Riflessione
Il principe senza legge

di Stefano Rodotà

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 3 luglio 2008 col titolo "Il principe senza legge".

Stefano Rodota’ e’ nato a Cosenza nel 1933, giurista, docente all’Universita’ degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e seminari nelle Universita’ di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo, Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta’ del Messico, ed e’ Visiting fellow, presso l’All Souls College dell’Universita’ di Oxford e Professor alla Stanford School of Law, California), direttore dele riviste "Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati internazionali sulla bioetica e la societa’ dell’informazione, dal 1997 al 2005 e’ stato presidente dell’Autorita’ garante per la protezione dei dati personali. Tra le opere di Stefano Rodota’: Il problema della responsabilita’ civile, Giuffre’, Milano 1964; Il diritto privato nella societa’ moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo sociale delle attivita’ private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile diritto. Studi sulla proprieta’ privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994; Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997; Liberta’ e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e liberta’, Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano 2006]



E’ un’amara estate per chi contempla il panorama costituzionale, sconvolto da iniziative, mosse, parole che ne stanno alterando la fisionomia. La riforma del sistema politico, con il risultato delle elezioni, e’ stata compiuta senza atti formali, senza bisogno di cambiamenti della legge elettorale. E mentre si discute di un dialogo bipartisan come condizione indispensabile della riforma costituzionale, questa viene implacabilmente realizzata da un quotidiano e unilaterale esercizio del potere.

La forza delle cose si impone, gli equilibri democratici vacillano. Stanno cambiando gli assetti al vertice dello Stato, con una lotta tra poteri costituzionali che non ha precedenti nella storia della Repubblica. Vengono travolti principi fondativi come quelli dell’eguaglianza e della solidarieta’. Cambia cosi’ l’assetto della societa’, non piu’ fatta di liberi ed eguali, rispettati nella loro autonomia e nella loro dignita’, ma di nuovo ordinata gerarchicamente, con gli ultimi, con i dannati della terra posti in fondo alla scala sociale - immigrati, rom, poveri.

Non e’ un fulmine a ciel sereno. Da anni, molte forze lavoravano per questo risultato, molti apprendisti stregoni davano il loro contributo. Si pubblicavano libelli contro la solidarieta’; si ridimensionava, fin quasi ad azzerarla, la portata del principio di eguaglianza; si accettava senza batter ciglio che la Costituzione fosse definita "ferrovecchio" o "minestra riscaldata"; la difesa dei principi si faceva sempre piu’ tiepida; si diffondeva in ambienti altrimenti insospettabili la convinzione che la logica del mercato imponesse la riscrittura dell’articolo 41 della Costituzione, apparendo evidentemente eccessivo che la liberta’ dell’iniziativa economica avesse un limite invalicabile addirittura nel rispetto della sicurezza (e le morti sul lavoro?), della liberta’, della dignita’ umana; si accettava che le commissioni bicamerali mettessero allegramente le mani sulla delicatissima materia della giustizia. Gli anticorpi democratici si indebolivano e i difensori della logica complessiva della Costituzione venivano definiti "nobilmente conservatori", con una formula apparentemente rispettosa, ma in realta’ liquidatoria. E’ una storia che comincia ai tempi della "Grande riforma" craxiana, e che oggi sembra giungere a compimento.

E’ come se si fosse aperta una voragine nella quale precipitano masse di detriti accumulate negli anni. Tutta la Costituzione e’ sotto scacco, a cominciare proprio dalla sua prima parte, quella dei principi e dei diritti, che pure, a parole, si dichiara intoccabile. Tutto e’ rimesso in discussione. La dignita’ sociale e l’eguaglianza tra le persone, a cominciare da ogni forma di discriminazione fondata sulla razza e sulla condizione personale. La liberta’ d’informazione, considerata non solo sul versante dei giornalisti, ma in primo luogo dalla parte dei cittadini, titolari del fondamentale diritto di controllare in modo capillare e diffuso tutti i detentori di poteri: "la luce del sole e’ il miglior disinfettante", diceva un grande giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Louis Brandeis, riferendosi non solo alla corruzione, ma a tutti gli usi distorti del potere pubblico e privato. La liberta’ personale e quella di circolazione, sulle quali incidono fortemente le diverse tecniche di sorveglianza. La liberta’ di comunicazione, colpita non solo e non tanto dalle intercettazioni, per la cui diffusione lo scandalo e’ massimo, ma dalla implacabile, continua raccolta e conservazione per anni dei dati riguardanti telefonate, sms, accessi a internet, che davvero configurano una societa’ del controllo e di cui nessuno sembra preoccuparsi.

