Le elezioni del 13 maggio 2001

ELEZIONI: LA STORIA SI RIPETE? RESISTERE PRIMA

di Raniero La Valle

Elezioni    Il Dialogo Home Page   Scrivici


Dopo aver galleggiato sull'indifferenza dei più, la campagna elettorale si è finalmente scaldata, e si è cominciato a percepire quale sia la posta veramente in gioco; anche il Manifesto, fin troppo attento alle ragioni di un astensionismo di sinistra che nelle presenti circostanze non può essere giustificato, parlando della paura che l'eventualità di un governo Berlusconi suscita, ha riconosciuto che "ricomincia a circolare la parola fascismo".
In effetti c'è il pericolo, in gran parte determinato da una legge elettorale che è già essa stessa una violenza contro i cittadini, che tutta la destra vada al potere in Italia. Una destra che non è solo la destra mercantile di Berlusconi, ma è la destra della grande industria e della grande distribuzione, la destra che si vuole appropriare del bottino fiscale, la destra che organizza la secessione dei ricchi e delle regioni ricche dai poveri e dalle regioni povere, la destra del Grande Fratello, inteso come amministratore unico di un'unica azienda, la destra che vuole governare almeno per dieci anni, per rivoltare l'Italia come un calzino; una destra che non crede all'obbligatorietà dell'azione penale, e vorrebbe riservare alla maggioranza parlamentare la decisione sulle priorità dei reati da perseguire, sicché a decidere quali reati debbano essere puniti sarebbe chi possa aver interesse, se indagato, a non rispondere in tribunale dei propri. Poiché questa destra è tutta la destra, dentro di essa ci sono delle frange liberiste e clerico-moderate, ma ci sono anche componenti atee, stataliste, illiberali, antisindacali, e c'è quella destra che continua ad avere come modello e come rimpianto il fascismo, e non solo perché c'è la nipote di Mussolini. E del resto se non ci fosse il fascismo in tutta la destra riunita in un unico fascio di forze, come in Italia non avveniva da oltre cinquant'anni, il fascismo dov'è?
Certo la storia non si ripete, come nessuno può bagnarsi due volte nello stesso fiume. Questo lo sapeva anche Bertolt Brecht, che pur ammoniva a fare attenzione, perché il grembo che una volta ha partorito il fascismo è sempre gravido.
Il fascismo è una cultura, di cui non è difficile identificare gli ingredienti. Anzitutto esso cerca la propria autolegittimazione nel presupposto dell'ignominia del nemico. Se tutti gli altri sono bolscevichi, comunisti, statalisti, fabbricanti di miseria e perfino terroristi, il fascismo è legittimato. Se gli altri dicono cose per cui non sono "meritevoli" di essere ascoltati, non si discute nemmeno, e il dibattito politico è finito. Che tutte le televisioni siano in mano di uno solo non è conflitto di interessi, è regime.
La cultura del fascismo è la cultura del cominciamento assoluto. Tutto quello che è stato prima è perverso e sbagliato. La Costituzione, per la quale è sacra la patria e non l'impresa, è "sovietica" e deve essere riscritta. La Corte Costituzionale, che pretende difenderla, va cambiata. Tutto l'edificio della codificazione e della legislazione va distrutto e rifatto in tre giorni, ci vuole un Giustiniano. Per rifare l'ordinamento e l'apparato statale, è lì che arriva Napoleone.
La cultura del fascismo è, quando sente il vento nelle vele, un delirio di onnipotenza: si possono fare gli imperi, vincere le demoplutocrazie, o proclamarsi il miglior politico del mondo e volersi comprare l'Italia; ma quando la fortuna gira, e si sente perdere il consenso, esso si rovescia nella sindrome del vittimismo, nello spirito di persecuzione, nella denuncia di minacce e di complotti.
La cultura del fascismo è la cultura dei vincitori e dei perdenti. Forza Italia e abbasso lo straniero. In Germania negli anni trenta si riuscì a far passare l'idea che esistesse "una questione ebraica". In Italia si vorrebbe ora istituire una politica sull'idea che esista "una questione musulmana", che esista "una questione immigrati". Dall'antisemitismo all'antixenitismo. Tra le accuse al centro-sinistra c'è che durante il suo governo non sono diminuiti gli immigrati. Dunque che almeno stiano al loro posto: o braccia nelle imprese e servi nelle case, o in prigione o espulsi.
Ma nella cultura del vincitore, del "winner", come si dice nell'amato sistema anglosassone, non c'è solo il ripudio dello straniero. C'è la selezione tra chi ce la fa e chi non ce la fa nella società tutta ridotta a mercato. Gli scelti e i lasciati. I necessari e gli esuberi. Gli appagati e gli esclusi. I sommersi e i salvati. Perciò il ricco si propone come l'ideale realizzato, come il simbolo della riuscita, come il modello da rincorrere; e a questo titolo si propone come il sovrano da incoronare. Appunto non è più la democrazia. E non è nemmeno il diritto, non è più, non può essere la pace.
Purtroppo questa non è solo la cultura che viene proposta all'Italia. È la cultura che sta dando forma al nuovo rapporto dell'Occidente ricco, del Nord Atlantico, con il resto del mondo, una cultura che torna a una concezione inegualitaria della società e del rapporto internazionale; una diseguaglianza che non si pretende più di giustificare in sede teorica, come si è fatto per secoli, ma su cui si costruisce l'intero progetto di governo della società globale, che è un progetto di selezione prima ancora che di dominio. Perciò la partita che si gioca in Italia non ha valore solo per noi, può diventare un punto di resistenza di valore più generale, per l'Europa e per l'Occidente; purché non si aspetti che gli eventi si compiano, e si decida di resistere prima, con un voto capace di battere Berlusconi e la destra. Ci sembra questa l' "azione responsabile" che Bonhoeffer, resistendo, diceva essere propria dei cristiani

dal sito di ADISTA n. 31


"Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino" - Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi

Registrazione Tribunale di Avellino n.337 del 5.3.1996