Politica
La terza via.

di Rosario Amico Roxas

Le divisioni all’interno dell’UE non giovano, certo, alla promozione di una politica unitaria, autonoma e centrista, cioè equidistante da tutte le nazioni e dai blocchi del pianeta che cercano di primeggiare e imporre il proprio punto di vista, o, meglio, che vogliono dettare le regole per un nuovo ordine planetario, come sta accadendo con gli USA, che si autoproclamano capofila di un Occidente che deve pilotare le sorti del mondo secondo un proprio programma di espansione della "democrazia".
La preminente posizione politica e militare degli USA (politicamente preminente perché militarmente sostenuta da un potenziale bellico mai visto in tutta la storia del pianeta) rischia di creare una insanabile frattura tra Occidente e resto del mondo. Seguire la strada segnata dagli USA non rientra nella cultura europea. Di fronte a potenziali o reali avversari gli USA privilegiano l’uso della forza rispetto a quello della diplomazia, sostenuti in questo dalla più imponente industria bellica del pianeta; sanzioni, embarghi, guerre preventive prevalgono su qualsiasi ipotesi di concertazione in grado di dirimere le controversie cercando un punto di incontro equo e accettabile da tutti. Gli stati europei, invece, privilegiano le trattative e la diplomazia rispetto alle coercizioni minacciose o violente.
In Europa, però, manca una forza politica in grado di catalizzare la volontà dei molti e imporsi come elemento unificatore e realizzatore della vocazione più intima dell’intera Europa. Anche in Europa si cerca di forzare un bipolarismo politico che non rientra nella metodologia umanistica del Vecchio Continente.
La destra economica ha ripreso i temi del neo-liberismo di stampo pragmatico esportato dagli USA e imposto alle nazioni occidentali sotto forma di globalizzazione dei mercati, per programmare una nuova spartizione delle aree di influenza nei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo, senza alcun riguardo verso le reali esigenze di questi popoli, visti solamente come terreno di conquista.
Il capitalismo, che ha rigenerato il peggior neo-liberismo, è capace di comprendere solo se stesso e le sue esigenze pragmatiche, che coincidono solamente con l’utile economico immediato, senza alcuna riserva morale.
Non fu compresa la lezione di Ugo Spirito, forse perché anticipava troppo i tempi, quando, intorno agli anni ’60, riproponeva la tesi, elaborata negli anni ‘30/’40 e, allora, soffocata dal gentilianesimo imperante, circa l’istanza di un corporativismo in grado di mutare le radici stesse del capitalismo e aprire varchi nella prospettiva della politica sociale (cfr. Ugo Spirito: Corporativismo e Capitalismo).
In Italia gli eventi politici non offrono elementi per una valutazione positiva; teoricamente è stato creato un bipolarismo, un bipartitismo che avrebbe dovuto esemplificare la scena politica nazionale. Si è avuto un proliferare di partiti, partitini, movimenti, al punto che è venuta a mancare anche la fantasia di dare un nome e si è arrivati a chiamare il proprio partito con il proprio nome o con un assurdo e ammiccante "Partito della bellezza".
Emergono due formazioni: CENTRO-Destra e CENTRO-Sinistra. Ciò che in realtà emerge è l’esistenza di un CENTRO al quale tutti, indistintamente, hanno deciso di rifarsi e di appoggiarsi. Questo CENTRO che deve fare molto chilometri per incontrare e dialogare con una destra in preda al materialismo edonistico, mossa da sviscerato amore verso le classi più ricche, alle quali omaggia leggi e leggine, giustificandole con l’ipotesi assai assurda che la maggior ricchezza delle classi ricche porterebbe maggior benessere per tutti, in termini di posti di lavoro.
La verità è che è stato inventato il lavoro interinale, la flessibilità del lavoro, eufemismi per nascondere la tragica realtà della disoccupazione organizzata; unici ad avere vantaggi sono gli imprenditori che non devono più preoccuparsi di mandare avanti l’azienda, in ogni momento di sia pur minima crisi, basta gettare sul lastrico i dipendenti, specie i più giovani e risolvere a monte i problemi.
A sinistra le cose non vanno meglio; il CENTRO deve fare ancora molta strada per incontrare i partners del dialogo.
