LETTERA APERTA AL PRESIDENTE VENDOLA

di don Vitaliano Della Sala

“Chi dice di combattere il potere dall’interno è già complice” (Salvador Allende)
Signor Presidente,
alle ultime elezioni, ho restituito al Presidente della Repubblica la mia tessera elettorale e a malincuore, non sono andato a votare. I motivi del mio non-voto sono gli stessi delle penultime elezioni: i programmi elettorali sembrano confezionati proprio per non essere attuati, evitano di affrontare i problemi per i quali la gente aspetta soluzioni. Il precariato, il caro vita, le servitù militari e la partecipazione alle future guerre, la riforma elettorale… non rientrano nei programmi elettorali. E poi le liste, e quindi gli eletti, sono imposti, ancora una volta dall’alto, senza possibilità da parte degli elettori di esprimere le proprie preferenze; non è stata stimolata alcuna partecipazione della base dei partiti e della società civile alla composizione delle liste, anzi è stata offesa l’intelligenza degli italiani con la farsa delle primarie del PD e della scelta del nome per quanto riguarda il partito di Berlusconi: nell’uno e nell’altro caso è stata solo la magnanimità del “sovrano” a concederci un po’ di partecipazione. Per quanto riguarda la Sinistra Arcobaleno, se le liste da votare fossero state composte casualmente dal computer, sicuramente avrebbero risposto meglio alle attese degli elettori di sinistra. Ormai ritengo che quella italiana è una democrazia da riformare radicalmente: assomiglia sempre più ad una oligarchia, al feudalesimo medievale dove i potenti si trasmettono il potere per via ereditaria o accaparrandoselo; un potere dal quale la gente è esclusa del tutto. È da riformare il sistema elettorale antidemocratico, contro il quale in Parlamento nessuno si è opposto veramente perché conviene alle segreterie dei partiti, visto che sono loro a decidere gli eletti. È da mandare a casa, è quindi da non sostenere col voto, questa casta politica che è lontano anni luce dai problemi veri della gente e che si accapiglia solo per una poltrona o per uno strapuntino sulla giostra del potere, interessata esclusivamente all’aumento dei già sproporzionatamente ricchi stipendi e appannaggi, dei privilegi e dei finanziamenti. E Rifondazione Comunista, nei suoi vertici, non è stata estranea a tutto questo schifo che, come dice il vescovo di Caserta, mons. Raffaele Nogaro, ha creato una “distorsione della democrazia”, e ridotto le imposizioni dei partiti ad una sorta di “camorra politica”.
A chi mi ha ripetuto che votare è un dovere e che il non-voto fa il gioco di chi abusa del potere, ho risposto che anche il non-voto è un’espressione di voto, che abbiamo il dovere di non-votare per non perpetuare la casta dei politicanti di mestiere, compresi quelli di Rifondazione. Bisogna far venir loro meno il tanto sbandierato consenso, strappato, rubato agli elettori. Non dobbiamo più farci complici, con il voto, di chi ha ridotto l’Italia come la vediamo!
Mi sono rifiutato di votare per il meno peggio, né voglio turarmi ancora il naso, oltre agli orecchi, agli occhi e alla bocca. Non sono andato a votare perché non mi sento rappresentato da nessuno schieramento; il mio non è stato qualunquismo, né la ricerca di una stupida purezza politica, e nemmeno disimpegno: è stato un gesto di amore politico verso il mio Paese che meriterebbe rappresentanti migliori, e verso una sinistra che ha smarrito la bussola: “questa ineffabile sinistra che non ascolta mai chi la contesta o la denuncia o la critica, e per rinnovarsi sa partorire soltanto i rivoluzionari del cazzo” (O. Fallaci).
Pensate: se in tantissimi non fossimo andati a votare! Sarebbe stato il vero “voto utile”: avrebbe costretto la “camorra politica” dei partiti ad una vera riflessione e ad un reale cambiamento!
Penso che bisogna reinventare la democrazia! Bisogna ridimensionare l’onnipotenza, l’onnipresenza e il monopolio dei partiti. Ormai ci hanno convinto che i partiti sono l’unico strumento per fare politica e per amministrare la cosa pubblica. Non ci vuole molto a dimostrare che si sono ridotti a gestori improvvisati dell’ovvio e dello scontato, quando non si imbattono nel Codice Penale e in quello etico. All’interno dei partiti fa rabbia quello che resta della sinistra. Una sinistra che sa solo balbettare di politiche sociali, che non pronuncia una parola chiara e inconfondibile, “senza se e senza ma!”, per percorribili soluzioni ai problemi del precariato, per la tutela dell’ambiente, per la chiusura dei famigerati CPT e per un’accoglienza dignitosa dei migranti, in favore delle unioni di fatto e della laicità dello Stato, per il ritiro immediato delle truppe dagli scenari di guerra permanente statunitense. Una sinistra che non ha il coraggio di pronunciare una parola chiara, di pace, contro l’istallazioni di nuove basi militari straniere sul nostro territorio, contro la partecipazione a guerre future. Una sinistra che mi ha deluso molto, che ha fatto della governabilità e della spartizione di potere un idolo, al quale ha sacrificato la partecipazione della base alle decisioni, il Movimento no-global e “l’altro mondo possibile”! La cosiddetta sinistra radicale che per racimolare voti e per conquistare poltrone istituzionali, tanto alte quanto inutili, si è ridotta ad inseguire politiche moderate; che non si è fatta scrupolo di usare il Movimento dei movimenti fin quando gli è servito, per poi abbandonarlo ed