Ricordando il 12 novembre 2003

di Rosario Amico Roxas

Questa è una data che nessuno dovrebbe mai utilizzare per gestire la propria verità, perchè anche questa è una storia di vinti, sconfitti dalla sconsideratezza da chi li ha mandati a servire una causa che non ci riguardava.
Il sacrificio dei nostri militari a Nassirija deve pesare sulle coscienze come un macigno, perché si è trattato dell’ effetto devastante di una causa che non ci riguardava.
Si vuole da più parti assimilare il nostro 12 novembre con l’11 settembre degli USA; non esiste ipotesi di ’gemellaggio’ fra le due date, c’è piuttosto una tragica relazione di causa-effetto.
Dall’ attentato alle Due Torri alla strage dei nostri militari, carabinieri e soldati, inviati in Iraq in missione di Pace, c’è una continuità di causa-effetto; i nostri militari erano partiti per una missione di Pace, ma furono aggregati al comando angloamericano che continuava le azioni belliche di bombardamento, di uccisioni indiscriminate, e anche di torture nei confronti dei prigionieri. Mandati allo sbaraglio, senza nessuna copertura diplomatica che ne garantisse la funzione pacifica. Era importante compiacere il presidente americano, che continua a sostenere che la guerra in Iraq non è stata una decisione unilaterale angloamericana, ma voluta da una coalizione nella quale include anche l’Italia, la Spagna e la Polonia, senza che nessuno si fosse prenda la briga di sbuguiardare queste false affermazioni. L’Italia entrò, così, nel novero delle nazioni belligeranti contro un paese arabo, e con l’Italia i militari italiani di Nassirija, partiti come pacificatori e trasformati in complici dei massacri angloamericani, delle torture e della occupazione di una nazione e dei suoi pozzi di petrolio. Ultimo esempio di questa disgraziata condizione nella quale si ritrova l’intera Italia ci è stato fornito dall’uccisione del giovane cuoco napoletano Antonio Amato in Arabia Saudita; ucciso perché italiano; segno evidente che la nostra nazione è entrata nel circuito dell’odio che le guerre preventive, le stragi mirate, i bombardamenti anche a feste di matrimonio, hanno provocato.
Quella in Iraq doveva essere una guerra mirata a disarmare il despota di Baghdad; venne paventa l’esistenza di armi di distruzione di massa, ma non è stato trovato nulla. C’è voluto il suicidio di uno scienziato inglese che minacciava di rivelare la verità circa le menzogne sull’ esistenza di tali armi, per fare ammettere (a denti stretti), al Governo Bush, che le tanto decantate prove che gli USA sostenevano di avere, erano delle menzogne, montate ad arte per giustificare una aggressione finalizzata al controllo delle riserve petrolifere.
Il 12 novembre 2003 è il tragico, ma consequenziale, epilogo della politica internazionale occidentale che confida troppo sul potere della forza. Una missione di Pace, all’interno di uno stato di conflittualità aperta, ma non dichiarata, che ha determinato l’identificazione dei nostri soldati con quelli della forza di occupazione angloamericana. Sempre unilateralmente Bush e il suo alleato del Regno Unito che avevano deciso la guerra, nel mese di maggio 2003 decisero che la guerra era finita, annunciando, con tono trionfalistico ’missione compiuta’, in quella teatrale dichiarazione sulla portaerei, dove Bush giunse vestito da pilota dell’aeronautica, indumento che non era più una divisa, bensì un farsesco costume; proprio lo stesso Bush che, pur dichiarandosi ’un Presidente di guerra’, di guerre non ne ha fatto nessuna e quando era arrivato il suo turno preferì imboscarsi nella campagna elettorale di un senatore compiacente.
Come forze combattenti sono rimasti in Iraq e identificati come forze di occupazione, senza minimamente preoccuparsi di ingraziarsi la popolazione, sempre con la solita logica secondo la quale le popolazioni si dominano con la paura.
Hanno continuato e continuano a bombardare Baghdad e l’intero Iraq.
Hanno mantenuto e mantengono una forza di occupazione di 180.000 uomini, che combattono, uccidendo e morendo; così come accade in ogni guerra combattuta.
Non programmano nemmeno i tempi per la restituzione dell’Iraq agli iracheni, anzi chiamano in soccorso quelle nazioni che non hanno saputo, o voluto, dichiararsi contrari all’intervento armato, coinvolgendole in attività che dovrebbero essere identificate come umanitarie, mentre loro continuano l’opera distruttiva e disgregatrice della guerra; facendo identificare, agli occhi degli iracheni occupati, i nuovi intervenuti con intenti pacificatori, come complici di una invasione violenta, che ha nel petrolio da sottrarre ai legittimi proprietari la sola ragion d’essere.
Gli angloamericani sono bravissimi a vincere le guerre non combattute, le guerre tecnologiche, lo sono molto meno nel gestire la Pace, e non lo sono affatto quando si tratta di passare alla guerra combattuta.
Questa atmosfera ha generato il famigerato 12 novembre 2003, perché i nostri militari quel giorno non dovevano essere in Iraq dove vige un’atmosfera di occupazione militare angloamericana e dove continua, senza soluzione di continuità, l’attività bellica con bombardamenti che continuano a falcidiare l’inerme popolazione civile.
Chiamati a gestire la ricostruzione dell’indispensabile, mentre venivano ancora effettuate altre distruzioni. Con tutta la brutalità che distingue ogni forma di terrorismo, la nostra missione di pace è stata colpita perché lo stato di continua belligeranza che gli alleati angloamericani impongono in ogni parte del mondo, ci aveva trasformato da alleati in complici, vanificando ogni sforzo di utilizzare la persuasione diplomatica, l’attività politica o lungimiranti manovre di solidarietà anche economiche, non limitate alle forme di assistenza, ma capaci di rimettere in funzione un sistema socioeconomico demolito da quella stessa guerra
I genitori, le mogli, i figli di questi nostri caduti in guerra per la Pace, intorno ai quali si è stretta tutta la nazione, rispolverando il tricolore usato l’ultima volta per inneggiare alla nazionale di calcio, soppiantata per un giorno dalla nazionale del dolore, cosa diranno dei loro cari ? Il copione che il sistema ha scritto per loro, prevede che dicano: ’Sono morti mentre cercavano di portare la Pace !’.
Quando saranno trascorsi questi momenti di luttuosa partecipazione, e saranno lasciati soli con il loro dolore e i loro problemi, si renderanno conto che le cose stanno diversamente e si convinceranno, anche perché saranno abbandonati al loro destino, che i loro cari: ’Sono stati uccisi in una guerra che non ci riguardava, al servizio di un governo che nopn seppe tutelarli !’



Sabato, 17 novembre 2007