Da Pasquino, la più celebre statua parlante di Roma, divenuta figura caratteristica della città fra il secolo XVI ed il
XIX, siamo transitati a Beppe Grillo. Non fu una iniziativa isolata, neanche quella di Pasquino, tant’è che nel ‘600 le
pasquinate, come genere letterario, incontrarono una certa fortuna anche lontano da Roma, soprattutto a Venezia, il cui
portavoce fu il «Gobbo di Rialto» e, in misura minore, a Firenze, con il «porcellino» della Loggia del Mercato Nuovo.
E’ rimasto lo spirito, sarcastico, pungente, ma tale da giungere al cuore del popolo; durante il fascismo, in occasione dei
preparativi per la visita di Hitler a Roma, Pasquino riemerse dal lunghissimo silenzio per notare la vuota pomposità degli
allestimenti scenografici, che avevano messo la città sottosopra per settimane:
«Povera Roma mia de travertino! Thanno vestita tutta de cartone, pè fatte rimirà da nimbianchino...».
E’ lo spirito, l’ironia mediterranea che caratterizza da sempre l’animo popolare, quando decide di contestare il potere;
uno spirito che manca ai francesi, tant’è che fecero la rivoluzione.
Il potere logora….. chi ce l’ha, oppure …..chi non ce l’ha….., a seconda delle definizioni di parte, ma la verità è che il
potere logora chi deve subirlo, specialmente quando è rappresentato da personaggi che si coprono solo di squallore.
Emerge l’ironia, come segnale che andrebbe recepito, anche perché non è ben chiaro cosa si nasconde “dopo” l’ironia.
Un comico, con intelligente ironia, si sostituisce ai politici per raccontare, a modo suo, la realtà che tutti viviamo,
facendoci anche ridere delle nostre disgrazie. E’ pur sempre meglio dei politici che fanno ridere, quando tentano di
nascondere quella stessa verità, improvvisando promesse, proiettando illusioni, vendendo apparenze, ma trascurando di
andare all’origine dei mali per curarli, anche con provvedimenti impopolari; si fornisce la panacea del panem et circenses
così come si fornisce l’antidolorifico per la frattura di una gamba, senza provvedere a ridurre la stessa frattura.
Quando gli slogan si sostituiscono al programmi, quando le promesse soverchiano tutte le ipotesi reali, ecco che spunta
l’ironia, come reazione ad una mancata serietà della politica.
“Due milioni di protestatari in Piazza S. Giovanni” (pari a 25 persone per metro quadrato !!!!); “il mio governo ha
prodotto l’allungamento della vita media degli italiani” (miracolistico) e poi… “Tenetemi.... sennò sparo” (i fucili di
Bossi) … e facezie del genere che suscitano solo un sorriso indignato e stimolano l’ironia.
Accade anche nel piccolo di una piccola provincia come Caltanissetta, dove in preparazione di un progetto politico che si
chiama Partito Democratico, ci ritroviamo a constatare le risibili affermazioni di chi vanta il monopolio di
rappresentatività di questo o quel candidato alla segreteria nazionale, quindi regionale, quindi provinciale e poi
comunale.
Il bene comune, il progetto innovativo, l’esigenza di creare una unità sostanziale, ben diversa da quella formale, tutto si
infrange nell’arida difesa del proprio orticello, della propria leadership, della propria autorità che nulla ha a che
vedere con l’autorevolezza.
Riderci sopra fa bene alla salute e fa superare istinti più negativi; questo, almeno, fino a quando basterà l’ironia.
Rosario Amico Roxas
Martedì, 11 settembre 2007
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