emarginarlo, contribuendo a creare in esso fratture insanabili che rischiano ora di condannare alcuni a derive violente, come negli anni ’70, quando il muro contro muro tra istituzioni e movimenti, con l’avallo della sinistra, procurò soltanto l’acuirsi di ostilità e di esasperazioni sociali, sfociate anche nel terrorismo; oggi i proiettili di Genova, i manganelli di Napoli, la repressione violenta di qualsiasi forma di protesta, lo sdoganamento dei gruppi di estrema destra, eversivi e anticostituzionali, le migliaia di denuncie e di procedimenti giudiziari contro appartenenti al Movimento, l’irreale discussione da salotto sulla violenza e la non-violenza, rischiano di riproporre lo stesso schema di involuzione democratica e di scontro mortale, nel quale oltre alla democrazia e alle libertà, si rischia di bruciare anche quella parte migliore di società che ha scelto di impegnarsi in prima persona per un futuro migliore, per un altro mondo possibile. Dispiace enormemente osservare una sinistra pilatesca, che per mero calcolo elettorale, tenta di esclude dalla politica o umilia il Movimento dei movimenti e chi pretende una partecipazione vera dal basso, senza rendersi conto come negli anni ’70, che tutto questo può avere conseguenze mortali.
È utopia che un’altra politica sia possibile? Tanti piccoli segnali sono già realtà, anche se poco visibili e poco pubblicizzati; il lavoro e l’impegno di tanti singoli, gruppi e associazioni, dimostrano che cambiare è possibile, che anche per loro occorre smetterla di pensare che i partiti e la loro politica siano l’unico modo per costruire un futuro dignitoso. C’è una Politica di base, fattiva e onesta, diffusa sul territorio e oscurata dalla politica dei politicanti, che andrebbe messa in evidenza. Da questa bisogna ripartire, tentando di “riportare alla luce” associazioni di volontariato, movimenti di tutela dei territori, operatori sociali, singoli e gruppi, laici o cattolici, che sono la parte migliore e l’unica speranza per il Paese. Dispiace che questi non vengano mai presi in considerazione dalla sinistra quando si tratta di comporre le liste elettorali: nemmeno alle scorse elezioni questi cittadini perbene e onesti, che di diritto dovrebbero essere candidati a rappresentarci, non hanno trovato posto né nelle liste della Sinistra Arcobaleno né, ovviamente, nelle altre. Il mio non-voto, è vuole essere un voto per tutti questi non-candidati che quotidianamente e senza clamore tentano di costruire dal basso e per il basso una vera alternativa di sinistra per l’Italia.
Dal basso. Da quel basso che anche Rifondazione Comunista dimostra di temere. Da quel basso nel quale molti, anche a sinistra, non sono mai scesi. Da quel basso che non idolatra e non da tanta importanza al voto come unico e indispensabile strumento per cambiare le cose, ma da importanza alla politica, quella concreta. Da quel basso dal quale verranno i veri cambiamenti politici e i miglioramente sociali. Da quel “basso a sinistra“ dal quale potrà nascere l’altro mondo possibile.
Signor Presidente, certamente Lei si ricorderà di quanto scriveva don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, nella sua famosa lettera a un giovane comunista: “hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero ad avere ragione. Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione. Ma come è poca parola questa che tu m’hai fatto dire. Come è poco capace di aprirti il Paradiso. Quando per ogni tua miseria io patirò due miserie, quando per ogni tua sconfitta io patirò due sconfitte, quel giorno, lascia che te lo dica subito, io non ti dirò più “hai ragione”. Quel giorno finalmente potrò riaprire la bocca all’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo: “Beati i poveri perché il Regno dei cieli è loro”. Ma il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene, quel giorno io ti tradirò”.
Questa frase mi sta ronzando in testa da un po’ di anni; da quando la sinistra italiana ha cominciato a sacrificare i propri ideali e il proprio elettorato sull’altare di una governabilità fine a se stessa; e anche a Rifondazione Comunista è stato concesso di entrare nella stanza dei bottoni, ma senza che i cittadini e le fasce più povere della popolazione ne trovassero giovamento alcuno.
Signor Presidente, insieme abbiamo sfondato “la cancellata della reggia dei ricchi”, solo che molti di voi, notabili e burocrati del partito, vi siete accomodati comodamente in salotto per restarci; in tanti, per fortuna, abbiamo scelto di restare fuori ad occuparci e condividere i problemi della gente. Da quel giorno io vi ho tradito, o meglio, voi avete tradito i poveri.
Don Milani non lo sa, ma il suo racconto è continuato in maniera inaspettata: i proprietari della reggia e gli elettori vi hanno ora sbattuto fuori e adesso voi state a supplicarci di riaccogliervi nella “casuccia puzzolente” dei poveri, per dirigerci ancora a sfondare “la cancellata dei ricchi”, senza che voi muoviate neppure un dito, come sempre.
Signor Presidente, mi dispiace, ma ora non ci fidiamo più di voi. Nemmeno di Lei. La cosa più dignitosa che potete ancora fare, voi burocrati e dirigenti che avete portato la sinistra ad una pesante sconfitta elettorale, è tornarvene tutti a casa, lasciando alla base la possibilità di esprimersi, di riorganizzarsi e di operare concretamente e disinteressatamente.
Con cristiana franchezza


don Vitaliano Della Sala
17 maggio 2008



Domenica, 18 maggio 2008