Riflessione
Senza radici

di Rosario Amico Roxas

Riceviamo e pubblichiamo

Il titolo di questo post è mutuato dal titolo del libro che Marcello Pera, ex presidente del senato durante il governo Berlusconi, scrisse a quattro mani con il cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI.

"Senza radici" sarebbe l’Europa multirazziale e relativista; l’Europa progressista che vuole adeguarsi alla evoluzione dei tempi che non permettono più discriminazioni di razza, pelle, religione. Questa apertura, che fu del Concilio Ecumentico Vaticano II, viene rigorosamente rigettata sia dal rag./prof. Pera che dall’allora cardinale Ratzinger. L’itinerario non si è interrotto, come non si è interrotta la connivenza fra i due, si è anzi rinforzata con l’elezione al pontificato, al punto da far diventare Pera un "cardinale laico", portavoce ufficioso del pontefice in quegli argomenti nei quali non può intervenire come vorrebbe, pena la negazione della universalità della Chiesa di Roma. Il conservatorismo si evince dalle stesse parole usate "senza radici", perchè si guarda al passato come qualcosa non suscettibile a evoluzione alcuna.

Il progressismo valuta i frutti che quelle radici hanno prodotto e utilizza anche innesti diversi per migliorare i frutti; innesti di altre culture, di altre religioni, di altre razze, tutti unificati dalla vocazione di proiettarsi avanti.

Dalle radici di Pera/Ratzinger sono nati i frutti del male, le discordie, la presuntuosa pretesa di un primato occidentale che finisce con il volersi imporre forzando l’uso dei mezzi più cruenti.

Con la visita in Brasile Benedetto XVI ha perfezionato il suo ruolo di capo dello Stato vaticano che disprezza e mortifica i popoli della fame, gli esclusi, le vittime, indossando paramenti con 18 km. di fili d’oro e argento.

Ma si parla di radici…. E sono le radici che portano Bush in Vaticano; sono le radici che legano, in una unione peccaminosa, il Vaticano alle lobbyes piduiste, berlusconiane, con il tramite di Pera che fa l’ambasciatore di Berlusconi in Vaticano.

Da quelle parti hanno capito l’importanza di poter disporre dell’appoggio del pianeta religioso, ma da noi ciò è sempre stato sottovalutato in nome di un anticlericalismo globale, che si autacastiga per colpe altrui…pura follia !!!!!

E’ diventata una «moda», un urgente costume, quello di appellarsi alle «radici cristiane» dell’Europa e dell’Italia; un costume che viene assunto da personaggi in cerca d’autore, incerti tra il loro stesso modo di essere e l’esigenza di dover apparire.

Chi parla in questi termini non ha alcuna sensibilità religiosa, non «serve» la causa religiosa, ma «si serve» della religione per recuperare facili e gratuiti consensi e promozione di una immagine falsamente populista.

Da credente non permetto di essere rappresentato da questi squallidi personaggi. Ho riletto più volte le Sacre Scritture, imparando ogni volta qualcosa di nuovo. Non ho trovato da nessuna parte l’urgenza di difendere le radici della fede (qualunque essa sia).

Questa rinnovata esigenze mi riporta indietro nelle pagine della Storia; poche pagine indietro che però rappresentano un’ abisso in termini di sviluppo del pensiero sociale. Mi riportano alla Controriforma, al Concilio di Trento, alla Santa (!) Inquisizione, alla caccia alle streghe e agli alchimisti, a Giordano Bruno, a Galileo, e, quindi, alle Crociate che hanno insanguinato oltre due secoli.

Oggi torna la volontà di difendere le «radici», ma dove sono i frutti che queste radici hanno generato e procurato ?

Il frutti del cristianesimo, ben coltivati dallo sviluppo sociale della Chiesa, iniziato con l’enciclica Rerum Novarum e proseguito con un crescendo sociale fino alla Centesimus Annus, si sono concretizzati nella «Sociologia del Nuovo Umanesimo».

Ora arrivano i professionisti della parola, i quali, ignorando tutto, pretendono di farsi difensori delle ”radici cristiane” soltanto per potere giustificare il desiderio di rappresentare una parte di elettorato, non certo una parte dei credenti.

Se le radici del cristianesimo hanno prodotto questi frutti e queste lacerazioni, allora non meritano di essere difese, perchè hanno prodotto frutti amari, deleteri per la civile convivenza tra i popoli.

Se di radici vogliamo parlare dobbiamo farlo riferendoci alle «radici dell’uomo», le sole che accomunano l’intera specie umana.

Rosario Amico Roxas



Mercoledì, 06 giugno 2007