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La copertina del numero 2/2001 di Micromega

Le elezioni del 13 maggio 2001 : La posizione della rivista Micromega

Contro il "cerchiobottismo"

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All’inizio di marzo, in concomitanza con l’aprirsi ufficiale della campagna elettorale, sono stati pubblicati due appelli di intellettuali. Il primo è stato diffuso attraverso le agenzie di stampa, il secondo sul Foglio. Il primo è firmato da quattro democratici senza aggettivi, il secondo da cinque democratici cerchiobottisti. Li diamo di seguito entrambi.

L’appello dei democratici senza aggettivi recita:

È necessario battere col voto la cosiddetta Casa delle libertà. Destra e sinistra non c’entrano: è in gioco la democrazia. Berlusconi ha dichiarato di voler riformare anche la prima parte della Costituzione, e cioè i valori fondamentali su cui poggia la Repubblica italiana. Ha annunciato una legge che darebbe al parlamento la facoltà di stabilire ogni anno la priorità dei reati da perseguire. Una tale legge subordinerebbe il potere giudiziario al potere politico, abbattendo così uno dei pilastri dello Stato di diritto. Oltre a ciò, Berlusconi, già più volte condannato e indagato, in Italia e all’estero, per reati diversi, fra cui uno riguardante la mafia, insulta i giudici e cerca di delegittimarli in tutti i modi, un fatto che non ha riscontri al mondo. Ma siamo ancora un paese civile? Chi pensa ai propri affari economici e ai propri vantaggi fiscali governa malissimo: nei sette mesi del 1994 il governo Berlusconi dette una prova disastrosa. Gl’innumerevoli conflitti d’interesse creerebbero ostacoli tremendi a un suo governo sia in Italia sia, e ancor di più, in Europa. A coloro che, delusi dal centro-sinistra, pensano di non andare a votare, diciamo: chi si astiene vota Berlusconi. Una vittoria della Casa delle libertà minerebbe le basi stesse della democrazia.

Le firme sono di Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone, Alessandro Pizzorusso e Paolo Sylos Labini, che di questo appello è stato l’animatore. MicroMega e il suo direttore hanno aderito iminediatamente. Hanno aderito anche (con centinaia di altri intellettuali) Roberto Benigni, Andrea Camilleri, Vincenzo Cerami, Giovanni Ferrara, Antonio Giolitti, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, Enzo Marzo, Giorgio Parisi, Ermanno Rea, Gennaro Sasso e Antonio Tabucchi.

Il secondo appello, dei democratici cerchiobottisti, evidentemente di contrapposizione al primo, recita:

Crediamo che alle prossime elezioni politiche si debba votare liberamente, consapevolmente e serenamente secondo le idee e le inclinazioni di ciascuno. Siamo convinti che non sia in atto uno scontro tra civiltà e barbarie. L’attuale maggioranza di governo e la coalizione delle opposizioni hanno pieno e legittimo diritto di essere giudicate in modo maturo e meditato. L’enfasi emotiva, lo smodato attacco personale e la trasformazione della campagna elettorale in un conflitto finale in difesa della democrazia in pericolo sono strumenti di un vecchio arsenale ideologico che ha già recato danni gravi al paese e alla credibilità delle sue classi dirigenti, politiche e intellettuali.

Seguono le firme di Franco Debenedetti, Luciano Cafagna, Michele Salvati, Paolo Mieti e Augusto Barbera.

