Politica - Dibattito
Per superare le polemiche

di Rosario Amico Roxas

I toni polemici dovuto alla mancata visita del pontefice per l’inaugurazione dell’anno accademico presso l’Università di Roma "La sapienza", si stanno attenuando, anche se rimane l’invito a "dare una risposta" al mondo laico con una sollecitata concentrazione per l’Angelus di domenica 19 gennaio in Piazza san Pietro.
Sarà una concentrazione "pilotata" della quale cercheranno di profittare i piazzaioli di mestiere per alterare il significato confessionale e stornarlo verso interessi assolutamente diversi.
La rinuncuia del pontefice ha rappresentato una scelta che merita rispetto, non polemiche.
Il mandato di un pontefice è quello di unire i fedeli, non di separarli; di generare dialogo, non diaspore culturali.
Le premesse che accompagnavano la visita non erano le migliori per sortire ad un risultato ecumenico; si tratta delle premesse sulle quali è incentrata l’intera predicazione di Ratzinger/Benedetto XVI, che vanno dalla lectio magistralis di Ratisbona, ai suoi scritti a quattro mani con Pera, alle radici cristiane dell’Europa, al primato della cultura e della religione cristiana sulle altre religioni e culture.
Lo stesso mons. Fisichella ha dimostrato di non aver capito le ragioni della protesta, quando ha affermato essersi trattato di una occasione perduta, essendo Ratzinger/Benedetto XVI, il massimo teologo del xx secolo, trascurando che, nelle more, è diventato IL pastore del pianeta dei fedeli, al quale si chiede l’esecizio della carità cristiana e non una epistemologia del trascendente, la testimonianza di Cristo e non l’esegesi storica.
La visita presso "La sapienza" avrebbe acuito le asperità che si sono create in un tempo assai breve e che hanno vanificato decenni di ininterrotti tentativi, spesso riusciti, di aprire le porte della Chiesa cristiana al mondo intero.
Già soltanto l’invito formulato a inaugurare l’anno accademico, provocò una reazione abnorme, con un rigurgito di anticlericalismo che non somiglia affatto alla separazione dei poteri che uno Stato laico ha il dovere di esigere.
Leggendo la nota inviata da Benedetto XVI, emergono due considerazioni:
1) il riconoscimento di dovere parlare come pontefice, senza imporre la Fede, aprendo il dialogo con tutti,
2) l’accoglimento della critica di avere parlato a Ratisbona come professore, trascurando di essere diventato pontefice, con il preciso mandato di testimoniare la fede e non di insegnare.
Oggi anche l’UE mette in discussione lo Stato Città del Vaticano, Osservatore presso l’UE, in quanto non corrispondente ai principi, sanciti da tutti gli Stati membri , di democrazia; sarebbe veramente triste se dovesse essere l’UE a ricordare al pontefice le parole di Cristo: "Ma il mio regno non è di questo mondo".
Mi piacerebbe vedere questa rinuncia come un segno di umiltà, di consapevolezza che non si entra nei cuori e nelle coscienze senza bussare, irrompendo con la propria visione, bisogna conoscere il tocco ben noto dell’amico ed essere invitati ad entrare.

Rosario Amico Roxas



Sabato, 19 gennaio 2008