Cuffaro e dintorni
Santini, pizzini e schede

di Vincenzo Lombardo

Una costante nelle inchieste di mafia è rappresentata dal nesso, assolutamente non casuale, tra il perbenismo religioso, la pratica mafiosa, il potere politico.

Non c’è mafioso scovato nei nascondigli più reconditi che non sia circondato da madonne,che non delizi il suo spirito con la lettura di bibbie e vangeli; perfino il più sanguinario dei boss, Riina, e il capo dei capi,Provenzano, hanno fatto sfoggio di sacre scritture e santini nei covi dove sono stati scovati. Santini in mezzo ai pizzini e pizzini fra i santini. E’ un caso tale accostamento? Mi viene in mente l’ immagine di un noto capomafia locale, condannato all’ergastolo per l’omocidio Tandoy del 30 marzo 1960, persona del massimo rispetto, che, nelle processioni del Corpus Domini, reggeva il baldacchino sotto il quale dovrebbe trovarsi il Cristo trasfigurato. Quella persona è stata per un certo tempo anche segreario della Democrazia Cristiana. Coincidenza?

Piano piano, osservando i comportamenti degli uomini di potere più significativi di questa terra di Sicilia, mi sono andato convincendo che i mafiosi veri, i pezzi da 90, quelli che non sparano cartucce, ma lanciano polpette avvelenate nel seno della società con l’uso spregiudicato e sostanzialmente illegale del potere; quelli in doppio petto, parte della borghesia bene che fa da supporto al potere para-legale del politico di turno, la cosi detta zona grigia: tutti costoro raramente sono reprensibili sul piano della moralità e della onorabilità esteriori, tanto più che spesso si avvalgono della copertura fornita loro dall’appartenenza a qualche congrega parrocchiale ed ostentano tale appartenenza per guadagnarsi i galloni del perbenismo inappuntabile agli occhi della gerarchia ecclesiastica e della credulità popolare. Questo intreccio tra gerarchia ecclesiale e personale politico garantisce alla prima vantaggi materiali, esenzioni fiscali, privilegi, e al secondo consente da un canto di acquisire consenso elettorale e dall’altro di muoversi con senso di sicurezza ed impunità nei meandri del lecito e dell’illecito.

Questo connubio tutto cattolico religione- potere e religione-mafia ha nulla a che vdere con i principi del cristianesimo così come essi stati inculcati a noi nella nostra formazione religiosa adolescenziale? Dov’è l’attenzione di carità autentica per gli ultimi? Non sarà certo qualche piatto di minestra a lavare la coscienza sporca di intrallazzi col potere. Si ha quasi l’impressione che il potere religioso gozzovigli col potere politico e le briciole che cadono vanno a finire nelle bocche degli affamati.

Che senso ha suonare le campane di una chiesa qui, a Raffadali, terra natia dei Cuffaro, perchè il più rappresentativo uomo politico della Sicilia, niente meno il presidente, viene condannato per fatti di mafia? Ha scarsa importanza disquisire qua se l’imputato abbia fatto favori alla mafia in quanto associazione o se invece i suoi favori siano stati ad personam. Il fatto è che il massimo rappresentante delle istituzioni non deve essere neanche sfiorato dal sospetto che egli abbia potuto tradire non solo i vivi ma perfino i caduti della lotta alla mafia.

Un sussulto di senso civico ed un atto di amore per la gente onesta di questa martoriata Sicilia dovrebbero spingere il presidente a dimettersi. O egli aspetta che anche la gente perbene, ancora rimasta in terra sicula, chieda asilo politico a qualche stato estero per non sopportare la vergogna della monnezza morale che sta inondando la Sicilia?

E quando potremo sapere che il vescovo di Agrigento prende le distanze da un piccolo prete di periferia che si fa coinvolgere in beghe di potere paesano che ricordano tanto il triste connubio tra potere temporale e potere religioso di medievale memoria? Forse non è un caso che la chiesa, alla stregua della politica, abbia perso credibilità negli ultimi tempi.

Vincenzo Lombardo
raffadali



Marted́, 22 gennaio 2008