Per questi democratici cerchiobottisti, insomma, i due schieramenti quanto a caratura democratica si equivalgono perfettamente, e si contrappongono solo per i contenuti delle altre proposte politiche, come in tutte le democrazie occidentali. Vale la pena però di saggiare la temerarietà o la saggezza di tale impostazione non in astratto (ideologicamente!) ma di fronte ad un paio di fatti. Poniamo che un parlamentare dell’Ulivo avesse parlato. in una interrogazione al ministro dell’Interno dopo il crimine di Novi Ligure, di una «solita banda di adolescenti cattolici borghesi, storicamente e genetica-mente avvezzi a tali efferatezze» e che dal suo partito non fosse stato immediatamente espulso e impietosamente stigmatizzato in ogni Vespa-show: anche per i nostri cerchiobottisti sarebbe stato troppo, e avrebbero certamente e serenamente detto che politici di questo genere sono una minaccia per la democrazia. Ma quella interrogazione è stata effettivamente fatta. Non parla, beninteso, di «adolescenti cattolici borghesi» bensì di slavi, ma per dei democratici (e perfino dei cerchiobottisti) non dovrebbe fare differenza. Visto che, per sovrammercato, ad uccidere non furono degli slavi, ma proprio degli adolescenti eccetera. Quella interrogazione è dell’onorevole Marco Zacchera di An. Non è stato espulso dal partito. Non abbiamo visto e sentito Fini, capo di quel partito, e Berlusconi, capo della coalizione, dedicare tempo e strali a tale indecenza. Chi tace acconsente, si diceva. E chi acconsente a tali barbarie, estraneo alla democrazia (almeno un "attimino") lo è di sicuro. La democrazia, inoltre, si basa sulla divisione dei poteri come preliminare e orizzonte della stessa regola di maggioranza. Il quarto potere, non formalizzato ma oggi imprescindibile come i tre poteri d’antan di Montesquieu, si chiama ormai tv. Chi è monopolista di quelle private, controllando come governo quelle pubbliche abrogherebbe tale divisione. Con tanti saluti alla democrazia. Tradizionale, ma non meno essenziale, è invece la divisione tra potere politico e giudiziario. Le sentenze si possono criticare. Ma se ogni sentenza di condanna, o anche solo di rinvio a giudizio, viene tacciata di persecuzione e aggressione di toghe rosse, cavalleria giudiziaria agli ordini di mandanti comunisti e altre amenità, e si dichiara che proprio contro ciò, appena conquistato il governo, si rimetteranno in riga i magistrati, siamo alla esplicita affermazione di una volontà di regime. Per nasconderselo bisogna fare come le tre scimmiette. Se poi si pensa che "comunisti" sarebbero magistrati come Piercamillo Davigo, da sempre nella corrente di destra della magistratura, o magari Paolo Borsellino (di cui si continua a occultare l’intervista televisiva dove si parla di Dell’Utri e anche di Berlusconi), notoriamente simpatizzante del Msi e da giovane iscritto all’organizzazione allora diretta da Gianfranco Fini, è evidente che per magistratura non comunista Berlusconi intende solo una magistratura che riconosca lui e i suoi amici "legibus soluti". Con tanti saluti per la democrazia. Ma ricordare questi fatti, e infiniti altri altrettanto gravi (cosa che ormai da anni MicroMega va facendo in ogni numero), sarebbe "faziosità". I nostri cerchiobottisti usano, evidentemente, un dizionario della lingua italiana specialissimo. Lo stesso dove, ad esempio, si confonde sempre l’imparzialità, che è la qualità irrinunciabile del giornalista, con l’equidistanza, che è la caratteristica degli opportunisti. Presentando un lavoro di Marco Travaglio ed Elio Veltri (L’odore dei soldi, Editori Riuniti, tutto basato esclusivamente su documenti pubblici della magistratura e di un alto funzionario della Banca d’Italia,), una giornalista francese, disgustata dal silenzio della stampa italiana su tali argomenti (a dire suo e di tanti colleghi dell’informazione estera, da prima pagina) ha sostenuto che la quasi totalità del giornalismo italiano, quando non è fazioso a difesa del Cavaliere, è equidistante invece di essere imparziale. E ha fatto questo esempio: in una bellissima giornata estiva, quando il mare è azzurro, un giornalista (imparziale) scrive che il mare è azzurro. Ma il giornalista all’italiana (equidistante) riporta piuttosto l’opinione del politico x, secondo cui il mare è giallo, e quella del politico y, secondo cui il mare è rosso, e quanto a lui eventualmente trova il coraggio di dire che il mare è arancione. Nessuna meraviglia, perciò, se oggi l’imparzialità (di giornalisti-giornalisti, semmai formatisi nella destra di Indro Montanelli, come Marco Travaglio) viene tacciata di faziosità, e la faziosità e il cerchiobottismo presentati come serena moderazione di oggettività. Nessuna meraviglia se oggi in tv per seguire qualche minuto di giornalismo vero (cioè imparziale, e che dia spazio ai fatti veri) bisogna guardare il programma di un comico, Daniele Luttazzi. Ad un’altra Italia, lontana le mille miglia da quella dei faziosi berlusconiani e dell’ignavia cerchiobottista, è dedicato questo numero: a Saveria Antiochia e alla sua Italia. Madre di Roberto Antiochia, ucciso mentre faceva la scorta al commissario Ninì Cassarà (lasciato quasi solo dalle istituzioni), Saveria ha accompagnato per oltre quindici anni il suo inestinguibile dolore di madre con un crescente, sistematico, modesto, straordinario impegno civile. Con don Luigi Ciotti ha fondato "Libera", associazione di associazioni contro la mafia, e ha battuto palmo a palmo le scuole della penisola per raccontare ai ragazzi che la mafia si può vincere, ma solo se viene meno la zona grigia di complicità, omertà, collusioni, indifferenza, di troppa parte della politica, del giornalismo, della società civile. Saveria Antiochia è morta a metà marzo, dopo una lunga malattia. Lo stesso giorno in cui i giornali (qualche giornale, in poche righe) davano notizia della sua scomparsa, davano altresì notizia che a Palermo diventava operativa la circolare del ministro Bianco con cui venivano aboliti i presidi permanenti presso le case dei magistrati nel mirino della mafia, e che era stato revocato il regime di isolamento permanente per Totò Riina. Saveria Antiochia, democratica senza aggettivi, era già un ‘esiliata in patria.

MicroMega N° 2/2001

 


 

"Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino" - Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi

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