbano ripercorrere lo stesso cammino. Invero ho fatto la Resistenza perchè nessuno poi la dovesse fare; ho dormito anche sdraiata per terra nei corridoi dei treni, perchè tutti e tutte potessero avere treni comodi e posti a sedere, Ho patito la fame e la paura, lo sfollamento e i mitragliamenti durante la guerra, volendo essere parte dell’ultima generazione che avesse da sopportare tutto ciò. Per la mia generazione non è accettabile che si dica ai giovani:"Vi farebbe bene qualcosa da sopportare come abbiamo sopportato noi". Si lotta perchè chi viene dopo stia meglio. Il pauperismo non è un ideale da propagandare, e la richiesta di sacrifici in nome della solidarietà con i poveri, gli affamati, gli assetati del mondo non è giusto che venga rivolta prima di tutto a chi è appena stato povero (tanto è abituato a sacrificarsi).

Anche un’altra forma del pauperismo non mi piace, cioè vivere in modo disordinato sporco confuso: quante cucce sporche e disordinate ho abitato nel ’68, ospite di questo o quel compagno!" E mi è sempre piaciuta una scritta che stava sulla porta del cesso della sede del Manifesto di Genova: "lasciate questo luogo pulito; la sporcizia non è rivoluzionaria: infatti diciamo "sporchi padroni".

Ogni generazion ha i suoi patimenti, che bastano e avanzano. Inoltre noi lottiamo perchè nessuno debba fare soverchi sacrifici, noi lottiamo per i diritti non per i sacirfici. Di conseguenza, se delle suore fanno il voto di povertà e lavorano gratis per il loro ordine, rispetto la loro scelta, ma mi batto perchè se il loro ordine, invece di farle lavorare come insegnanti o infermiere, secondo la regola, le trasforma in colf die turisti, possano richiedere un giusto salario e andarsene al momento del rinnovo dei voti avendo di che campare col loro lavoro, Se la Chiesa cattolica ha ingiusti privilegi fiscali, non credo che dobbiamo sostenerli perchè altrimenti anche il bar dell’Arci o della Casa del popolo deve pagare le tasse. Pagare le tasse è un dovere fondativo della cittadinanza e le esenzioni per associazioni di interesse sociale e culturale, (tra le quali si può anche annoverare qualsiasi culto religioso) vanno previste.



Luned́, 26 novembre 2007