Questo CENTRO che si trova nella medesima piazzetta, che potrebbe dialogare in maniera paritaria, va invece a cercarsi gli interlocutori in sedi che sono totalmente anomali per cultura, storia e tradizioni.
Il CENTRO che dovrebbe costruire la TERZA VIA della politica italiana, europea e mondiale.
La terza via è quella equidistante dal bipolarismo che gli angloamericani vogliono imporre: da una parte l’Occidente e dall’altra il resto del mondo.
L’Europa fa parte dell’Occidente, ma non di quell’occidentalismo aggressivo, che pretende di dettare le proprie regole al resto del pianeta. L’Europa avrebbe tutte le possibilità di presentarsi come forza di mediazione, con una politica di equilibrio ed equidistanza, quella terza via, che deve diventare l’alternativa alle guerre di supremazia. Per ottenere ciò è diventato urgente:
• ripristinare l’autorevolezza dell’ONU;
• promuovere l’integrazione europea, ancora troppo frazionata nella difesa di interessi di parte;
• promuovere, infine, l’integrazione euro-mediterranea in alternativa al concetto di globalizzazione dei mercati, favorendo la crescita delle nazioni sottosviluppate o in via di sviluppo, per migliorare la loro qualità di vita, rinunciando a impadronirsi dei mercati per imporre i prodotti occidentali in cambio di tutte le loro materie prime.
Ciò che caratterizza, negativamente, l’attuale panorama politico occidentale è l’idea di identificare il progresso storico con il progresso materiale, il più delle volte riservato ai pochi appartenenti alle oligarchie del potere.
Tale incondizionata fede nel progresso provoca il totale annullamento dell’autenticità del fattore “umano”, fenomeno alla base di tutte le politiche distruttive che hanno caratterizzato il secolo appena trascorso.
Ricordo una frase di Voegelin “…il primo pericolo è la distruzione della verità dell’anima”. Venendo meno il collegamento con la dimensione umana e spirituale della verità, il politico diventa schiavo della tirannia del relativo, del pragmatico, dell’immediatamente utile. E’ la deriva del potere verso mete sempre più disumanizzate, che si sostituisce alla dimensione umana e spirituale.
Così la politica economica occidentale ricalca le orme del materialismo storico e dialettico e ne riafferma i valori materiali, che la Storia ha definitivamente condannato: il pragmatismo, negatore della verità e del giusto, a vantaggio dell’utile immanente, diventa il materialismo del nuovo millennio.
Si inaridisce sempre più il deserto dei valori tipico degli opulenti popoli occidentali, trascinati dalla logica dei mercati e dalla spirale consumistica, mentre la dimensione della verità cerca di reintrodurre significati capaci di impedire il disfacimento di tutti i valori. Il pragmatismo, in teoria, nega e respinge il marxismo, ma, nei fatti, applicando la logica del materialismo edonistico, ne fa rinascere le rivendicazioni, rendendole protagoniste del farsi stesso della storia del progresso, in un unico senso materiale.
La politica occidentale, equidistante sia dalla destra economica, che dalla sinistra politica, dovrà incarnare e rappresentare le istanze di giustizia sociale, capaci di modificare in meglio le relazioni tra gli uomini e i popoli.
Essa dovrà:
• disfarsi della società permissiva, che riduce ogni cosa al metro della utilità, che porta alla ribalta gli istinti più primordiali, che dà sfogo a ogni desiderio materiale, in una perversa spirale di potere-guadagno-potere;
• smantellare l’ impostazione piramidale, dove il vertice è occupato dall’esercizio del potere, che genera guadagno, in un alternarsi di queste categorie, che non lasciano spazio per l’umanesimo, intrinseco nell’essere umano in quanto tale, a qualunque latitudine.
• sancire che il trionfo dell’edonismo conduce, in tempi assai brevi, alla eclissi di ogni nozione di bene comune, privilegiando l’utile privato.
• contrastare questo inospitale deserto dei valori, dove siamo costretti ad assistere alla scorribanda dell’utilità economica, intesa come fondamento di ogni agire sociale, trascurando l’equità del bene comune.


Rosario Amico Roxas



Venerdì, 16 novembre 2007