Il dopo elezioni del 13 maggio 2001

Accuse a Mani Pulite:

Appello a Ciampi

di Antonio di Pietro

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Insieme con Di Pietro
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NEWSLETTER DIPIETRO2001
4 novembre 2001

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ACCUSE A MANI PULITE, APPELLO A CIAMPI
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Cari amici,
Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi - affermando che il Pool Mani Pulite di Milano, di cui mi onoro di aver fatto parte, avrebbe
"utilizzato illegittimamente la giustizia a fini politici" - mente sapendo di mentire.
Ancor piu'bugiardo e' quando afferma che noi avremmo fatto cio' allo scopo di eliminarlo politicamente in quanto "rappresentava l'ostacolo di cui bisognava sbarazzarsi".
Egli e' stato il primo e maggiore beneficiato politico del vuoto politico conseguente alle indagini in questione e, percio', non solo scorretta ma criminalmente rilevante e' la sua affermazione secondo cui  c'e' stata una guerra civile portata  avanti dai magistrati avente come obiettivo ben preciso il rovesciamento dei rapporti di forza che hanno retto la politica italiana dal '48 fino ai primi anni '90.
Mani Pulite e' iniziata non per fini politici ma perche' e' stato un imprenditore (Luca Magni) che non ne poteva piu' di pagare mazzette e ha quindi denunciato il suo estorsore Mario Chiesa. E' poi proseguita perche' ci sono stati una miriade di imprenditori e pubblici ufficiali che hanno dato e preso (e spesso confessato) un mare di mazzette.
Solo noi del Pool storico di Milano ne abbiamo scoperti circa 2000 che hanno ammesso di aver commesso circa 10mila tra corruzioni, illeciti finanziamenti e falsi in bilancio. Abbiamo recuperato e riconsegnato alle casse dello Stato centinaia di miliardi e individuato oltre 2000 mila miliardi di fondi neri.
Non ci siamo inventati, insomma storie inesistenti. Forse che di fronte a persone che riferivano di mazzette pagate o riscosse da societa' del gruppo Berlusconi dovevamo far finta di niente? Qualsiasi persona di buon senso non puo' spacciare la doverosa attivita' giudiziaria di Mani Pulite per "guerra civile". Se poi e' anche Presidente del Consiglio dovrebbe sapere (e comunque ha il dovere di sapere) che accusare qualcuno di aver fomentato  una guerra civile equivale ad accusarlo di aver commesso un grave reato, punito ai sensi dell'art. 286 del codice penale con l'ergastolo (e, prima della riforma repubblicana, addirittura con la morte).
E' questo che vuole Berlusconi? Qualunque siano le sue intenzioni e' certo che a commettere dei reati e' stato proprio lui. Non mi riferisco ai fatti per i quali e' stato beneficiato dalla prescrizione o sollevato dai suoi dipendenti che hanno avuto l'accortezza, mentre corrompevano i finanzieri della Guardia di Finanza, di non avvertirlo. Mi riferisco, invece proprio al reato di diffamazione aggravata e continuata, punita dall'art. 595 c.p. sulla cui sussistenza non ci piove!
Berlusconi, infatti, piu' di qualsiasi altra persona sa (o ha il dovere di sapere) che, per le accuse che oggi lui imprudentemente reitera, sono gia' intervenute plurime decisioni della magistratura,  dell'organo di autogoverno dei giudici (Csm), del Parlamento e della  Corte europea dei diritti dell'uomo. Tutti que affermato - con sentenze o decisioni definitive - che "non e'possibile pensare che i rappresentanti della Procura di Milano abbiano abusato dei loro poteri" (cosi' testualmente la Corte europea non piu' tardi dell'altro ieri). E di fronte a questo scontro tra poteri, mi auguro almeno una parola di chiarezza da parte del nostro Presidente della Repubblica giacche' proprio l'insistere di Berlusconi su accuse che gia' sono state qualificate infondate, dimostra il dolo delle sue intenzioni e quindi la sussistenza in capo a lui del reato di diffamazione aggravata e continuata.
Peccato che per questi reati, le vittime della diffamazione - e significativamente i componenti di allora e di ora del Pool Mani Pulite - abbiano ben poche speranze di ottenere giustizia.
Non perche' non possano querelarlo (ed io comunque lo faro' per amore di verita' e giustizia) ma perche' - essendo lui un parlamentare ed avendo dalla sua la maggioranza dei deputati - sicuramente ricorrera' all'art. 68 della Costituzione (che vieta ai parlamentari di essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse) per sottrarsi a un serio confronto nell'unico luogo deputato ad accertare se le sue  affermazioni siano false o meno: le aule di giustizia.
In tal senso lo sfido a rinunciare da subito dal far ricorso all'immunita' parlamentare.

Antonio Di Pietro

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"Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino" - Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi

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