Una serata sulle elezioni e il PD

di Enrico Peyretti

Partecipo ad una delle tante riunioni in vista delle elezioni politiche. Questa è in ambiente cattolico aperto. Introducono un bravo docente di etica, che stimo molto, e un parlamentare PD. Ascolto prendendo appunti praticamente integrali, come è mia abitudine. Gli interventi del pubblico, pochi, sono su punti particolari. Nel mio intervento cerco di dire:
- non sono così entusiasta del PD! Poi, naturalmente, si fa di necessità virtù
- il bipartitismo (oggi attuato anche senza referendum Guzzetta) comprime la politica e il Parlamento; disprezza e toglie spazio ai partiti minori, mentre le vere novità vengono sempre dalle minoranze; il criterio della rappresentatività e della governabilità sono entrambi da realizzare; ma la governabilità pragmatistica, che perde riferimenti ideali, non deve falsare la rappresentatività
- bisogna votare; predico sempre contro l’assenteismo disgustato, abbondante negli ambienti che conosco; chi non vota sbaglia sempre, perché vota per chi vince, che può essere il peggiore
- non si vota per l’ideale, ma si calcola il miglior risultato possibile col minor danno; però una situazione che non permette di affermare un ideale politico nel voto, è una assai brutta situazione
- bisogna dire forte e chiaro che in gara c’è un pirata, un falsario, un rapinatore della cosa pubblica (res publica), uno che fa esclusivamente affari privati in atti di ufficio pubblico, e mezza Italia lo accetta e lo ammira. O si porta un’idea alta di politica, o ci si contamina con questa
- nei programmi e nel dibattito elettorale manca del tutto il tema della pace e della guerra, che determina la sorte del mondo e anche la politica interna; non si dice che il mondo è sotto minaccia di un impero bellicista e delle reazioni che esso provoca, e poi le affronta con la guerra, la quale è terrorismo moltiplicato e rovina di ogni civiltà, e semina dolori e risentimenti infiniti nella storia futura; non si dice che la politica italiana è ancora abbondantemente succube di quell’impero, per incapacità di giudizio (vedi base Vicenza, per fare un solo esempio madornale)
- si propone uno sviluppismo cieco, che vuole ignorare il rischio ecologico, enorme, occultato, e continua a propinare la favola folle della crescita infinita
- il Pd mette insieme due culture? Ma quali? Il socialismo estenuato dall’autopunizione, ormai neppure più nominato, e il solidarismo sociale cristiano sostituito, ai piani alti, col clericalismo fissato su pochi punti di morale privata, ma ancora ben vivo nel volontariato dei movimenti di base eppure emarginato dal mondo politico ed ecclesiastico istituzionale
- non deve mancare l’idea di sinistra, abbandonata dal PD, a mala pena rappresentata dalla Sinistra Arcobaleno. Giustizia e libertà vanno difese e affermate insieme, ma la giustizia (ciò che è dovuto a ciascuno) è criterio e misura della libertà, non viceversa, perché i forti sono già liberi, come volpi libere fra galline libere di essere mangiate. Non basta l’uguaglianza dei punti di partenza consegnata alla competizione e meritocrazia (come ha detto questo parlamentare) per realizzare libertà e giustizia, ma occorre la forza delle regole (museruola alle volpi) e la logica dell’art. 3 Costituzione, mai rivendicato come doveroso criterio principe della politica
- la politica non è primaria come fa credere e come appare, ma è secondaria, perché è determinata dall’ethos e dalle idee della società. Una maestra elementare costruisce storia umana più di un parlamentare, che può solo mettere condizioni generali favorevoli o contrarie. Lavorare nella società è più importante che governare
- ho posto il problema: il potere politico istituzionale è più importante gestirlo oppure controllarlo dalla parte della società? Amministrarlo o arginarlo e orientarlo? Il parlamentare ha capito, riduttivamente, che parlassi di stare al governo o all’opposizione! No! È ben più grande il problema!
- alla domanda, non mia, sulle spese militari molto cresciute col governo Prodi (sono altri i suoi meriti), il parlamentare ha risposto in modo da far cadere le braccia sotto terra. La cultura politica come la sua conosce al massimo il pacifismo negativo, non ha idea della politica di pace coi mezzi della pace. Egli giustifica interventi militari come il nostro in Afghanistan, che è di guerra attiva, anticostituzionale. L’Onu non può autorizzare nessuna guerra, ma solo azioni di polizia, tutt’altra cosa in sostanza, non a parole. Su questo punto soprattutto, la politica corrente è tragicamente nel buio.
- poi, nel votare si fa di necessità virtù. Qualcuno disse che la politica è l’organizzazione della speranza. Ma tutta questa politica di necessità non ha sapore di speranza. La cerchiamo altrove.

Enrico Peyretti,
3 aprile 2008



Venerdì, 04 aprile 2008