"lettere dal palazzo"
Castelli, la Giustizia e.. vagabondaggi culturali

di Lidia Menapace

Questa mattina 10 luglio è ricominciato il tran tran del Senato. Si discute la riforma dell’ordinamento giudiziario, un grande tema, ma non vi è vera discussione, per la continua solita operazione ostruzionistica dell’opposizione. Ci tocca sentire su ogni articolo un emendamento di Castelli, e ascoltare Castelli che parla di diritto è una vera sofferenza; poi ogni senatore del suo gruppo parla per dichiarazione di voto, per dissenso, per annunciare la sua astensione ecc.ecc. Con un tono -diciamo- goliardico, di quelli che erano antiquati quando ero giovane io. Usano tutte le garanzie regolamentari per perdere tempo, chiedono di votare elettronico e la verifica del numero legale di continuo. Fanno venir voglia di restringere le garanzie, ma certo non si può nè si deve. Si passa la giornata ad annoiarsi, ma non si può nemmeno accennare la nota canzone, se si è di sinistra, anche le canzoni sono sotto brevetto politico. Chi è più bravo e capace di concentrarsi sbriga la corrispondenza, vede le carte che si accumulano, insomma non è allegra.

D’altra parte non credo ci sia da fare altro che resistere passivamente. Almeno fino alla auspicabile caduta di Bush e dei repubblicani in USA tra un anno e mezzo. Pongo a me stessa questa data come completamento di fase. Credo che d’ora in avanti dobbiamo far pesare la nostra forza di sinistra unita dell’Unione con proposte, richiami al programma, precise richieste ecc., accumulare risultati o rifiuti, sempre spiegando alla popolazione le motivazioni e le prospettive, in modo da ricomporre le forze e usare il lavoro che facciamo non contro noi stessi e per dividerci, bensì appunto per accumulare le forze, sicchè dopo l’uscita di scena di Bush possiamo dichiarare che appoggiamo ancora il governo, perchè possiamo mostrare risultati positivi (se possiamo farlo), oppure che è ora di buttarlo giù, e passare a nuove elezioni che saremo in grado di reggere bene. Sono contraria a passare da Prodi a Veltroni senza verifica elettorale. Anche se è possibile che avvenga in modo formalmente corretto, a me sembrerebbe un colpo di stato "legale".

Ma giudicate voi se non è stata molto più interessante l’attività politica svolta fuori del Palazzo nel fine settimana.

Venerdì 6 in mattinata la Commissione Difesa aveva organizzato una visita al comando generale dei Carabinieri a Roma: non vado quasi mai alle "missioni" della commissione, che mi sembrano spesso una forma di turismo politico, che poco mi interessa: presi parte alla visita al Dal Molin, quando ci fu, chiesi una visita alla base delle Frecce tricolori, e venerdì appunto dai carabinieri. Una bella esperienza, di grande precisione, eleganza, raffinatezza e orgoglio di sè, del resto bene meritato secondo i loro standard e opinione di sè.

Il clou della visita, che si è manifestata con una accurata esposizione delle caratteristiche dei Carabinieri e del loro molteplice servizio (militare, di pubblica sicurezza e sociale) è stato alla fine che si è discusso del Cocer e della rappresentanza.

Tra una idea paternalistica di rappresentanza "protetta" e un vero e proprio sindacato (parola esecrata e stigmatizzata) resta vero che anche per i carabinieri la rappresentanza non può rimanere così com’è e la mediazione si dovrebbe cercare -mi pare- nell’ambito di un "agente negoziale". Mi dichiaro soddisfatta. Un agente negoziale è una controparte e dunque una sorta di sindacato. E se molto insistono sulla "specificità", ben presto si accorgeranno che è più facile ottenere qualcosa, se ci si può alleare con altre "specificita" (i magistrati, i medici, i minatori, gli addetti agli altiforni ecc.ecc.) che non giocare la propria da soli.

La discussione priva di asprezze è continuata a tavola, un bene imbandito pranzo, dal quale ho dovuto prendere commiato con un po’ di anticipo, per essere accompagnata al treno per Castelvetro, per un dibattito serale.

Viaggio sempre insidiato dalle coincidenze che scappano, e dovendo cambiare treno più volte la cosa è ansiogena, ma alla fine, anche dopo messaggi telefonici nei quali annunciavo che non ce l’avrei fatta a procedere oltre Fidenza, sono invece riuscita ad arrivare a destinazione, con la complicità del fatto che -avendo preso fuoco due vetture del treno che dovevo prendere all’ultimo cambio- per il ritardo sono riuscita a montarci su. Come sempre grande affettuosa ospitalità da parte dei compagni e compagne, col rituale che a me piace tanto, che prima di tutto si vanno a salutare gli e le addette alla cucina. Ceno anche con una delegazione operaia di Piacenza che mi illustra un serissimo progetto di riconversione produttiva dell’"Arsenale" di Piacenza e ci diamo appuntamento al convegno ad hoc stabilito a Roma per il 10. E poi dibattito: avevano preparato domande precise e insidiose. Naturalmente sul governo, sulla delusione e rifiuto, sulle prossime vicende e come affrontarle ecc.ecc. Bello, interessante, stimolante.

