Politica - Dibattito - L’assordante silenzio
Quando il valore della pace diventa soltanto un segno grafico

di Francesco Marangoni

La "cosa", sia essa rossa o arcobaleno, evoca di per sé più un film horror o un fumetto della Marvel che la nascita di un nuovo soggetto politico. A segnare la distanza tra i fantastici quattro e i quattro soggetti che la compongono dovrebbe bastare un semplice colpo d’occhio. Gli sfavillanti colori dei fumetti d’oltreoceano poco hanno a che vedere con l’austerità e il grigiore della sala congressuale che ne ha ospitato la nascita. Un grigiore percepibile in primo luogo sotto il profilo delle idee: poche le proposte, scarsi i contenuti e gli slanci ideali. A partire dalla sommessa presentazione del simbolo, non un simbolo ma un "segno grafico", dagli sterili dibattiti sull’abbandono o meno della falce e martello dai vessilli di partito, sulla forma federativa o sulla nascita di un nuovo soggetto politico.

Per capire come la nascita della Sinistra l’Arcobaleno non abbia suscitato particolari entusiasmi era sufficiente guardare i volti dei militanti presenti in sala. Per comprenderne la lontananza dalle dirigenze di partito bastava prestare orecchio ai tiepidi applausi. Per rendersi conto dello scarso rilievo avuto dal congresso era sufficiente scorrere le pagine dei quotidiani dei giorni precedenti e successivi alla convention: il vuoto.

A portare scompiglio, a sconvolgere la routine dei riti congressuali e a rinnovarne i linguaggi la calata di circa quattrocento vicentini. Uno stancante viaggio in pullman, le bandiere srotolate, le pentole dissotterrate per della cosiddetta-sinistra-cosiddetta-radicale scortate dalla Cgil e dall’Arci avevano lanciato l’appello per una raccolta di firme che chiedesse la moratoria dei lavori al Dal Molin. Come se nell’ultimo anno nulla fosse accaduto. Come se quattro ministri fossero davvero impotenti rispetto alle scelte governative. Come se il parlamento fosse un antico retaggio del passato.

La replica del ministro degli esteri, in quei giorni in visita proprio negli Stati Uniti, non si era fatta attendere: "Il Dal Molin? Un caso chiuso". Dando adito a facili battute tra coloro che un tempo lo imploravano di dire cose di sinistra, o semplicemente di dire qualcosa, ed oggi auspicherebbero semplicemente un decoroso silenzio.

Ancor più grave la risposta del Presidente Napolitano che, anch’egli all’estero come spesso capita quando si tratta di esprimere un parere importante su Vicenza, aveva sentenziato: «il diritto di scrivere lettere è riconosciuto dalla Costituzione». Come se la questione riguardasse una cartolina inviata da un luogo di villeggiatura ad un lontano parente.

Il Presidente del Consiglio, a cui era indirizzata la missiva, non ha sentito il dovere di scomodarsi e rispondere. Dopodiché il silenzio. Mussi, Ferrero, Bianchi e Pecoraio Scanio a testa bassa hanno lasciato cadere nel vuoto le loro stesse parole.

Il Ministro dell’ambiente, del resto, era stato l’unico a raccogliere l’invito sollevato dalla scomoda presenza vicentina fra la platea congressuale ad esprimersi rispetto al Dal Molin. E dovrebbe far riflettere non poco come l’unica obiezione espressa fosse di carattere ambientale ed urbanistico, segno di un’arretratezza e di distacco tra la rappresentanza politica e i bisogni della cittadinanza. I partiti della sinistra con leggiadria e sfrontata leggerezza, quindi, da un lato propongono l’arcobaleno come "segno grafico" della coalizione, dall’altro cedono arrendevolmente all’idea di poter influenzare la politica estera voluta dal governo di cui essi stessi sono parte. Ed è proprio questo senso di amaro rifiuto ad incidere la realtà che li spinge ad essere la controfigura di loro stessi: impacciati nei panni di una sinistra di governo e spesso pronti a chinare il capo. I loro seppur mogi sbotti hanno saputo tradursi, in questi mesi, in semplici rinvii e in bocconi amari da mandar giù.

Proprio in questi giorni è attesa una fantomatica verifica di Governo. Sul piatto della trattativa anche la costruzione della base militare di Vicenza. C’è da augurarsi che la stessa solerzia con cui in queste settimane si sono spesi ad ostentare la raccolta firme in favore della moratoria venga usata nello sbattere i pugni sul tavolo. Sempre che ci sia qualcuno disposto a farlo e qualcuno ad ascoltarne il tonfo.

Giornale Dal Molin - Gennaio 2008 - Pagina 4



Giovedì, 17 gennaio 2008