Puo’ una democrazia sopravvivere bordeggiando sempre piu’ ai margini estremi della legalita’ costituzionale, sempre alla ricerca di qualche aggiustamento che non la maltratti troppo, e cosi’ perdendo progressivamente il senso stesso di quella legalita’ che dovrebbe da tutti essere vissuta come limite invalicabile? Chi si prende cura di questa democrazia che, di giorno in giorno, si presenta con i tratti delle sue pericolose degenerazioni, che la fanno definire come autoritaria o plebiscitaria, che conosce quegli intrecci perversi tra politica e uso delle tecnologie della comunicazione che sono la versione piu’ aggiornata del populismo?

Se facciamo un piccolo, e confortante, esercizio di memoria e riandiamo a due anni fa, al giugno del 2006, ci imbattiamo nel referendum con il quale i cittadini italiani respinsero una riforma costituzionale che andava proprio in quella direzione. Rilegittimata dal voto popolare, la Costituzione del 1948 sembrava avviata al piu’ ragionevole destino di una sua buona "manutenzione". Ma, da allora, sembra passato un secolo. La Costituzione e’ stata messa in un angolo, le file dei suoi difensori si assottigliano e sono in difficolta’. La legalita’, costituzionale e ordinaria, non e’ piu’ un valore in se’. Viene ormai presentata come una variabile dipendente dal voto. Le elezioni non sono piu’ un esercizio di democrazia. Diventano un lavacro, l’unto dal voto popolare deve essere considerato intoccabile. Torna tra noi il principe sciolto dall’osservanza delle leggi, e quindi legittimato a liberarsi di quelle che contraddicono questa sua ritrovata natura. E’ qui il vero senso del cambiamento: non nel fastidio per questo o quel tipo di controllo, ma nel radicale rifiuto di correre i rischi della democrazia.

Delle telefonate del Presidente del consiglio mi inquietano molte cose, ma soprattutto il fatto di essersi posto al centro di un sistema di feudalita’ dal quale nasce, quasi come una conseguenza inevitabile, la pretesa dell’immunita’. Un corteo lo accompagna nel tradurre in fatti questa sua pretesa. Scompare il governo, integralmente sostituito dagli scatti d’umore del suo Presidente, che ne muta le deliberazioni a suo piacimento, che lo vede come puro luogo di registrazione. La tanto pubblicizzata approvazione in soli 9 minuti dell’intera manovra economico-finanziaria del prossimo triennio e’ stata presentata come un miracolo di efficienza, mentre era la prova della scomparsa della collegialita’ della decisione, della discussione come sale della democrazia: non un segno di vitalita’, ma di morte, come i 21 grammi che si perdono appunto nel morire, raccontati nel film di Alejandro Gonzalez Inarritu. Il Parlamento ha clamorosamente rinunciato ad esercitare la sua funzione di controllo e di filtro, sembra ignorare il fatto che il procedimento legislativo non e’ cosa di cui il Presidente del consiglio possa disporre secondo la sua volonta’.

I controlli scompaiono. Vecchia aspirazione d’ogni potere. La magistratura non deve essere liberata dai suoi problemi, responsabilizzata nel modo giusto. Deve essere presentata come il vero demone che attenta alla democrazia, aggressiva e inefficiente, quasi che i suoi molti limiti non dipendessero da una lunghissima disattenzione del potere politico che l’ha fatta marcire nelle sue obiettive difficolta’, che ha progressivamente azzerato la propria responsabilita’ appunto politica e ha preteso di sciogliersi dal controllo di legalita’ in quanto tale. Gli anni di Mani pulite sono rappresentati come un golpe, azzerando la memoria degli abissi di illegalita’ che furono disvelati. E la totale normalizzazione della magistratura diventa la via attraverso la quale passa, con la minacciata disciplina autoritaria della diffusione delle intercettazioni, anche la normalizzazione del sistema della comunicazione. Poco e male informati, i cittadini sono pronti ad essere usati come docile "carne da sondaggio", per applaudire le decisioni del principe secondo la piu’ classica delle tecniche plebiscitarie.

A custodire Costituzione e legalita’ rimangono il presidente della Repubblica e la Corte costituzionale. Ma questo non e’ un residuo segno di buona salute, e’ anch’esso il sintomo d’una patologia. La democrazia non puo’ ritirarsi dal sistema in generale, rifugiandosi in alcuni luoghi soltanto. Ma da qui si puo’ e si deve comunque ripartire, soprattutto se la voce dei cittadini e dell’opposizione riuscira’ a trovare i toni forti e giusti di cui abbiamo bisogno.

Tratto da
Notizie minime de
La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Arretrati in:
http://lists.peacelink.it/

Numero 507 del 5 luglio 2008



Sabato, 05 luglio 2008