RIFLESSIONE
Incominciare ad incontrarci

di Elena Monguzzi

A sostegno dell’appello del 2 marzo a Bologna


[Ringraziamo Elena Monguzzi (per contatti: eleudiche@tele2.it) per questo intervento.

Elena Monguzzi, poetessa, docente, traduttrice, impegnata nella societa’ civile, per i diritti umani di tutti gli esseri umani]


Io non so valutare la quantita’ di volere nonviolento a cui affidare la sicurezza della navigazione nel mare magno della quotidianita’ politica, ma incominciare ad incontrarci, non per contarci ma per conoscerci e sapere con chi si stia camminando, mi sembra un’urgenza gia’ di per se’.

Mi e’ accaduto, un giorno qualsiasi per noi ma purtroppo anche per tanti altri popoli tra cui quello afgano, di assistere ad una sessione per l’assegnazione di diplomi di laurea in Scienze politiche; uno degli elaborati verteva sulle riflessioni "ideal-ideologiche" sullo strumento guerra: una lunga rassegna di nomi, ciascuno accompagnato dalla valutazione che aveva fatto dello strumento guerra, valutazioni espresse dalla candidata piu’ o meno diffusamente. Da ascrivere alla seconda categoria di descrizioni e’ la frase accompagnatoria dell’esperienza gandhiana, per cui Gandhi avrebbe elaborato e proposto la "teoria" della nonviolenza, ma, avendolo fatto in tempi non maturi per il suo accoglimento, purtroppo ando’ incontro al fallimento. Ormai da tempo leggevo il vostro bollettino e li’ per li’ mi riusci’ solo di restare inebetita; successivamente, inoltre, seppi del 110 e lode attribuito a quell’elaborato, mentre erano state licenziate con 106 o 107 punti una tesi sull’esperienza di microcredito in un quartiere fiorentino; un’altra sulla soluzione comunitaria al problema dell’approvvigionamento idrico - nel rispetto dell’ambiente - data da una comunita’ andina; una terza sull’analisi della storia di emigrazione di un intero paese abruzzese, condotta, da un lato, fino al rientro del nucleo storico e, dall’altro, sulle aspettative di chi stava tuttora sperimentando lo status di emigrato. Scollamento piu’ totale: tra sapere (?) universitario e realta’ politicamente quotidiana; tra studenti al loro interno - tra chi continuera’ ad ignorare, ma verra’ promosso a brancolare nel e blaterare sul buio e chi crede che sia ora di illuminare questo buio smettendo di ignorare - e nella prassi quotidiana, tra chi viene destinato a perpetuare acriticamente dirigenza politico-amministrativa, sistema, economia, imprenditorialita’ e chi dovra’ sporcarsi di precariato - quando va bene - almeno per non soffocare in acque nelle quali non ha nemmeno scelto di tuffarsi.

Scollamento tra base e vertici, e non e’ con la riforma elettorale che cambia il sistema-politica dei piani alti, per cui chiunque vi arrivi non predisposto alla necessita’ di sturare le tubature per il circolo dell’acqua e di cambiarla ’sta benedetta acqua in cui si affanna la base, si trovera’ a manovrare leve, manopole e volantini dell’acquedotto del consumismo. Lasciati conquistare da Playtex just my style. Con Canon you can. Perche’ separarsi, quando restare insieme e’ economicamente conveniente! Perche’ accontentarsi: oggi puoi avere di tutto e puoi avere il meglio (cioe’ una certa auto). Fai di your way the easy way (pubblicita’ di un navigatore satellitare). Passa a you and Agip; viaggiate coccolati. Riviste patinate che per diffondere notizie e immagini non possono fare a meno di ospitare la pubblicita’ oscena di una sartoria di fama internazionale o di un gioielliere altrettanto internazionalizzato, impaginate insieme a quelle di un lussuoso servizio fotografico sull’ennesima guerra, o sulla pandemia Aids, o sulle stragi di mafia. Siamo all’insulto dell’intelligenza della gente, con l’intenzione di narcotizzarne una quota sempre maggiore, imprigionandola nel circolo vizioso del bisogno che non ha per indurglielo, in funzione della crescita della produzione. La scuola funziona - e come! - nell’avviarci su autostrade a sempre piu’ corsie (addio terzo paesaggio di Gilles Clement), ma con rigoroso divieto di inversione ad U, o nell’infilarci su aerei iperinquinanti per allinearci davanti a mete obbligate, o nello spingerci su treni costosissimi (i finanziamenti sono andati tutti al traffico aereo) dai finestrini dei quali non si vede piu’ nulla, ma conta che ci si possa collegare alla rete e guardare una cosa che, in quel momento, staranno guardando in milioni al mondo, senza condividere nulla con chi ci siede accanto.

