"lettere dal palazzo"
Deregulation militare ed etica politica

di Lidia Menapace

14 ottobre 2007
L e Commissioni permanenti delle due Camere stanno esaminando il testo della finanziaria ecc. e alla fine emettono un parere col quale lo stesso va in aula e lì si presenta l’ultima possibilità -a certe condizioni e tempi- di presentare emendamenti mozioni e ordini del giorno: si comincia dal Senato e poi il testo eventualmente emendato va alla Camera, che lo riesamina a sua volta e poi se ci sono ulteriori mutamenti torna al Senato per l’ultima approvazione, probabilmente corredata da voto di fiducia per blindare la maggioranza.
Tutto ciò, se ci fosse un percorso corretto dal punto di vista istituzionale: ma inopinatamente il parlamento è stato scavalcato dal governo, che ha trattato (sono state trattative e non consultazioni) fuori dal parlamento con sindacati e confindustria, configurando un percorso decisionale del tutto anomalo, e che per fortuna non ha funzionato, poichè ministri e gruppi parlamentari ovviamente, essendo rappresentanti del popolo, non possono essere assoggettati a vincoli di mandato esterni, e il parlamento meno che mai. Poichè il percorso poco controllato delle trattative adesso fa gridare anche i sindacati che ciò che era stato convenuto nell’accordo del 23 luglio è stato "tradotto" in termini non corrispondenti, l’accordo è da riconsiderare: sarà bene ricordare che non si tratta di un accordo, come se fossero contratti di lavoro, ma solo di consultazioni da sottoporre comunque alla volontà del parlamento: dove vigono -se non si usa il metodo del consenso- i rapporti di forza elettorali, per dire che Dini è molto leggero, non ha quasi peso. E non parliamo di Bordon e Menzione. Dispero che Turigliatto e Rossi si accorgano che è in corso una partita politica di movimento e non il campionato del surplace.
La Commissione Difesa del Senato ha emesso parere negativo, ma non gioite, non è della maggioranza, bensì dell’opposizione che dopo De Gregorio ha la maggioranza in commissione.
La cosa è andata così: il ministro Parisi e poi il sottosegretario Forceri (ambedue del Pd, ma molto diversi tra loro anche sulla politica militare) hanno preso parte ai lavori, come fa abitualmente il ministro della materia e Parisi ha svolto una relazione allarmata, ma -come sempre- anche molto sentita e sincera. In breve: le Forze armate italiane sono al collasso nell’esercizio e brillano solo (questo lo dico io) per investimenti su sistemi d’arma molto aggressivi, e costosissimi, che però non passano per la Commissione Difesa, bensì per il ministero dell’Industria o dello Sviluppo ecc. Arrivano da noi anche due anni dopo e anche votare contro non ferma più niente. Il governo Berlusconi, che sottoscrisse contratti pesantissismi con le fabbriche d’armi e ci ha lasciato in eredità "mutui" da pagare molto onerosi, abbassò moltissimo le spese militari, cioè le spese di esercizio, sparagnando su veicoli benzina case caserme vestiario protezione verso inquinamenti (da uranio ?) precauzioni (casermette non protette a Nassiriya?) ecc.ecc. sicchè lì bisogna aumentare gli stanziamenti, sennò è a rischio la salute e l’incolumità della Forza, anche in servizio di pubblica sicurezza o in missioni di interposizione.
Sto pensando che il governo Berlusconi avesse una ipotesi di nuovo modello di difesa concepito sulla massima fabbricazione di armi (la difesa trasformata in rappresentante di commercio delle armi prodotte in Italia: si spiegherebbe la reazione spropositata sulle Frecce Tricolori, che come rappresentanti di commercio sono ottime) e appalto al privato delle truppe (come si capiva dai contractors toscani, ad esempio). A questo punto bisogna invertire rotta a proposito di incolumità e salute dei militari e investire su una politica estera di trattativa e multilaterale, che riassorba la politica della Difesa e la sottoponga a una drastica cura dimagrante. Per gli Esteri Berlusconi aveva già detto che secondo lui ambasciatori e consoli servono per fare i piazzisti del prodotto italiano.
Per questo, dalla prima seduta della commissione ripeto come un disco rotto che bisogna fare un convegno sul concetto di Difesa, altrimenti lavoriamo sempre sulle tracce altrui.
E -non diversamente- mi occupo moltissimo di salute e incolumità dei militari e non condivido come non il razzismo di destra ("bruciate i Rom!, a picco le carrette che portano migranti!") meno ancora il razzismo di "sinistra"(10 100 1000 Nassirija!)che mi fa propriamente schifo.
Da qualche tempo quando in Commissione parliamo noi della sinistra, qualcuno del Pd e la destra ci prendono in giro dicendo :"Eh voi siete quelli del modello Costarica" (paese che -come sapete- non ha esercito). Per lo più annuiamo, tanto per non perdere tempo, ma poichè non c’è mai da affidarsi alla sorte di una battuta (tra chi non capisce e chi ci fa, ne viene sempre un danno), dirò che io non sono del modello Costarica (paese di polizia e militarista), ma potrei citare come possibili modelli da considerare criticamente Svizzera Svezia Finlandia Austria Malta paesi neutrali, ma non inermi. E a proposito di Turchia, invece di continuare la solfa sull’Islam, mi intesterei sul fatto che per entrare in Europa debba levare la pena di morte, riconoscere i diritti umani e civili e politici di tutti, compresi i Curdi e anche diventare neutrale.
Torniamo a Parisi: la destra plaude e De Gregorio, che aveva fatto una relazione criticissima, ma tenuto in sospeso il parere, adesso propone parere contrario. Naturalmente non lo votiamo perchè tutti gli applausi a Parisi da destra sono solo per dire che bisogna aumentare la spesa militare -tutta- e insomma rientrodurre la continuità con Berlusconi (la parola discontinuità, mi ricordo, fa sempre saltare i nervi alla destra, sulla politica estera e della difesa).
Per fare svelto e dato che nelle commissioni dove si lavora gomito a gomito il linguaggio può anche essere non incartato e formale, dico la mia posizione così:"come mi capita spesso, parlo contro e voto a favore". I senatori Mannino e Biondi, nel dire la loro, tra l’altro rivendicano la propria coerenza e sembrano esprimere una critica di tipo etico verso di me. Poichè ci tengo alla considerazione di Mannino e Biondi (non siamo quasi mai d’accordo, ma le loro argomentazioni sono quasi sempre di peso) e il loro giudizio etico mi interessa, spiego partitamente il mio comportamento. "Parlo contro" quando non condivido le decisioni o le proposte anche del governo, perchè la libertà di parola è bene non negoziabile e serve anche al governo sapere chi e perchè non approva le sue proposte; "voto a favore " se non ho insuperabili vincoli di coscienza, nel qual caso chiederei appunto pubblicamente libertà di voto in coscienza. Ma soprattutto voto a favore, quando ciò configura comunque una riduzione del danno: se voto contro e cade il governo o quel pezzo di programma, non ottengo qualcosa di più prossimo ai miei desideri o aspettative, ma qualcosa di più lontano e quindi votare a favore del Governo è eticamente corretto.



Luned́, 15 ottobre 2007