Breve commento al Trattato di Lisbona (13 dicembre 2007) alla luce della Costituzione italiana

di Prof. Alessandra Algostino – Università di Torino

IL Trattato di Lisbona, che modifica il trattato sull’Unione europea (Maastricht, 1992) e il trattato che istituisce la Comunità europea (Roma, 1957), collide sotto più profili con la Costituzione italiana, come già in precedenza il Trattato che adotta una costituzione per l’Europa, di cui riprende in gran parte il contenuto.

Il principio ordinatore è l’«economia sociale di mercato fortemente competitiva» (art. 2 TUE) e la formula sulla concorrenza scompare dagli obiettivi ma riappare, con identico valore giuridico, nei protocolli («il mercato interno…comprende un sistema che assicura che la concorrenza non sia falsata»). L’economia sociale di mercato non è un’economia di mercato con finalità sociali, ma, nella prospettiva dell’ordoliberismo, una società di mercato autosufficiente, dove l’eventuale benessere sociale discende dal funzionamento del mercato.

È evidente la distanza da una Costituzione che assume come principio fondamentale l’eguaglianza sostanziale, ovvero una prospettiva nella quale la Repubblica ha il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (art. 3, c. 2, Cost. it.).

Sono vari i punti di tensione fra Costituzione italiana e Trattato di Lisbona; fra i più significativi: il rispetto tout court della democrazia, la tutela dei diritti sociali e le limitazioni alle libertà economiche, il principio di ripudio della guerra.

Democrazia.

La cessione di competenze e sovranità all’Unione europea comporta l’attribuzione di una sfera di decisione ad un governo sottratto sostanzialmente al controllo dei governati, contravvenendo il principio di sovranità popolare e l’essenza della democrazia consistente nell’identità governanti-governati (art. 1 Cost. it.).

Il Parlamento europeo, organo rappresentativo dei cittadini, è estremamente debole. Il Trattato di Lisbona amplia le ipotesi di codecisione fra Parlamento e Consiglio, ma il potere legislativo, violando il classico principio liberale della separazione dei poteri, resta sempre, non solo condiviso con l’esecutivo, ma vede in posizione di preminenza l’esecutivo stesso, come è evidente solo che si consideri come titolare del potere di iniziativa legislativa sia la Commissione. Viene violato altresì un altro classico principio della democrazia liberale (borghese): no taxation whitout representation, visto la debolezza o l’esautoramento del Parlamento nel controllo sul bilancio e nelle scelte relative all’imposizione fiscale, a favore dell’esecutivo e di una Banca centrale politicamente irresponsabile e con l’obiettivo primario e imprescindibile del «mantenimento della stabilità dei prezzi».

Essenziale poi per la garanzia delle libertà dei cittadini è l’indipendenza del potere giudiziario dall’esecutivo: nell’Unione i giudici sono nominati dai governi degli Stati membri.

Non è solo la democrazia sociale che manca nell’Unione europea, ma quella liberale, ovvero l’Unione europea non è tout court democratica (come osserva il liberale Dahrendorf: «se l’UE facesse domanda di essere accolta nell’UE, questa domanda dovrebbe essere respinta per insufficienza di democrazia»).

Diritti.

L’art. 6 TUE afferma che l’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali di Nizza del 2000, con lo stesso valore giuridico dei Trattati – ma non la inserisce nei trattati -, e che l’Unione «aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali» del 1950, con la precisazione che né le disposizioni della Carta né l’adesione alla Convenzione estendono le competenze dell’Unione o incidono sull’attribuzione delle sue istituzioni. E l’idea che «il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo» (già ex art. 2 Dich. francese del 1789 e in nuce nell’art. 2 della Cost. it. laddove si afferma che «la Repubblic a riconosce… i diritti inviolabili dell’uomo»)?

Quanto all’elenco dei diritti, è evidente la debolezza nella proclamazione dei diritti sociali e dei lavoratori; fra tutti, due esempi.

Il lavoro. La Carta di Nizza si riferisce al «diritto di lavorare» e alla «libertà di cercare un lavoro»: ad essere sancito è un mero diritto di libertà negativa, una possibilità dell’individuo. Il nuovo art. 5 bis TFUE prevede che l’Unione «tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale…». Non vi è obbligo o vincolo per le istituzioni: è evidente la distanza con la Repubblic a «fondata sul lavoro» della Costituzione italiana e la regressione rispetto ad una Repubblica che «riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» (art. 4, Cost. it.).

La salute. La Costituzione italiana, all’art. 32, afferma: «la Repubblic a tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»; la Carta di Nizza stabilisce che «ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali». La norma costituzionale italiana sancisce un diritto alla tutela della salute e alle cure gratuite in caso di indigenza, la norma “costituzionale” europea prevede un diritto di accesso alle cure mediche se, e nella misura in cui, queste sono previste a livello nazionale. Quale prestazione è vincolata a fornire l’Unione europea? Nessuna. Quale prestazione l’Unione europea vincola gli Stati a fornire? Nessuna. Il diritto è svuotato del suo contenuto.

Non può inoltre non leggersi un contrasto nella proclamazione delle norme cosiddette economiche; si vedano l’art. 41 della Cost. it.: «l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo di arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché …possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali», e la Carta di Nizza:  «è riconosciuta la libertà di impresa».

Pace e guerra.

Nel Trattato di Lisbona ricorre il riferimento al «mantenimento della pace», ma in nessun luogo si sancisce il ripudio della guerra (art. 11 Cost. it.), anzi, l’art. 28 A TUE prevede che «l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari», da utilizzarsi in «missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale conformemente ai principi [n.d.r.: solo ai principi] della Carta delle Nazioni Unite». Invece della promozione delle organizzazioni internazionali che siano volte ad assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni (art. 11 Cost. it), si legge l’impegno per gli Stati membri a migliorare progressivamente le loro capacità militari (art. 28 A TUE).



Martedì, 20 maggio 2008