Insomma, al progresso non siamo in grado se non di attribuire un senso positivo di misura piu’, un senso di sommatoria, di accumulo, di direzione in largo, in avanti o in alto; tanto che se c’e’ la riadozione di qualcosa (oggetto, atteggiamento, pensiero), nella migliore delle ipotesi parliamo di ritorno, nella peggiore di regresso, attribuendo sempre e comunque movimento detrattorio o di rinuncia. L’unica speranza di salvezza per il meno che e’ stato ieri, e’ nella memoria che lo cristallizza in una "storia statica"; una storia, cioe’, che e’ percorso, ma non in virtu’ di una dinamicita’ intrinseca, che consenta lo spostamento a piacere dei suoi tasselli, piuttosto grazie a tanti cantuccini di mosaico fissi ciascuno nel proprio incastro, a formare il murale della vita del mondo. Praticamente un marciapiede, sul quale ciascuno di noi cammina fino al raggiungimento dello spazio a lui riservato nel murale. Calpestiamo il percorso costruito da quelli che ci hanno preceduto nella nostra epoca e che hanno gia’ raggiunto la loro nicchia nel muro; "calpestiamo" e non "facciamo" un percorso per raggiungere... che cosa? Un angolo di un dipinto. Il concetto di progresso ci vieta di fermarci a baloccarci con le nostre idee, a rincorrerle quando ci sfuggono, in qualsiasi direzione lo facciano (quando si ha la sensazione di rivivere almeno qualcosa di una bella emozione, ci si affretta - ancora uno spostamento in avanti - a dire: "Bei tempi quelli!" e "Non sono piu’ i tempi di una volta!").

La natura ci insegna che progresso e’ un susseguirsi di anelli che si incatenano, l’uno diverso dall’altro perche’ arricchito dalla stagione precedente, ma ad esso saldamente legato e, in un certo senso, da esso dipendente: l’anello successivo parte dal precedente, si lancia in circolo... ma al precedente ritorna. Non e’ un "Into the Wild" versione pellicola cinematografica (tant’e’ che anche il protagonista, che non aveva approfittato dello studio delle mappe, cioe’ dell’arricchimento di cui gode l’anello successivo, da libero che si era sentito, si riconosce per costretto nelle terre selvagge).

Quanto sopra e’ la rappresentazione che mi faccio della violenza piu’ sottile e apparentemente piu’ morbida, quasi accattivante - e per molti finisce per esserlo - esercitata dal sistema sviluppo uguale produzione uguale meccanismo esclusivamente finanziario: non c’e’ spazio per sentimenti, creativita’ extrameccanica, memoria, pacatezza, espressioni di gioia, protagonismo storico, esaltazione delle differenze nel confronto, meraviglia e stupore.

Mi schiero con chi si sente indecentemente privato di grazia e dignita’ e sarebbe solo da persone nonviolentemente corrette e coerenti che potrei sentirmi rappresentata.

Tratto da
Notizie minime de
La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

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Numero 363 del 12 febbraio 2008



Marted́, 12 febbraio 2008