Dormo a casa di una compagna (il che a me piace moltissimo poichè non amo gli alberghi) e la mattina dopo vengo accompagnata al treno per Udine, un’altra bella traversata. Arrivo in Friuli per pranzo, lì i solerti compagni della regione mi aspettano, per accompagnarmi in macchina ad Osoppo, per un appuntamento che mai vi immaginereste.



Dico che se non ci fosse tutta questa generosa azione di accoglienza politica, mai me la caverei: invece, appena metto piede in terra e ravviso chi mi aspetta, mi trasformo -come sono solita dire in mezzo alle proteste- in un fagotto e che mi portino dove è deciso: da quel momento non ho più da preoccuparmi di nulla, arrivo, mi dicono che devo fare ecc. Ed ecco dove arrivo: al Sunsplash, il più grande festival reggae d’Europa, pieno di giovani che camminano si trovano fumano cantano ballano si sdraiano sul prato comprano vendono cose assaggiano cucine nazionali ed esotiche, insomma una specie di Sessantotto ripreso. A me fanno venire in mente i più famosi raduni giovanili delle università americane ecc., la straordinaria importanza politica della musica rock ecc. Fino a quando andai, prima a Napoli per il concerto dei Rolling Stones che a me piacevano più dei Beatles e poi a Milano al Vigorelli per Bob Marley che potei ascoltare prima che morisse.

Una intelligente giornalista organizza, a fianco degli eventi musicali, dei dibattiti sotto un tendone e quest’anno aveva invitato anche me che ho accettato ed eccomi lì, chiamata a rispondere come pacifista antica e nuova.

Bellissima iniziativa alla quale arrivo dopo aver mangiato a uno dei molti ristoranti, e poi via sotto il tendone in attesa della "chiama" perchè l’organizzatrice, con gentile ma inesorabile fermezza, appella e domanda e congeda via via un monaco buddista e Falco Accame, chi presenta un appello per un’Europa di pace e chi ricorda Sigonella, la Cao e le lotte in Sardegna, una signora africana e me ecc. Ciò che chiede e ciò che rispondiamo fa una bella ma difficile mescolanza di linguaggi, esperienze, pratiche. Brava davvero.

Naturalmente non è facile, chi aspetta sotto il tendone è esigente e come tuttti rabbioso, sia pure in modo nonviolento, contro il governo, e anche contro di noi. Vengo "salvata" da più d’uno che si dichiara non d’accordo con me e le mie decisioni, ma mi fa credito dell’onestà e della buona fede, ringrazio.

Alla fine, sempre accompagnata dai due giovani compagni seguo quasi tutto fino all’ora di riprendere il treno perchè andrò a dormire a casa di Marita, come sempre, a Trieste. Nella baraonda di tutte le più colorate mostre di tutto , c’è anche un piccolo stand dei Giovani comunisti, bravissimi, eroici, sono l’unica presenza politica in tutto il festival. Fruisco della compagnia dei giovani compagni, soprattutto Gianni, colto curioso, gentilissimo, una bella fortuna per me.

E se adesso dovessi dire del festival mi sembra che sia stato "disinfettato" di tutta la carica innovativa e antiautoritaria che caratterizzò il Sessantotto, come se il mercato fosse riuscito a fare una enorme rivoluzione passiva, mettendo in un ghetto quasi del tutto ininfluente quei giovani. Simile al Sessantotto la sommarietà dell’analisi. Richiamo, come faccio di solito, il rischio di fascismo e la giovane compagna che ha parlato a nome del comitato permanente di Vicenza mi ha replicato che il fascismo c’è già, se Prodi si permette di annunciare in Romania le decisioni che ha preso sul dal Molin, ma che loro sono come la Tav e faranno cadere il governo quando vogliono. Auguri sinceri, però se fosse già fascismo mai potrebbe criticare il governo; e il NoTav è stato tenuto insieme da una straordinaria qualità politica delle popolazioni, dei Sindaci e del Politecnico di Torino, mentre purtroppo a Vicenza le amministrazioni locali sono a favore della nuova base e le elezioni amministrative non sembrano averle smentite. Auguro la migliore fortuna per il dal Molin: di saper resistere fino alla caduta di Bush. Poi si potrà vedere se la decisione verrà cambiata, sotto la pressione dei movimenti qui e negli USA.

E’ un bel problema di analisi politica, mi sembra, ma per un’altra volta, non si deve fare indigestione nemmeno di politica.



Mercoledì, 11 luglio 2007